Esperanto: differenze tra le versioni

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=== Critiche che riguardano direttamente l'esperanto ===
{{P|vedi discussione, tono ritenuto da più utenti "pseudoneutrale" per la struttura a "botta e risposta"|lingue|settembre 2013}}
{{F|lingue|giugno 2014}}
[[File:Fundamento eldono itala.jpg|thumb|left|''Fundamento de Esperanto'', Italia edizione, 1907.]]
Solitamente facendo riferimento soprattutto al latino e alle lingue romanze, i sostenitori delle lingue naturalizzate sostengono che l'esperanto non è direttamente conforme alle grandi lingue europee. Ad esempio, i vocaboli o parole derivate come ''"malsanulejo"'' potrebbero essere sostituite con un più europeo ''"hospitalo"'' (per la parola "ospedale"). La risposta degli esperantisti è che la modifica verso una maggiore europeizzazione renderebbe l'esperanto più facile per gli europei da un punto di vista lessicale, ma allo stesso tempo più difficile per i non europei, i quali dovrebbero imparare molte forme "europee" separatamente invece di ricavarle logicamente dalla radice<ref>Questa critica ha portato vari simpatizzanti delle lingue artificiali verso altre lingue più europee, come l'[[ido]], o ancora più vicini alle lingue romanze come l'[[Interlingua (lingua ausiliaria)|interlingua]], il [[latino sine flexione]] e altre affini</ref><ref>[[Claude Piron]], ''La bona lingvo'' (La lingua buona) trattato sulla lingua, 1989</ref><ref name=dilemmaNaturalizzazione>{{cita web|url=http://lnx.internacialingvo.org/eo/upload/dl/TESI/Facolt%C3%A0_di_Lettere/Gobbo.pdf|titolo=Il dilemma dell’esperanto. Tra vocazione ausiliaria e naturalizzazione|accesso=25 maggio 2008|cognome=Gobbo|nomeautore=Federico Gobbo}}</ref>.
 
Dall'altra parte l'esperanto viene spesso criticato perché troppo europeo. Le sue radici lessicali provengono principalmente dalle lingue europee parlate o studiate da Zamenhof (vedi sopra); ciò secondo i critici ne sminuirebbe la neutralità. La risposta si basa su due punti. Il primo punto, considerando la morfologia e la grammatica dell'esperanto, gli esperantisti fanno notare che si avvicina più al [[lingua giapponese|giapponese]], [[lingua turca|turco]] o [[lingue bantu]] che a molte delle lingue europee; quanto al lessico, era praticamente impossibile, ai tempi di Zamenhof, avere accesso al lessico di altre lingue lontane, oppure creare una lingua basata sulle migliaia di idiomi esistenti<ref>{{cita web|url=http://claudepiron.free.fr/articlesenitalien/linguaoccidentale.htm|titolo=L'esperanto, lingua occidentale?|accesso=25 maggio 2008|cognome=Piron|nome=Claude|wkautoreautore=[[Claude Piron]]}}</ref>. Il secondo punto è di ordine più pratico: l'esperanto non appartiene a nessuna potenza politica o economica, e questo è - almeno dal punto di vista economico e politico - una garanzia di neutralità nel pratico, dal momento che nessuna potenza si avvantaggia da esso nel senso che nessuno può beneficiare di turismo linguistico, o vantare l'accento "perfetto" per cui viene favorito nell'insegnamento o nell'assunzione in posti di lavoro che richiedono l'uso della lingua internazionale.
 
Karl Brugmann e August Leskien hanno polemizzato sulla presenza di due parole in esperanto per "chiesa": ''Eklezio'' (Chiesa, istituzione) e ''preĝejo'' (chiesa, luogo di culto<ref>da ''preĝi'' = pregare, ''ejo'' = edificio</ref>), mentre altre lingue come l'taliano e l'inglese hanno un solo termine. La presenza del binomio mostra l'attenzione alla filantropia propria dell'esperanto, infatti, ''preĝejo'' può indicare un luogo di culto di ogni religione indipendendentemente dall'ideologia e dal credo del parlante.