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Con l'espressione '''congiura contro papa Pio IV''' si indica il tentato [[omicidio]] ordito contro [[papa Pio IV]] a [[Roma]] sul finire del [[1564]].
 
==AntefattoLa congiura==
===Il fallito attentato===
Benedetto Accolti, figlio illegittimo del [[cardinale]] [[Pietro Accolti]], era un personaggio vulcanico ed eclettico.
La sera del 6 novembre [[1564]] otto persone di diversa estrazione si ritrovarono presso un palazzo di [[Borgo (rione di Roma)|Borgo]] Vecchio, presso la [[chiesa di San Lorenzo in Piscibus]]: i conti Taddeo Manfredi e Antonio Canossa, il cavalier Giangiacomo Pelliccione, Benedetto Accolti (figlio illegittimo del cardinale [[Pietro Accolti]]) e suo nipote Pietro, più tre servitori del conte Manfredi (Prospero Pittori, Giovanni da Norcia e uno sconosciuto). Tutti quanti erano complici di una congiura volta all'omicidio del regnante [[papa Pio IV]] Medici, da mettere in pratica l'indomani nel corso dell'[[udienza generale]] cui erano stati regolarmente ammessi.
 
La mattina del 7 novembre sei di loro (esclusi Giovanni da Norcia e il servitore sconosciuto) si recarono presso la [[stanza della Segnatura]], in Vaticano, per incontrare il pontefice. Vestiti elegantemente, avevano portato con sé coltelli, spade e stiletti: il piano prevedeva che Benedetto Accolti avviasse l'azione atterrando il papa ed accoltellandolo, con il cavalier Pelliccione e il conte Canossa pronti ad intervenire con le spade; Prospero e Pietro rimasero un po' più indietro, pronti a coprire le spalle ai compagni in caso di necessità. Tuttavia, per motivi poco chiari, nessuno di loro alzò la lama contro il pontefice: l'udienza si svolse regolarmente e i congiurati se ne andarono.
 
===L'arresto dei congiurati===
Subito dopo tale fallimento, il conte Canossa e Benedetto Accolti si attivarono per ottenere una nuova udienza, forti delle loro conoscenze altolocate all'interno della corte romana e della loro posizione: Antonio Canossa si vantava di essere discendente diretto della contessa [[Matilde di Canossa]], mentre Benedetto era figlio illegittimo del cardinale d'Ancona Pietro Accolti, e cugino di un altro porporato, [[Benedetto Accolti il Giovane]]. Entrambi avevano molti debiti ed erano implicati in vari procedimenti giudiziari inerenti eredità, giurisdizioni e beni feudali: finsero pertanto di voler presentare una supplica al papa.
 
Si misero quindi in contatto con lo [[scalco]] pontificio Giulio Cattaneo, che riuscì a concordare per loro un'udienza privata; poche ore prima dell'incontro, tuttavia, Pio IV si recò a [[Castel Sant'Angelo]], mandando a monte anche tale secondo tentativo.
 
Giovanni da Norcia si mise allora in contatto con monsignor Pietro Paolo Angelini di Cantalupo, maestro di casa di [[Marcantonio Colonna]], che promise di contattare allo scopo il [[cardinal nipote]] [[Carlo Borromeo]]. Dopo che anche tale canale si fu rivelato infruttuoso, Benedetto e Giovanni riuscirono a incontrare il [[coppiere]] papale Giulio Giannotti, cui il 13 dicembre consegnarono una supplica da inoltrare al papa, ottenendo in cambio la promessa di essere introdotti presso di lui. La sera tutti i congiurati si ritrovarono al palazzo del conte Manfredi, nel [[Colonna (rione di Roma)|rione Colonna]], coricandosi tutti insieme in vista del nuovo tentativo da perpetrare l'indomani.
 
Nella notte tuttavia il cavalier Pelliccione si recò in Vaticano e, dopo molte insistenze, riuscì a farsi introdurre presso il pontefice, cui denunciò la congiura. Il mattino dopo i birri papali irruppero a palazzo Manfredi, arrestando tutti i congiurati tranne il conte Canossa, il quale, accortosi dell'arrivo dei bargelli, era riuscito a fuggire dal tetto del palazzo. La sua fuga terminò quattro giorni dopo, quando venne a sua volta fermato in casa di una prostituta presso [[piazza del Popolo (Roma)|Piazza del Popolo]].