Merope (Alfieri): differenze tra le versioni
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Giunge Merope, che sente un involontario interesse verso lo straniero, pur non sapendo che si tratta di suo figlio. In risposta alle sue domande, il giovane risponde di sospettare che la vittima provenisse da Elide, e Merope teme che l'ucciso sia proprio Egisto. Polifonte li lascia soli, permettendo a Merope di essere lei a decidere il destino di Egisto.
Egisto racconta del proprio passato, e Merope comincia a pensare che potrebbe essere il proprio figlio, ma è ancora più forte il sospetto che egli non sia Egisto ma l'uccisore di Egisto. Merope è combattuta tra questi sentimenti.
=== Atto III ===
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=== Atto IV ===
Polidoro, quando vede il prigioniero, si rende conto che egli è in realtà Egisto, gli dice del pericolo in cui si trova e lo informa di essere il figlio di Merope, e non il proprio figlio come gli aveva sempre fatto credere. Entrano Polifonte e Merope, ed egli le dice che ora potrà uccidere con le proprie mani l'assassino del proprio figlio. Merope rimprovera Egisto per il presunto crimine, pur continuando a sentire per lui una forte attrazione. Ma Egisto annuncia di essere il proprietario della cinta, persa accidentalmente. Merope non gli crede, e in un momento di cieca furia si appresta ad ucciderlo, ma interviene Polidoro e conferma che il giovane è effettivamente il figlio di Merope.
Egisto dice alla popolazione che si è riunita che egli è Cresfonte e perciò il loro legittimo monarca, ma nessuno sembra voler agire per lui. Polifonte sostiene che si tratta di un impostore e dichiara che lo ucciderà egli stesso, a meno che Merope non accetti di sposare lo stesso Polifonte. Polidoro, quando il tiranno si è allontanato, consiglia a Merope di fingere di cedere alle sue richieste e avverte Egisto di fare attenzione a non irritare Polifonte: spera così di guadagnare tempo e ottenere l'aiuto dei Messeni.
=== Atto V ===
I crescenti mormorii della popolazione preoccupano Polifonte. Egli non ama Merope e la vuole sposare solo per il suo vantaggio negli affari di stato; pensa che più avanti la saprà eliminare.
Appaiono i sacerdoti con la vittima per celebrare i riti nuziali, e tutti i personaggi si incontrano sulla scena. Polifonte si rivolge alla folla vantando la propria generosità, e dice che, se Merope lo sposerà, egli è disposto a scegliere Egisto come proprio erede. Merope esita e gli resiste, ma Polifonte ne afferra la mano come segnale per il completamento del rito. Egisto, disarmato in quanto prigioniero, afferra l'ascia sacrificale dalle mani del sacerdote e colpisce ripetutamente Polifonte. Le guardie del tiranno vengono sopraffatte dal popolo che, dopo gli appelli di Merope, Polidoro ed Egisto, riconosce quest'ultimo come legittimo re.
{{
''Egisto'': D’esserlo giuro. Ma, s’io pur nol fossi,<br />ch’io pur svenato, come costui, cada.
''Polidoro'': Deh! che non muoio in questo dì! più lieto<br />mai non morrei.
''Merope'': Vieni al mio seno, o figlio...<br />ma oimè!... mi sento... dalla troppa... gioia...<br />mancare...
''Egisto'': Oh madre!... Ella or vien meno quasi,<br />per gli eccessivi affetti. Andiam; si tragga<br />a più tranquilla stanza. — In breve io riedo,<br />Messeni, a darvi di me conto intero. —<br />Tu, mio buon padre, sieguimi: deh! m’abbi<br />per figlio ognor, più che per re; ten prego.}}
==Bibliografia==
* Vittorio Alfieri, ''Tragedie'', Sansoni 1985.
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