Max Scheler: differenze tra le versioni
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Di madre ebrea e padre protestante si convertì al cattolicesimo, anche se nell'ultima fase della sua vita se ne allontanò. Da giovane si appassionò alla lettura di [[Nietzsche]] e poi di [[Bergson]]. Studiò medicina a München e successivamente filosofia e sociologia a Berlino con Wilhelm [[Dilthey]], Carl Stumpf e [[Georg Simmel]]. A [[Jena]] venne a contatto con il [[Neokantismo]] (soprattutto nelle sue dottrine etiche ed epistemologiche) e completò il dottorato sotto la guida di Rudolf Eucken nel 1897 con una tesi su "Contributi per stabilire le relazioni tra le relazioni logiche ed etiche" (''Beiträge zur Feststellung der Beziehungen zwischen den logischen und ethischen Prinzipien''). Nel 1899 ottenne l'abilitazione con la tesi su "Il metodo trascendentale ed il metodo psicologico" (''Die transzendentale und die psychologische Methode'').
Dal 1900 al 1913 fu vicino alla fenomenologia di Edmund [[Husserl]], ma non si considerò mai un allievo di Husserl. Dal 1913 (uscita del primo volume del ''Formalismus'') fino al 1927 (uscita di ''Essere e Tempo'' di [[Heidegger]]) fu considerato il maggior filosofo tedesco per le sue analisi sulla persona e sulla sfera affettiva (il fenomeno del risentimento, del pudore, della simpatia, dell'amare e dell'odiare, dell'umiltà, della meraviglia, della sofferenza, dell'angoscia della morte) in cui sviluppa e rivede molte tematiche nietzschiane con una sensibilità profondamente ispirata dal cristianesimo (per questo venne soprannominato da Ernst Troeltsch il "Nietzsche cattolico"). Nell'autunno del 1914 abbandonò l'iniziale entusiamo con cui aveva accolto la notizia dell'entrata in guerra della Germania e cominciò a criticare il militarismo tedesco. Nel primo dopoguerra
==Pensiero==
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Di questa nuova concezione del valore come indice della ''Weltoffenheit'' non c'è traccia nella celeberrima interpretazione di C. Schmitt sulla così detta "tirannia dei valori".<ref>C. Schmitt, ''La tirannia dei valori'', Adelphi 2008</ref> Schmitt critica in modo convincente un concetto di valore che però era già stato superato da Scheler stesso nella sua etica materiale. Schmitt concentra la sua attenzione su di un passo ambiguo che Scheler riprende da Brentano: «la non esistenza d’un valore negativo è in sé un valore positivo». Tuttavia Schmitt per dimostrare la propria tesi aveva bisogno d'includere in esso l’idea di un’azione attivamente "negatrice" del valore positivo su quello negativo. Dal momento che tale idea nel testo di Scheler non c'era, gliela aggiunge lui stesso, così nella citazione di Schmitt il passo di Scheler diventa: «La ''negazione'' d’un valore negativo è un valore positivo» (Schmitt ''Tyrannei'', 38). A questo punto Schmitt può concludere che «quel principio di Scheler consente di ripagare il male con il male e in questo modo di trasformare la nostra terra in un inferno, e l’inferno in un paradiso dei valori» (Schmitt, ''Tyrannei'', 39).
La differenza fra il concetto di valore criticato da Schmitt e quello proposto da Scheler risulta evidente se si tiene presente che Schmitt ritiene che il principio costitutivo di ogni gerarchia dei valori indichi necessariamente un rapporto di forza fra i valori, per cui il valore superiore è quello capace d’imporsi "militarmente" sugli altri:
un valore, per Schmitt, vale solo nella misura in cui "si fa valere con la forza". Scheler al contrario sostiene che proprio i valori più alti sono quelli più fragili e trascurati dall'uomo.
===La funzionalizzazione dell'''ordo amoris'' e il problema dell'intuizione dei valori===
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===L'ultima fase: la tesi delle ''ideae cum rebus'' e del Dio in divenire===
L'interpretazione relativa ai valori è molto controversa. Da un lato si insiste su un intuizionismo dogmatico di un mondo di valori statici<ref>In questa direzione A. Escher di Stefano afferma che Scheler «intende fondare e celebrare una intelligibile, eterna realtà come sede di valori immutabili, il cui supporto è il cosmo metafisico e il cui metodo è quello realistico-dogmatico» (''Il coraggio della verità'', Napoli 1991, p. 168).</ref>. Dall'altro si è messo in luce come questo non sia vero neppure per il periodo intermedio, dove sarebbe più corretto parlare di "prospettivismo" e che in ogni caso nel tardo Scheler la tesi del prospettivismo viene radicalizzata nel contesto della tesi delle ''ideae cum rebus'' e dell'impotenza dello spirito: non si tratta solo di una funzionalizzazione e di un divenire della conoscenza umana, ma di un divenire della realtà stessa, in questo senso non esiste un mondo delle idee antecedente il divenire del mondo, ma quelle che venivano chiamate ''ideae ante res'' prendono forma ''cum rebus'', solo nel e attraverso il divenire del mondo<ref>Sulla teoria delle ''ideae cum rebus'' cfr. in particolare G. Cusinato, ''Katharsis'', op. cit., 325-345.</ref>. Non esiste di conseguenza nessuna forma di teleologia o di finalismo, ma solo un processo aperto in senso ''teleocline''. Negli scritti postumi pubblicati nel volume XI delle sue opere in tedesco Scheler afferma: «Von Teleologie und Plan ist gar keine Rede» (Scheler GW XI, 211). Si tratta di una brusca rottura nei confronti del periodo intermedio che trova espressione nella tesi del Dio in divenire. Da cosa venne causata?
A partire dal 1923 Scheler si dimostrò molto colpito dal libro di Harnack su Marcione e dallo ''Scritto sulla libertà'' di Schelling. Nella seconda edizione di ''Essenza e forme della simpatia'' (1923) vengono aggiunte alcune pagine particolarmente significative su San Francesco, considerato come il vero punto di svolta del cristianesimo nei confronti di Marcione a favore di una riabilitazione della natura e di un nuovo equilibrio fra eros e agape
Dal 1924 si dedicò inoltre alla fondazione della Sociologia del sapere (''Wissensoziologie'') conosciuta anche come Sociologia della conoscenza. Sempre in quegli anni iniziò a precisare anche il progetto di una antropologia filosofica, i cui tratti essenziali sono consegnati alla celebre conferenza del 1927 pubblicata poi in forma separata nel 1928 con il titolo ''La posizione dell'uomo nel cosmo'' (opera che Maria Zambrano ebbe a definire "immortale") e dal saggio sull<nowiki>'</nowiki>''Ausgleich'', in cui definisce in termini di globalizzazione la nuova era dell'umanità. Il principale problema della nuova era della globalizzazione è l'individuazione di una orientatività rettificante come antidoto all'altrimenti inevitabile processo di livellamento e neutralizzazione delle differenze. La nuova concezione dell'uomo all'altezza della nuova era dello ''Ausgleich'' è, in opposizione all'''Übermensch'' di Nietzsche, quella di ''Allmensch'' o ''uomo-globale''.
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* ''Logica'' (1906), Quodlibet Macerata 2011.
*''Il risentimento nella edificazione delle morali'' (1912)
*Sfera assoluta e posizione reale dell'idea di Dio, [a cura di A. Piazza] FrancoAngeli 2014
* ''Scritti fenomenologici'' (1911-1913), [a cura di V. D'Anna] FrancoAngeli, Milano 2013
* ''Amore e conoscenza'' (1915), Morcelliana, Brescia 2009; oppure: Aracne, Roma 2010 (con testo tedesco a fronte).
*''Ordo amoris'', FrancoAngeli, Milano 2008; oppure: Morcelliana, Brescia 2008; oppure: Aracne, Roma 2010 (con testo tedesco a fronte).
*''Il formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori'', (originale 1913-1916) Bompiani Milano 2013, con testo tedesco a fronte (tr. it. e ''Saggio introduttivo'' di R. Guccinelli, ''Presentazione'' di R. de Monticelli); oppure: San Paolo, Milano 1996.
* ''Morte e sopravvivenza'', Morcelliana, Brescia 2012.
* ''Modelli e capi'', FrancoAngeli, Milano 2011.
*''L'eterno nell'uomo'' (1921), Edizioni Logos, Roma 1991 (tr. it. di Ubaldo Pellegrino); oppure:
*''Essenza e forme della simpatia'' (1923), FrancoAngeli, Milano 2010.
*''Sociologia del sapere'' (1924)
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* -Id., ''Scheler. Il Dio in divenire'', Padova 2002.
* -Id., ''La totalità incompiuta. Antropologia filosofica e ontologia della persona'', Milano 2008.
* -Id.,
* -Id. (a cura di), ''Max Scheler. Esistenza della persona e radicalizzazione della fenomenologia'', Milano 2007.
* V. D'Anna, ''Max Scheler'', Roma 2006.
* -Id., ''Il Dio in tensione. Uomo e mondo della vita nella metafisica di Max Scheler'', Milano 2011.
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