Matra Djet: differenze tra le versioni

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|altre_versioni=
|progetto=René Bonnet
|design=Jacques Hubert<br />Philippe Guedon
|assemblaggio=[[Romorantin-Lanthenay]]
|altre_antenate=
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== Storia e profilo ==
=== Genesi del modello ===
Nel [[1961]], i signori René Bonnet e Charles Deutch, titolari della [[DB (automobili)|DB]], piccola fabbrica di automobili sportive motorizzate dalla [[Panhard]], ruppero il loro sodalizio, poiché il primo ebbe raggiunto un accordo commerciale con la [[Renault]] per la realizzazione di una nuova piccola sportiva. Charles Deutch prese molto male l'accaduto e si giunse quindi alla brusca rottura del rapporto professionale tra i due. Fu così che René Bonnet si mise in proprio per lavorare alla realizzazione della nuova vettura sportiva, che nelle intenzioni del vulcanico pilota e costruttore doveva essere una berlinetta a due posti secchi realizzata in maniera artigianale e caratterizzata dalla soluzione del motore sistemato centralmente, alle spalle del pilota. Fu pretanto fondata la ''Automobiles René Bonnet''. In quel periodo, Bonnet conobbe Marcel Chassagny, presidente e fondatore della Matra, un'azienda fino a quel momento impegnata nel settore degli armamenti e dell'aeronautica, ma che stava affacciandosi in quel periodo su altri settori industriali, tra cui proprio quello dell'automobile (nei decenni seguenti si sarebbe espansa anche nel campo aerospaziale e delle telecomunicazioni). Chassagny vide in Bonnet un potenziale partner con cui stringere accordi per una partecipazione finalizzata alla costruzione di autovetture. All'inizio degli [[anni 1960|anni '60]] del secolo scorso, la Matra aveva già cominciato ad interessarsi anche alla lavorazione della [[vetroresina]], soprattutto grazie all'acquisizione della ''Générale Application Plastique'' (GAP), un'azienda francese specializzata in tali lavorazioni, e pertanto Bonnet, al corrente di ciò, commissionò alla Matra la realizzazione della carrozzeria per la nuova vettura. La Matra, dal canto suo, fiutando nuove prospettive commerciali, fornì a Bonnet anche lo stabilimento di [[Romorantin]] per l'assemblaggio delle vetture.<br />
La Renault entrò in gioco al momento di fornire gli organi meccanici della vettura stessa: il [[motore a scoppio|motore]] era lo stesso dell'allora neonata [[Renault 8]], mentre il [[cambio (meccanica)|cambio]] fu preso pari pari da quello del [[furgone]] [[Renault Estafette|Estafette]]. Il risultato fu la Djet, una vettura presentata alla stampa l'[[11 luglio]] 1962 e al pubblico nell'ottobre del 1962 al [[Salone di Parigi]]. Fu lo stesso anno in cui fu introdotta anche una delle sue più strette rivali, la [[Alpine A110]].<br />
Già nell'estate del 1962, subito dopo la presentazione alla stampa, per la ''Djet'' cominciò già l'attività sportiva.
La ''Djet'' inizialmente doveva chiamarsi ''Jet'', proprio come i noti velivoli, ma si ritenne che i francesi avrebbero avuto difficoltà a pronunciarlo correttamente e quindi utilizzò la lettera D come espediente per una pronuncia corretta. La vettura suscitò consensi per la sua linea molto sportiva, armoniosa ed equilibrata, nonché per l'originale disposizione meccanica.
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Alla fine dell'estate [[1963]], la gamma si espanse con l'arrivo della '''Djet II''', caratterizzata da un motore da 996 <sup>3</sup> elaborato da Gordini e capace di sviluppare fino a 82 CV di potenza massima. Poco dopo arrivarono anche le ''Djet III'' e ''IV'', equipaggiate da un motore da un litro ed utilizzate solo in campo agonistico. Mentre la ''Djet III'' montava lo stesso motore della ''Djet II'', come anche la ''Djet IV'', che però è esistita anche equipaggiata con una variante [[DOHC|bialbero in testa]] del motore della ''Djet I''. In ogni caso, la produzione di ''Djet III'' e ''Djet IV'' fu limitata a pochi esemplari, tutti impiegati nel mondo delle competizioni. La ''Djet'' fu infatti subito introdotta nelle gare su pista, dove riportò anche alcuni successi. Ma ben presto la piccola Casa francese cominciò ad avere dei problemi finanziari a causa delle scarse vendite della ''Djet'' e si trovò ben presto nei guai.
[[File:Matra Djet V.S.jpg|thumb|left|Una Djet V S]]
Fu così che nel [[1964]] la Matra rilevò la piccola azienda francese di René Bonnet e la ''Djet'' fu riproposta con il marchio Matra-Bonnet, ed in due versioni: la ''Djet V'' e la ''Djet V S'', quest'ultima elaborata sempre da Gordini. Il motore era ancora una volta l'unità da 1.1 litri derivata dalla ''R8'': nella ''Djet V'' la potenza era rimasta a 70 CV, mentre nella ''Djet V S'', dotata di testata emisferica, si poteva disporre di 94 CV. Furono effettuate anche alcune modifiche alla carrozzeria per mano del giovane designer Philippe Guédon: rispetto alla vettura originale, la ''Djet'' con marchio Matra subì anche degli aggiornamenti nell'estetica: la coda fu infatti sensibilmente più lunga per via dell'allungamento dello sbalzo posteriore, una soluzione che aveva lo scopo di aumentare la capacità del piccolo vano bagagli sistemato dietro al motore. Così modificata, la vettura fu più lunga, passando da 3.8 a 4.22 [[metro|m]] di lunghezza. Anche la larghezza subì un leggero incremento grazie all'allargamento dei passaruota e della carreggiate. Solo il passo rimase invariato a 2.4 metri. Le modifiche alla carrozzeria consentirono di migliorare l'aerodinamica, già curata fin dall'inizio, e raggiungere un valore di Cx pari a 0,25.<br />
Al Salone di [[Parigi]] del [[1965]], la Djet perse la numerazione romana delle sue versioni e il nome Bonnet, divenendo '''Matra Sports Djet 5'''. L'anno seguente, inoltre, perse anche la D iniziale, divenendo '''Jet 5''', come nelle iniziali intenzioni di Bonnet. Lo stesso anno fu introdotta anche la '''Jet 6''', con motore da 1255 cm<sup>3</sup> rivisto ancora una volta da Gordini e con potenza di 105 CV. La ''Djet'' fu tolta di produzione nel 1968, dopo essere stata prodotta complessivamente in 1.691 esemplari, di cui 198 con il marchio René Bonnet: in questa cifra sono inclusi cinque esemplari destinati alle competizioni, tra cui tre della cosiddetta ''Aerodjet''. A questi 198 esemplari vanno aggiunti 16 esemplari di ''Djet III'' e ''Djet IV'', anch'essi destinati ad un impiego sportivo.
 
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| Modello
| Motore
| Cilindrata<br />cm<sup>3</sup>
| [[Potenza (fisica)|Potenza]]<br />CV/rpm
| [[Coppia motrice|Coppia]]<br />[[Newton per metro|Nm]]/rpm
| Massa a vuoto<br />(kg)
| Velocità<br />max
| Commercia-<br />lizzazione
| Prezzo al<br />debutto<br />(in [[franco francese|FF]])
| Esemplari<br />prodotti<sup>1</sup>
|-
|'''Djet I'''<br />(C.B.R 1)||rowspan="2"|[[Motore Cléon-Fonte#Type 688 (o C1E): 1108 cc|C1E]]||rowspan="2"|1108||70/6000||rowspan="3"|84/4800||rowspan="5"|610||170||1962-64||18.000||rowspan="2"|159
|-
|'''Djet I'''<br />(C.B.R 2)||80/6500||175||1962-64||25.000
|-
|'''Djet II'''||rowspan="3"|Renault||996||85/6500||180||1963-64||21.000||34
|-
|'''Djet III'''<sup>2</sup>||rowspan="2"|996-1108||rowspan="2"|80-100/<br />6500||rowspan="2"| - ||rowspan="2"|175-200||rowspan="2"|1963-64||25.000||rowspan="2"|16<sup>1</sup>
|-
|'''Djet IV'''<sup>2</sup>||30.000
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|'''Jet 6'''||[[Motore Cléon-Fonte#Type 812: 1255 cc|Type 812]]||1255||105/6800||98/4000||740||200||1966-68||23.800||222
|-
|style="text-align:left; font-size:95%;" colspan="11"|'''Note:'''<br /><sup>1</sup>Secondo le fonti, la produzione totale non comprende gli esemplari di ''Djet III'' e ''Djet IV'', che però risultano essere 16 poiché risultano inclusi nei 214 esemplari prodotti fino al 1964<ref>[http://www.matrasport.dk/Cars/DJet/facts.html Tabella dati da www.matrasport.dk: vedi numeri di telaio nella colonna di destra]</ref> e perché secondo la maggior parte delle fonti, escludendo questi due modelli, la produzione ammonterebbe a 198 esemplari<ref>''Matra Djet - Serie "Auto Collection" N. 42'', pag. 14, SPAL</ref><br /><sup>2</sup>Modelli destinati alle competizioni<br /><sup>3</sup>Dal 1965 la denominazione cambia da ''Djet V'' a ''Djet 5'', mentre dal 1966 cambia nuovamente perdendo la ''D'' iniziale e divenendo quindi ''Jet 5''. Ciò vale anche per la ''Djet V S''
|}
 
=== Attività sportiva ===
[[File:1963-05-19 René Bonnet Djet von Vinatier-Laureau, Hatzenbach.jpg|thumb|right|Una Aerodjet in azione alla 1000 km del Nürburgring del 1963]]
La ''Djet'' conobbe un'intensa carriera sportiva: il debutto avvenne il [[15 luglio]] 1962, ossia quattro giorni dopo la presentazione alla stampa. La ''Djet'' fece il suo esordio al ''Trofeo di Auvergne'' dove riscosse per la verità risultati poco lusinghieri (le tre ''Djet'' che giunsero al traguardo si classificarono rispettivamente al 12°, 16° e 18° posto), ma lo staff di René Bonnet fu comunque ottimista e si mise subito al lavoro per le necessarie migliorie al motore e al telaio. E infatti la settimana seguente, al ''Rallye de l'Armagnac'', una ''Djet'' si classificò al primo posto nella categoria Sport. Dopo un'altra prova opaca a Mont Doré, la ''Djet'' si aggiudicò una tripletta di vittorie a Chamrousse, alla ''Côte d'Urcy'' e a [[Montlhéry]]. Artefice di tale impresa fu il pilota francese Gérard Laureau.
 
Il [[20 ottobre|20]] e il [[21 ottobre]], ancora a Montlhéry, gli esiti furono diametralmente opposti, anzi, tragici: il pilota Paul Armagnac, in seguito ad un incidente, morirà il [[22 ottobre]]. Le altre ''Djet'' schierate dovranno fermarsi per guasti. Il posto di Armagnac verrà preso da Jean-Pierre Beltoise, che si metterà in evidenza nel febbraio 1963 al ''Rallye des routes du nord'', pur essendo costretto all'abbandono per un guasto. Il [[5 maggio]] dello stesso anno, alla 47<sup>a</sup> edizione della Targa Florio, la ''Djet'' dell'equipaggio Bobrowski-Bigrat conquistò la vittoria nella categoria Prototipi. Un esito meno felice fu quello relativo alla [[1000 km del Nürburgring]], dove non vi furono risultati degni di nota. Il [[9 giugno]] alla ''Côte de la Lure'' Claude Bobrowski conquistò la vittoria nella categoria Prototipi e soprattutto nella classifica generale. Una settimana dopo, alla [[24 Ore di Le Mans]] si ebbe finalmente l'acuto di Beltoise che si classificò primo nella sua classe. Il [[7 luglio]], la vettura pilotata da Bobrowski terminò al terzo posto nella ''Côte du Mont Ventoux''. Il [[18 agosto]] si tenne una gara commemorativa per ricordare il pilota Paul Armagnac deceduto l'anno prima. La ''Djet'' pilotata da Bruno Basini conquistò la vittoria. Un mese dopo, al ''Tour de France Auto'' l'equipaggio Missile-Venturelli giunse al secondo posto con una vettura che, per ironia della sorte, portava proprio il nome di ''Missile''. Si trattava di una piccola biposto spider progettata e realizzata da René Bonnet, e spesso trattata dalle fonti congiuntamente alla ''Djet''. Ma strutturalmente era totalmente differente, in quanto sfruttava la base meccanica della [[Renault 4]] e quindi era caratterizzata dal motore anteriore, dalla [[trazione anteriore]] e dalle sospensioni a [[barra di torsione|barre di torsione]]<ref>[http://missile.over-blog.com/pages/MISSILE_II_1964_Rene_Bonnet_-4699574.html Notizie sulla Missile]</ref>. Il motore era in genere il [[motore Ventoux|Ventoux]] da 845 cm<sup>3</sup> utilizzato in precedenza anche sulla [[Renault Dauphine|Dauphine]] e sulla [[Renault Floride|Floride]]. Tale modello era già stato utilizzato anche in precedenza in altre gare, ma con poco successo. Nello stesso periodo, a Montlhéry, la vettura condotta da Bagrit terminò al 5° posto.
[[File:Matra Aérodjet no 48 at Le Mans.jpg|thumb|left|Questa foto ritrae l'unica Aerodjet oggi esistente: nel 1964 corse a Le Mans, purtroppo senza successo]]
Nel febbraio 1964, Beltoise terminò al terzo posto in occasione del ''Circuit d'Albi'', mentre Basini trionfò nella categoria Sport Prototipi. Il [[26 aprile]], ancora a Montlhéry, la ''Djet'' di Beltoise conquistò la vittoria nella categoria da 1001 a 1150 cm<sup>3</sup>. Tra il [[29 febbraio]] ed il [[1º marzo]] 1964, in occasione del ''3° Rallye National du Maine'', la ''Djet'' dell'equipaggio Farjon-Lamonerie giunse al secondo posto. Dopo alcuni risultati deludenti ottenuti alle nuove edizioni della ''Targa Florio'' e della ''1000 km del Nürburgring'', si arrivò al terzo posto ottenuto al ''Rallye de la Baule''. Due settimane dopo, a Le Mans, furono schierate cinque ''Djet'' di cui quattro aerodinamiche. Anche in questo caso non si ebbero risultati di rilievo, tuttavia, a titolo di curiosità, va ricordato che l'unica ''Aerodjet'' oggi esistente fu una di quelle quattro. Il [[20 settembre]] si tornò a Montlhéry per la ''Coupe de Paris'', dove l ''Djet'' di Bouharde giunse al secondo posto nella categoria fino a 2.5 litri.
Dal 1965 in poi le gare si fecero più sporadiche: vale la pena citare due eventi del 1967. Al ''Critérium des Cévennes'', Henri Pescarolo trionfò nella Classe 1300, mentre al ''Rallye de l'Ouest'' fu un equipaggio tutto femminile a mettersi in evidenza e ad ottenere anche un premio. Vi furono inoltre anche degli eventi di marca, come il Matra-Sports Challenge del 1966, che vide la vittoria di Pierre Landereau.
 
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== Voci correlate ==
 
* [[Matra]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|commons=Category:Matra (D)Jet}}
 
== Collegamenti esterni ==
* [http://www.rbms.fr/ Club francese René Bonnet e Matra Sports]
* [http://www.chez.com/matrajet/ Sito francese dedicato alla Djet]
* [http://www.club-djet.com/accueil.htm Sito del club francese della Djet]
* [http://www.webcarcenter.com/dossier/histoire_automobile/matra_jet/histoire_matra_jet.html Pagina francese relativa alla storia della Djet]
* [http://www.automobile-sportive.com/guide/matra/djet.php Storia della Djet]
* [http://www.matrasport.dk/Cars/DJet/history.html Pagina danese in lingua inglese dedicata alla Djet]
 
== Bibliografia ==
 
* ''Matra - La passione de l'innovation automobile'', C. Longueville, 2000 Hachette, ISBN 978-20123643182-01-236431-8
* ''Matra - Road Test Porfolio'', R.M. Clarke, Brooklands Books Ltd 2012, ISBN-13: 978-1855209459
* ''Matra Djet - Serie "Auto Collection" N. 42'', SPAL
 
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