Basilica di San Zeno: differenze tra le versioni

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|Regione = {{IT-VEN}}
|SiglaStato = ITA
|Religione = [[CattolicesimoChiesa cattolica|Cristiana cattolica]] di [[rito romano]]
|Diocesi = [[Diocesi di Verona]]
|AnnoConsacr =
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== Storia ==
[[San Zeno vescovodi Verona|San Zeno]] morì nel [[380]]. Nella cronologia della chiesa veronese fu l'ottavo vescovo. Lungo la [[via Gallica]], nella zona dell'attuale chiesa, vi era il cimitero dove il santo fu sepolto. Sulla tomba fu edificata una piccola chiesetta da [[Teodorico il Grande]], re [[Arianesimo|ariano]].
La leggenda vuole che dopo la devastante piena dell'[[Adige]] del [[589]] l'inondazione si bloccò sulla soglia della chiesa, risparmiando i fedeli. [[Paolo Diacono]] riporta l'episodio nella sua ''[[Historia Langobardorum]]'', specificando che avvenne al tempo del re [[Autari]]. La prima chiesa fu distrutta nel [[IX secolo]]. Venne subito ricostruita per volere del vescovo Rotaldo e di re [[Pipino d'Italia]] su progetto dell'[[arcidiacono Pacifico]].
Questa nuova chiesa fu distrutta dagli [[Magiari|Ungari]] all'inizio del [[X secolo]]. Dopo una breve traslazione nella [[cattedrale di Santa Maria Matricolare]], il 21 maggio [[921]] il corpo di san Zeno fu riportato nella cripta che oggi è il livello più basso della basilica. La cerimonia fu molto importante, si decise che il trasporto della salma fosse affidato ai santi eremiti [[San Benigno di Malcesine|Benigno]] e [[San Caro di Malcesine|Caro]], considerati a quel tempo i soli degni di toccare il corpo del santo.
Alla cerimonia erano presenti il re, il vescovo locale, e quelli di Cremona e di Salisburgo. San Zeno è uno dei santi a cui è stato cambiato più volte il giorno della commemorazione, dal [[2004]] la diocesi ed il comune di Verona hanno deciso di celebrarlo nella data della traslazione del suo corpo nell'attuale sede, al fine di non sovrapporlo alle feste pasquali e di poter dedicare un periodo più lungo ai festeggiamenti.
La chiesa prende l'attuale forma e struttura, rispettando i canoni dello stile romanico veronese, sotto il vescovo ''Raterio'', che ottenne i fondi per la costruzione dall'imperatore tedesco [[Ottone I di Sassonia|Ottone I]] nel [[967]].
La chiesa fu danneggiata dal [[terremoto di Verona del 1117|terremoto del 3 gennaio 1117]] che colpì e danneggiò gravemente molte città del nord Italia, e nel [[1138]] venne e ingrandita. La sistemazione che è arrivata ai giorni nostri fu finita nel [[1398]] a cura degli architetti Giovanni e Nicolò da Ferrara con rifacimenti del soffitto e dell'abside in stile gotico.
 
=== Il rosone circolare detto anche ''Ruota della fortuna'' ===
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[[File:Basilica di san zeno protiro, lunetta di nicholaus 03.JPG|thumb|Il protiro di ''Nicholaus'']]
 
Il [[protiro]] è firmato dal ''[[nicholausNiccolò (scultore)|maestro Niccolò]]'' ed è del [[XII secolo]]. I leoni alla base rappresentano i guardiani della chiesa, coloro che impediscono l'entrata delle anime immeritevoli (non a caso trattengono sotto le loro zampe due intrusi). La copertura del protiro poggia su due telamoni rannicchiati, sui quali, in ideale prolungamento delle stesse colonne, sono scolpiti i bassorilievi di [[san [[Giovanni Battista]] e [[san Giovanni Evangelista]]. Sull'arco risaltano l'Agnello e la mano di Dio benedicente con una scritta latina che tradotta recita: ''La destra di Dio benedica le genti che entrano per chiedere cose sante''.
 
All'interno, nella lunetta alcune scene dedicate alla storia cittadina di quei tempi. Vi è la consacrazione del ''comune veronese'' libero finalmente dalle servitù feudali verso l'[[impero tedesco]]. Al centro della lunetta si trova un san Zeno benedicente mentre calpesta il demonio che simboleggia il paganesimo sconfitto simbolo anche del coevo potere imperiale identificato come il male.
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Le storie vanno lette dal basso in alto. Guglielmo a sinistra curò temi esclusivamente religiosi. Dall'alto, a coppie si ha: la mano di Dio e l'agnello, poi, il tradimento di Giuda e la crocifissione, indi, la fuga in Egitto e il battesimo di Gesù, ed infine, i Magi, la presentazione al tempio, l'avviso a Giuseppe, il presepio, la visitazione e l'annunciazione.
 
Niccolò, in basso mette re Teodorico a cavallo e il cervo che lo guida all'inferno, forse da questi altorilievi il [[Giosuè Carducci|Carducci]] trovò l'ispirazione. Sopra si torna all<nowiki>'</nowiki>''Antico Testamento'' ed in particolare alla ''[[Genesi]]'': Dio crea gli animali, Adamo, Eva; il peccato originale, la cacciata dal paradiso terrestre e la condanna al lavoro. Sopra fra le cariatidi, un leone e un ariete, un centauro e un cane musicisti che suonano.<ref>[http://www.arte-argomenti.org/saggi/nicolo.html San Zeno Verona, maestro Niccol�]</ref>
 
=== Il portale con 24 formelle bronzee ===
[[File:San zeno, verona, formelle bronzee del portale.jpg|thumb|Formelle bronzee]]
 
Il portale della chiesa, oramai chiuso per motivi di sicurezza, è decorato con 24 formelle quadrate bronzee per ogni anta della porta. Le formelle sono legate fra di loro da cornici di bronzo. Oltre alle formelle regolari, ve ne sono di minori su entrambe le parti della porta. A destra ve ne sono sette rettangolari che rappresentano probabilmente santi e figure storiche, l'attribuzione non è certa per tutti: [[san Pietro]], [[san Paolo]], [[Zeno di Verona|san Zeno]], [[Flavia Giulia Elena|sant'Elena]], [[Matilde di Canossa]], il suo sposo Goffredo e lo scultore.
 
Matilde ed il marito sono rappresentati per le donazioni all'abbazia, ed è curiosa la presenza di un autoritratto di chi le fece. A sinistra le formelle minori sono diverse: tre vengono chiamate gli ''Imperatori'' e tre rappresentano le tre [[virtù teologali]]: la fede, la carità e la speranza. Sulla base otto piccole formelle riprendono un tema caro a chi ha eretto la basilica: la musica. Questa volta sono dei re suonatori con degli strumenti in mano.
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Ritenute da alcuni risalenti all'[[XI secolo]], prevale oggi l'ipotesi sostenuta da W. Neumann che vadano datate verso il [[1118]] e comunque in epoca tardo-[[Wiligelmo|wiligelmica]] delle cui precedenti opere conservano qualcosa dello spirito e dello stile, come il gruppo della verità e della frode nel [[Duomo di Modena]].
 
Comunque il termine temporale finale per la loro esecuzione deve essere necessariamente anteriore al [[1150]], in considerazione del fatto che in quella data nei cantieri di [[Magdeburgo]] in [[Sassonia]], vengono fuse le porte di bronzo di [[Velikij Novgorod|Novgorod]], chiaramente derivate da quelle veronesi, e che Nicholaus concepì il portale maggiore di San Zeno adattandosi sin dal principio alle preziose porte di bronzo che con le loro misure determinarono quelle del [[timpano (architettura)|timpano]] e del [[protiro]].
Attualmente il portale misura m.4,80 x 3,60 ed è il probabile adattamento del precedente portale, più ridotto, dell'anteriore prospetto romanico. Si pensa che quello presentasse minori elementi ornamentali: quattro file verticali di sette formelle ciascuna che furono utilizzate nel contesto del nuovo battente (vedi quanto relativo alla formella del miracolo del carrettiere) anche se ciò ha portato ad un evidente disordine sia dal punto di vista iconologico che dal puro e semplice accostamento estetico dei vari pezzi.
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Seguendo all'incirca il ritmo della [[trilogia]], le formelle maggiori narrano storie dell'Antico (20 pezzi) e Nuovo Testamento (20 formelle) e quattro storie di San Zeno, cui vanno aggiunti un [[San Michele]] e due [[protome]] leonine che reggevano anticamente il battente; le minori, rettangolari, raffigurano santi tra cui San Zeno stesso ed un [[lapicida]] o scultore.
Le opere, la cui autografia è da lungo tempo dibattuta dagli studiosi e che il Maffei definì "fantocci strani di maniera affatto barbara" ed il Venturi "il regno delle scimmie", sono per alcuni di quattro diverse mani, "maestri" o "lavoranti" che definirli si voglia.
Per quelle relative alla vita del santo si è avanzato il nome di Brioloto <ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/brioloto_%28Dizionario_Biografico%29/ Brioloto in Dizionario Biografico – Treccani]</ref>, ma più genericamente si parla di un anonimo "terzo maestro".
 
Certo son proprio queste le più "moderne" in senso [[gotico]] e quelle che in qualche spunto hanno maggior efficacia icastica <ref>[http://www.treccani.it/vocabolario/icastico/ Icàstico in Vocabolario – Treccani]</ref>; per altri appartengono genericamente ad una "prima officina" affine ai modi dei primi del [[XII secolo]] e ad una "seconda officina" della fine del XII, inizi [[XII secolo]].
 
Secondo il Puppi, le quattro storie di san Zeno rivelano una particolare fisionomia stilistica "attribuibile ad una distinta personalità rispetto agli autori delle altre formelle, riferibili ad un divulgatore dei modi di [[Benedetto Antelami]] attivo al [[Battistero di Parma]]" .
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Comunque attualmente quell<nowiki>'</nowiki>"avanzo" è collocato al centro del secondo [[trittico]] partendo dal basso sul battente di destra, contestualmente alle altre tre storie. Esso rappresenta il carrettiere che cerca di trattenere i buoi, già entrati in acqua, aggrappandosi alla coda di quello alla sua destra, urlante ed agitante un lungo bastone mentre il carro già ha perso due ruote.
 
Di qualche interesse è il fatto che l'episodio di [[Nabucodonosor II]] che condanna i fanciulli alla fornace, opera di un anonimo "primo maestro"; è riportato proprio nella formella a fianco di quella del carrettiere e quindi naturale "pendant" delle storie del santo se si ricorda che tale episodio è usato quale premessa al miracolo della chiesa risparmiata dalla piena narrato da [[Gregorio Magno]].
 
Sullo stesso registro, a destra di quest'opera, è la formella cronologicamente conclusiva del ciclo, rappresentante il dono della corona.
Gallieno, con gesto reverente, offre la sua corona al vescovo [[mitra (copricapo)|mitrato]] che con la destra regge il bastone pastorale e con la sinistra accenna ad un gesto di meraviglia, di ricusazione o di benedizione.
In essa è visibile la traccia di un "pentimento": il re offre la corona con la mano destra, che ha però la [[morfologia]] della sinistra, forse frutto di un successivo "girarsi" del personaggio rispetto alla scena di prima ideazione.
Immediatamente sopra, è la formella rappresentante l'episodio della figlia dell'imperatore.
 
La scena si svolge sotto un arco sostenuto da due colonne ed in essa ricorrono tutti i motivi [[iconograficoiconografia|iconografici]] fin qui più volte visti circa l'ossessione e l'[[esorcismo]]: la donna, il cui corpo traspare dalle pieghe delle vesti, torce ad arco verso il santo l'addome, la testa volta all'indietro, mentre un diavoletto [[antropomorfismo|antropomorfizzato]], con lunga barba terminante in tre punte, con corna e lunga coda che gli si attorciglia tre volte intorno alla gamba destra che termina con uno zoccolo, le esce dalla bocca e sembra fuggire verso l'alto.
Un personaggio tonsurato in tonaca e sotto-veste, probabilmente un religioso, trattiene con la destra il moto ossessivo e con la sinistra regge la testa rivolta all'indietro dell'indemoniata. Anche il santo la trattiene, spingendo verso il basso il suo braccio che pare irrigidito mentre con la destra la benedice con indice e medio congiunti.
La decorazione del manto del santo è data da un motivo che sembra voler essere fatto a stelle.
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Un calderone pieno di pesci pende, al centro della formella, da un ipotetico ramo.
 
La terza delle formelle rettangolari partendo dall'alto, sotto quella raffigurante San Paolo, sulla porta di destra, raffigura, sotto un arco colonnato, San Zeno barbuto, in abito vescovile che con la destra benedice stendendo le prime tre dita e con la sinistra regge il [[Pastorale (liturgia)|bastone pastorale]].
 
=== Il frontone ===
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=== Parte centrale ===
La parte centrale detta anche ''"chiesa plebana"'' è a tre [[navata|navate]], longitudinali. Le navate sono delimitate da possenti pilastri con sezione a forma di croce in alternanza a colonne sormontate da capitelli con motivo zoomorfo e [[StileOrdine corinzio|capitelli corinzi]] spesso recuperati da edifici romani preesistenti. Il soffitto è ligneo e carenato ed è datato [[XIV secolo]].
 
Fra la parte centrale e il presbiterio vi sono numerose opere d'arte pittoriche, dal [[XIII secolo|XIII]] al [[XVI secolo]] e sculture dal [[XII secolo|XII]] al [[XIV secolo]]. Fra le altre una croce stazionale di [[Lorenzo Veneziano]], la coppa di porfido che faceva parte delle terme romane della città alle quali è legata una [[Zeno di Verona#I miracoli|leggenda]], il battistero di marmo ottagonale del [[XIII secolo]], la ''Pala della Madonna e Santi'' di [[Francesco Torbido]], l'affresco del [[XIII secolo]] di [[San Cristoforo]].
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=== Altri interni ===
Le altre parti interne facevano parte dell'[[Abbazia di San Zeno di (Verona)|Abbazia]] in parte distrutta. Si ricorda il chiostro, che al suo interno contiene una edicola e il ''Sacello di [[San Benedetto]]''.
[[File:Verona SZeno3 tango7174.jpg|thumb|center|upright=2|Il chiostro]]
 
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Vista l'altezza, è diviso in 5 piani da cornici ad archetti di tufo ed ha un doppio ordine di trifore. La cuspide svetta sulla cima del campanile ed ha quattro pinnacoli angolari. È decorato all'esterno da sculture romane.
 
Già nel 1498 ospitava 6 campane (per approfondire si veda [[Campane alla Veroneseveronese]]). La più grande, fusa nel 1423, sfiora la tonnellata di peso ed emette la nota Sol bemolle: ha un diametro di oltre un metro. Le altre, in accordo frigio sono degli anni 1423, 1498, 1067 e 1149 ma quest'ultime due sono state rifatte nel 1755. La più antica è ottagonale e, nel 2005, è stata datata da un gruppo di esperti austriaci, tedeschi ed italiani, risalente ai secoli VIII-X: ciò ne farebbe una fra le più antiche campane esistenti. Aveva una funzione particolare: veniva suonata in occasione dei temporali ed è esposta benché ancora perfettamente funzionante.
 
=== La chiesa di San Procolo ===