Yoga: differenze tra le versioni
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* in [[lingua thailandese|thailandese]] โยคะ ''yokha''.
=== Uso contemporaneo ===
Nel linguaggio corrente con "yoga" si intende il più delle volte un variegato insieme di attività che spesso poco hanno a che fare con lo Yoga tradizionale, attività che comprendono [[ginnastica|ginnastiche]] del corpo e della [[respirazione]], discipline psicofisiche finalizzate alla meditazione o al rilassamento,<ref>Vedi ''[http://www.treccani.it/vocabolario/yoga/ Yoga]'', ''treccani.it''.</ref> tecniche miste che unirebbero lo Yoga con tradizioni lontane, eccetera. Si è dunque assistito a tutto un proliferare di pseudo branche dello Yoga e di maestri proclamatisi tali senza l'appartenenza a un lignaggio:
{{citazione|Ciò che contraddistingue lo Yoga non è solamente il suo aspetto ''pratico'', ma anche la sua natura ''iniziatica''. Non si può imparare lo Yoga da soli; è indispensabile la direzione di un maestro (''guru'').|Mircea Eliade, in Eliade 2010, p. 21}}
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{{q|Il saggio, in seguito alla realizzazione dello ''yoga'' individuale (''adhyātma yoga''), avendo contemplato [in sé] il Dio che è difficile da vedere, che è sprofondato nel mistero, che giace nel cuore, che è riposto nella cavità, che è l'antico, abbandona il piacere e il dolore.|''[[Kaṭha Upaniṣad]]'', I.2.12, traduzione di [[Pio Filippani Ronconi]], in ''Upaniṣad antiche e medie'', Torino, Boringhieri, 2007, p. 347}}
=== ''[[Śvetāśvatara Upaniṣad]]'' ===
Composta fra il IV e il II secolo a.e.v<ref>Flood 2006, p. 117.</ref>, questa ''Upaniṣad'' riveste un posto particolare, in quanto contempla temi che saranno propri del successivo [[induismo]]: l'aspetto [[teismo|teistico]]; la fede come devozione, la [[bhakti]] cioè; il concetto di energia divina, la ''[[śakti]]'', ossia la potenza creatrice del Dio, il suo aspetto immanente; lo Yoga.
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Vi compaiono dunque precisi accenni al controllo della respirazione, respirazione collegata al ''prāṇa'', il principio vitale inteso come "soffio"; e al dominio dell'attenzione inteso come capacità di non essere distratto, quindi di concentrarsi: elementi questi che ritroveremo entrambi nella successiva sistematizzazione dello Yoga classico. Degna di nota è infine la relazione fra Yoga e immortalità, lo Yoga cioè come disciplina salvifica.<ref>''Śvetāśvatara Upaniṣad'', II.12.</ref>
=== ''[[Maitrī Upaniṣad]]'' ===
L'ancora più tarda ''[[Maitrī Upaniṣad]]'' (o ''Maitrāyaṇīa Upaniṣad'', composta fra II sec. a.e.v. e il II sec. e.v.,<ref>Così Mircea Eliade.</ref> collegata al Kṛṣṇa Yajurveda<ref>Il filsosofo indiano [[Surendranath Dasgupta]] mette in evidenza come sia proprio nel Kṛṣṇa Yajurveda che si trovano chiari riferimenti, oltre che allo Yoga, anche alla scuola del [[Sāṃkhya]], cosa che sembra ipotizzare un'origine comune per entrambe le scuole, oppure un'associazione già anteriore alla successiva sistematizzazione di Patañjali: vedi oltre (Dasgupta 2005, p. 48).</ref>) entra ulteriormente nell'aspetto descrittivo<ref>Da ricordare l'avvertenza di [[Carlo Della Casa]] il quale menzionando J.A.B. Van Buitenen (''The Maitrāyaṇīa Upaniṣad'', Gravenhange, 1962) nota che questo testo ha subito numerosi rimaneggiamenti e interpolazioni.</ref>:
{{citazione|Si dice anche altrove<ref>''[[Muṇḍaka Upaniṣad]]'' III.2.9.</ref>: "Colui che ha i sensi assorti come in un sonno profondo, vede mediante il pensiero più puro (''śuddhitamayā dhiyā''), come in un sogno, nella caverna dei sensi, ma non soggetto al loro potere, [l'intimo movente,] chiamato ''[[oṃ]]'', che ha la luce come forma, che è libero da sonno, da vecchiaia, da morte, da dolore. Egli stesso, chiamato ''[[oṃ]]'', diventa lui pure l'intimo movente, libero da sonno, da vecchiaia, da morte, da dolore". Così dice [la ''śruti'']: "Per il fatto che egli unifica (''ekadhā yunakti'':congiungere) al ''[[prāṇa]]'' e all<nowiki>'</nowiki>''[[oṃ]]'' tutto [il molteplice], e [per il fatto che essi] vengono congiunti (''yuñjate''), si denomina questo [atto] congiunzione (''yoga'') suprema'. L'unità del ''[[prāṇa]]'' e della mente, nonché dei sensi, e la rinuncia a tutte le condizioni [di esistenza], ecco ciò che si considera come unione (''yoga'')".|''[[Maitrī Upaniṣad]]'', VI.25, traduzione di [[Pio Filippani Ronconi]], in ''Upaniṣad antiche e medie'', Torino, Boringhieri, 2007, p. 409}}
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Si tratta quindi di una suddivisione in sei membra, che rispetto a quella classica degli ''[[Yoga Sūtra]]'' manca delle norme di carattere generale e morale (le osservanze e le restrizioni: ''yama'' e ''niyama''), e dove il ragionamento prende il posto della posizione (''āsana''). ''Tarka'' è da intendersi come la riflessione ragionata sugli argomenti delle scritture, dei ''Veda''. Ciò testimonierebbe, secondo questa ''Upaniṣad'', che in questo stadio lo Yoga era principalmente una disciplina di carattere speculativo.<ref>Dasgupta 2005, pp. 65-67.</ref>
== Le vie dello Yoga nella ''[[Bhagavadgītā]]'' ==
[[File:Kṛṣṇa on the chariot of Arjuna.JPG|thumb|Kṛṣṇa sul carro di Arjuna; scultura moderna presso [[Giakarta]], Java, Indonesia 2012.]]
{{citazione|È appunto questa disciplina antica che io ti ho insegnato oggi. Tu sei il mio fedele adoratore e mio amico; tale è il supremo segreto.|Kṛṣṇa: ''[[Bhagavadgītā]]'', ''op. cit'', IV.3}}
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Nella ''Gītā'' il termine ''yoga'' compare spesso, ma quasi sempre non inteso nel senso di tecnica psicofisica o visione filosofico-religiosa compiuta come in seguito sarà,<ref>Eliade 2010, p. 151.</ref> bensì come condotta di vita, via o percorso verso il divino e quindi verso la [[mokṣa|liberazione]]. La molteplicità di questi cammini che Kṛṣṇa presenta ad Arjuna costituisce l'insieme delle vie dello Yoga così come in quest'opera esposte. Fra queste rivestono maggior importanza:<ref name="Flood 2006, p. 171">Flood 2006, p. 171.</ref> il [[Karma Yoga]], la via dell'azione sacralizzata; il [[Jñāna Yoga]], la via della conoscenza spirituale; il [[Bhakti Yoga]], la via dell'abbandono devozionale a Dio; il [[Dhyāna Yoga]], la via della meditazione.<ref name=Bhag/> Al di là delle particolarità che contraddistinguono i singoli percorsi, lo Yoga esposto in quest'opera è chiaramente [[teismo|teistico]], e si presenta come il risultato di una vasto intento sintetico, nel quale ogni via di salvezza è considerata efficace se percorsa nel principio validante della fede.<ref>Eliade 2010, p. 150.</ref>
=== [[Karma Yoga]] ===
Il termine ''[[karma]]'' è generalmente tradotto con "azione",<ref>Vedi ''[http://spokensanskrit.de/index.php?tinput=kArma&script=&direction=SE&link=yes kArma]'', ''spokensanskrit.de''.</ref> e nelle tradizioni dell'induismo è connesso alla dottrina del ciclo delle rinascite, il ''[[saṃsāra]]'', tramite quella legge nota appunto come "legge del karma", in base alla quale ogni azione dell'individuo senziente può essere causa di conseguenze che vincolano il suo corpo trasmigrante a tornare in vita dopo la morte del corpo fisico. Si è qui di fronte a una teoria fondamentale in tutte le tradizioni religiose non solo dell'induismo, ma anche del [[buddhismo]], del [[giainismo]] e del [[sikhismo]]. La liberazione, il ''[[mokṣa]]'', da questo ciclo delle reincarnazioni è il fine ultimo di queste tradizioni, perché tornare in vita non è che ritornare nelle sofferenze della vita. Il problema che la ''Bhagavadgītā'' si trova a dover affrontare è in fondo il dilemma fondamentale di ogni essere umano: come conciliare il proprio agire quotidiano con la legge [[morale]]. E Arjuna si trova in una situazione limite, ben più ardua di quella dell'individuo comune: è a capo di un esercito e dall'altra parte egli vede schierati i suoi stessi consanguinei.
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Il «trionfo» della ''Bhagavadgītā'', usando un'espressione di Mircea Eliade, è in questo suo dare la possibilità di rendere sacra ogni azione profana vivendola come atto rituale, gesto sacro offerto a Dio, foss'anche un atto "immorale" come quello di Arjuna. Dissolvendo così nel sacrificio<ref>''Bhagavadgītā'', ''op. cit'', IV.23.</ref> il frutto dell'azione, l'individuo non "genera nuovo karma", si svincola dal ciclo delle rinascite e può finalmente aspirare alla liberazione.<ref>Eliade 2010, pp. 153-154.</ref>
=== [[Bhakti Yoga]] ===
[[File:Mumbai Dharmshala Khatu Mode6.JPG|thumb|Kṛṣṇa si manifesta ad Arjuna nella sua forma divina; raffigurazione di epoca moderna.]]
La ''[[bhakti]]'' è la [[devozione]] verso una divinità personale, il Signore (Bhagavān), o anche verso il proprio maestro spirituale, attualmente espressa in varie tradizioni religiose dell'induismo come adorazione, trasporto emotivo intenso e resa totale.<ref>[[Louis Renou]], ''L'induismo'', traduzione di Luciana Meazza, Xenia, 1993, pp. 59-60.</ref> La ''bhakti'' così intesa è propria dei cosiddetti "movimenti devozionali", affermatisi verso il VII secolo nell'[[India]] del Sud e poi estesisi altrove, ma già presenti nel periodo in cui la ''Gītā'' veniva composta.<ref>Anna Dallapiccola, ''Induismo. Dizionario di storia, cultura, religione'', traduzione di Maria Cristina Coldagelli, Bruno Mondadori, 2005, pp. 31-32.</ref> Nella ''Gītā'' compare inoltre per la prima volta la concezione che il Signore possa ricambiare l'affetto del devoto,<ref name="Flood 2006, p. 171"/> essergli amico e anche di più.<ref>''Bhagavadgītā'', ''op. cit'', XVIII.65: «E tu verrai a me: in verità te lo prometto, perché tu mi sei caro».</ref>
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{{citazione|Coloro che hanno preso in me il loro rifugio, figlio di Pṛthā, anche se avessero una cattiva nascita, se fossero donne, artigiani o anche servitori, raggiungono il fine supremo.|''Bhagavadgītā'', op. cit, IX.32}}
=== [[Jñāna Yoga]] ===
''[[Jñāna]]'' è la conoscenza metafisica,<ref>Eliade 2010, p. 422.</ref> la conoscenza dell'Assoluto, del [[Brahman]] cioè<ref>Flood 2066, p. 171.</ref>:
{{citazione|Mediante questa [conoscenza] tu vedrai tutti gli esseri, tutti, senza eccezione, nel Sé, cioè in me.|''Bhagavadgītā'', op. cit, IV.35}}
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Nel quarto canto della ''Gītā'' la via della conoscenza è intesa come una forma di sacrificio (IV.32), quella più alta fra le altre forme di sacrificio (IV.33), identificata con la conoscenza dei ''[[Veda]]'' (IV.34).
=== [[Dhyāna Yoga]] ===
Il sostantivo neutro ''[[dhyāna]]'' è usualmente reso con "[[meditazione]]", "attenzione", "riflessione", "contemplazione".<ref>''[http://www.spokensanskrit.de/index.php?script=HK&beginning=0+&tinput=dhyana+&trans=Translate&direction=AU dhyAna]'', ''spokensanskrit.de''.</ref> Il sesto canto della ''Gītā'' si occupa, tra altro, dell'aspetto contemplativo dello Yoga, e più che fare riferimento al settimo stadio della suddivisione degli ''[[Yoga Sūtra]]'', detto appunto "''Dhyāna''", in realtà verte sull'insieme delle ultime tre suddivisioni, il ''saṃyama'' ("dominio dello spirito").<ref>Così [[Anne-Marie Esnoul]], in ''Bhagavadgītā'' 2011, pp. 83-84.</ref> I versetti dal 10 al 14 descrivono tecnicamente come il praticante deve operare, e troviamo qui abbozzati ma precisi elementi che faranno parte dello Yoga classico: osservanza della castità; una posizione stabile in cui meditare; concentrazione su un unico punto (''ekāgra''); animo pacificato; mente disciplinata. Questa pratica conduce all'unione fra l'essenza individuale e quella universale, donando una felicità che non è dei sensi:
{{citazione|Là dove il pensiero [<small>''[[citta]]''</small>], sospeso mediante la pratica assidua dello yoga, cessa di funzionare, e là dove, percependo il Sé [<small>''[[ātman]]''</small>] nel Sé [e] mediante il Sé, si trova la [propria] soddisfazione, là dove si trova quella beatitudine infinita che percepisce l'intelletto [<small>''[[buddhi]]''</small>] ma non i sensi.|''Bhagavadgītā'', ''op. cit.'', VI.20-21}}
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Resa quieta la coscienza, questa può finalmente riconoscere lo spirito quale testimone non vincolato, libero, inattivo e trascendente. Quando ogni essere senziente si sarà così liberato, la ''prakṛti'' si riassorbirà in sé stessa e tutto tornerà nello stato primordiale.<ref name=Eliade5764/>
=== Gli otto stadi del Rāja Yoga ===
{{vedi anche|Raja Yoga}}
[[File:A Holy Man in Meditation.JPG|thumb|Uno yogin mentre pratica il ''dhyāna'', la meditazione yogica.]]
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Tali otto stadi sono:
# ''[[Yama]]'': astinenze; astensioni; freni; proibizioni; regole di comportamento. Queste sono:
#* ''[[Ahiṃsā]]'': non violenza; pacifismo;
#* ''Satya'': sincerità; genuinità;
#* ''Asteya'': non rubare; temperanza;
#* ''[[Brahmacarya]]'': continenza; castità; letteralmente vuol significare "seguace del [[Brahman]]" con riferimento al primo degli stadi della vita di un [[induismo|hindu]] che segue il percorso canonico di realizzazione spirituale;
#* ''Aparigraha'': non avidità; moderazione; rinuncia;
# ''[[Niyama]]'': osservanze; discipline. Queste sono:
#* ''Śauca'': pulizia; purezza;
#* ''Saṅtoṣa'': appagamento; contentezza; soddisfazione;
#* ''[[Tapas (induismo)|Tapas]]'': autodisciplina; fervore mistico; ardore; ascetismo; il significato etimologico del termine ''tapas'' è "calore", e in senso figurato sta a indicare l'austerità religiosa;<ref>Vedi ''[http://faculty.washington.edu/prem/mw/t.html Monier-Williams Sanskrit-English Dictionary: T]''.</ref>
#* ''Svādhyāya'': studio (delle scritture sacre, cioè la recitazione dei ''Veda'';<ref name=Iyengar/>); applicazione;
#* ''Īśvara praṇidhāna'': abbandono al Signore. Il Signore non è un Dio creatore né un Dio giudice o dispensatore di grazia, ma piuttosto un essere supremo, un modello cui lo yogin può ispirarsi;<ref>{{citazione|Dio non è il creatore della natura naturante, ma un'anima eccelsa, che con la sua perfezione stimola l'uomo a sciogliersi dai legami della materia.|[[Giuseppe Tucci]], ''Storia della filosofia indiana'', Editori Laterza, 2005, p. 73}}<br />Mentre il Sāṃkhya è [[ateismo|ateista]], lo Yoga di Patañjali prevede dunque la figura di un Signore.</ref> sarà soltanto successivamente, con il diffondersi delle correnti devozionali, che la figura di Dio nello Yoga classico assumerà un ruolo più decisivo, all'insegna della devozione emotiva, la [[bhakti]];<ref name=EliadeII>Eliade 2008, p. 67 e segg.</ref>
# ''[[Āsana]]'': posizione fisica; postura. Patañjali menziona il termine in un solo ''sūtra'', parlando genericamente di una qualsiasi posizione che risulti stabile e comoda;
# ''[[Prāṇāyāma]]'': controllo della respirazione e del flusso vitale. Il termine è composto da ''[[prāṇa]]'' e ''āyāma'', che sta per "allungamento", "espansione", mentre il primo è generalmene reso con "respiro vitale";<ref>Vedi ''[http://faculty.washington.edu/prem/mw/p.html Monier-Williams Sanskrit-English Dictionary: P]''.</ref>
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{{citazione|Quando l'oggetto della meditazione assorbe chi medita, e appare come soggetto, si perde la consapevolezza di se stessi. È il ''samādhi''.|''Yoga Sūtra'', III.3; citato in Iyengar 2010, p. 181}}
::Il filosofo distingue due momenti prima del compimento del percorso esposto:
::* ''Samprajñāta samādhi'': ''samādhi'' con sostegno; ''samādhi'' consapevole. Il termine, ''samprajñāta'' vuol letteralmente significare "con oggetto della consapevolezza".<ref name=Flood/> Tale ''samādhi'' è caratterizzato da quattro componenti:<ref>''Yoga Sūtra'', I.17.</ref> assorbimento nel pensiero analitico (''vitarka''), assorbimento nel pensiero sintetico (''vicāra''), sperimentazione della beatitudine (''ānanda''), coscienza dell'unità con sé stesso (''asmitā'');<ref name=Iyengar/>
::* ''Asamprajñāta samādhi'': ''samādhi'' senza sostegno; ''samādhi'' non cosciente. Il termine non è invero usato da Patañjali<ref>Iyengar 2010, p. 84 e p.85.</ref> ma dai suoi commentatori: il filosofo lo definisce soltanto come un "andare verso la quiete" (''virāma paratyaya''), nel senso che le funzioni psicomentali, ancora attive nel ''samprajñāta samādhi'', adesso sono in via di dissoluzione;<ref name=Iyengar/>
::Quando anche queste funzioni hanno terminato di esercitare del tutto la loro influenza, si è nel:
::* ''Nirbīja samādhi'': ''samādhi'' senza seme. Tale stadio è quello finale, il ''samādhi'' propriamente inteso, nel quale è abbandonata anche quella forma di percezione differente che lo yogin ha sperimentato precedentemente, iniziata col ''pratyāhāra'' e proseguita fino alle forme compiute di ''samādhi'' consapevoli, dette ''sabīja samādhi'', cioè ''samādhi'' "con seme".<ref>Patañjali descrive vari aspetti o momenti del ''samādhi'': i ''sabīja samādhi'' comprendono i ''samprajñāta samādhi'' più altri per i quali egli non adopera esplicitamente il termine ''samādhi''.</ref>
{{citazione|È uno stato al di là dell'esperienza sensoriale del mondo, nel quale la coscienza è raccolta in sé stessa senza alcun oggetto, ossia è riflessiva, poiché è essa stessa il proprio oggetto.|[[Gavin Flood]]; in Flood 2006, p. 132}}
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Raggiunto il ''nirbīja samādhi'' l'individuo ha finalmente liberato il suo ''puruṣa'' dall'influenza della materia rendendogli la propria condizione originale; il suo corpo trasmigrante si è del pari riconosciuto per quel che è reintegrandosi nella ''prakṛti'': è la condizione del "liberato in vita" (il ''jīvan[[mokṣa|mukta]]''), una situazione paradossale. Pur vivo, egli ha abbandonato il ciclo delle rinascite (il ''saṃsāra''); pur continuando a esistere nel tempo, egli è fuori dal tempo; pur possedendo un corpo, la propria coscienza (il ''citta'') è ora assimilabile al ''puruṣa'', il testimone delle evoluzioni del materiale e del mentale: egli "si vede". Soggetto e oggetto al contempo, il liberato in vita vive in uno stato di "sovracoscienza", uno stato di estrema, impassibile lucidità.<ref name=El2008/>
== Le ''Upaniṣad'' posteriori e lo Yoga ==
[[File:Brahma, Vishnu, and Shiva within an OM.jpg|thumb|Illustrazione tratta da un manoscritto del ''[[Mahābhārata]]'', 1795. Il disegno mostra le divinità principali dell'Induismo raffigurate all'interno del monosillabo [[OṂ]], l'invocazione sacra già menzionata nelle ''[[Upaniṣad]]'' vediche. Nella ben successiva ''Dhyānabindu Upaniṣad'' è esposta una pratica meditativa basata sulla contemplazione dell'OṂ.]]
Successivo alla ''Maitrī Upaniṣad'' e di poco anteriori agli ''[[Yogasūtra]]'' è un gruppo di ''Upaniṣad'' nelle quali troviamo riferimenti e descrizioni più o meno precisi che riguardano elementi caratteristici dello Yoga: sono le ''Upaniṣad Saṃnyāsa'', spesso scritte in prosa.<ref name=El126>Eliade 2010, pp. 126-127.</ref>
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''Nāda'' vuole infatti dire "suono", e la teoria si basa sulla convinzione che una delle manifestazioni dell'[[Brahman|Assoluto]] è quella in forma fonica. I suoni udibili sono distinti in tre livelli: nel primo si può udire il suono di un tuono, oppure di una cascata, oppure delle onde oceaniche; nel secondo il suono di un tamburo o di una campana; nel terzo di una piccola campana, oppure di un flauto o anche del ronzio di un'ape.<ref>Feuerstein 2011, p. 235.</ref> Lo yogin deve superare tali livelli usando quei suoni per fermare il divagare della propria coscienza (''[[citta]]''), a somiglianza di un serpente che viene immobilizzato dall'ascolto di musiche opportune. Quando egli non udirà più alcun suono, allora avrà raggiunto la liberazione (''[[mukti]]'').<ref>''[http://www.advaita.it/library/nadabindu.htm Nada-Bindu Upanishad]'', traduzione di K. Narayanasvami Aiyar.</ref>
== Lo Yoga nelle tradizioni tantriche ==
[[File:Chakra Nepal.jpg|thumb|upright=0.7|Raffigurazione del corpo umano con raffigurati sette ''cakra'' e le tre ''nāḍī'' principali; dipinto nepalese del XVIII secolo. Sono rappresentate, dipinte nei ''cakra'', le divinità che li presiedono.]]
Con l'espressione "Yoga tantrico" ci si vuol oggi generalmente riferire a una non ben precisata classe che comprende differenti forme di Yoga o presunte tali, sia tradizionali sia rivisitate in chiave moderna, che si allontanano dallo Yoga classico di Patañjali e dei suoi commentatori. In realtà non esiste uno "Yoga tantrico" come disciplina o pensiero a sé stante nelle tradizioni [[induismo|hindu]], come del resto non esiste un fenomeno "tantrico" indipendente in quel vasto e complesso insieme di tradizioni religiose caratteristiche del mondo panindiano.
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Fra gli aspetti importanti dello Yoga tantrico non si può tralasciare di evidenziare il ruolo del maestro spirituale che segue l'adepto nel suo percorso di realizzazione: il ''[[guru]]''. È il ''guru'' che accetta il discepolo e lo inizia alla setta; è il ''guru'' che "personalizza" il percorso del discepolo (il ''[[sādhana]]'') e lo guida;<ref>Fra le altre cose è interessante qui menzionare come una delle attività del ''guru'' sia l'analisi dei [[sogno|sogni]]: {{citazione|Di buon mattino, dopo compiuto tutti i riti «perpetui» ed adorato Śiva, il Maestro deve esaminare quanto è stato visto in sogno da sé e dal discepolo commisurandone la forza.|[[Abhinavagupta]], ''[[Tantrāloka]]'', XV.483; in ''Luce delle scritture (Tantraloka)'', a cura di [[Raniero Gnoli]], UTET, edizione elettronica De Agostini, 2013.}}</ref> è il ''guru'' che può a sua discrezione anche liberare il discepolo intervenendo, per così dire, dall'esterno. La figura del ''guru'' è indispensabile in ogni forma di Yoga tradizionale, ma nelle tradizioni tantriche costui acquista un ruolo che assurge, per forza di cose,<ref>Un ''guru'' è sempre un liberato in vita, cioè un essere che ha realizzato in sé l'unione Śiva-Śakti, e in quanto tale è assimilabile a un Dio, tant'è che spesso lo si appella con ''guru[[deva]]''.</ref> al divino.<ref>Eliade 2010, p. 21.</ref><ref>Padoux, 2011, p. 182.</ref>
=== [[Haṭha Yoga]] ===
[[File:A style of nadi suddhi.JPG|thumb|upright=0.8|Pratica del ''nāḍīśodhana'', la purificazione dei canali energetici del corpo sottile mediante il controllo forzato della respirazione nasale.]]
''Haṭha'' è traducibile con "forza", "violenza", "ostinazione";<ref>Vedi ''[http://faculty.washington.edu/prem/mw/h.html Monier-Williams Sanskrit-English Dictionary]''.</ref> Haṭha Yoga è dunque lo "Yoga della forza",<ref>Flood 2006, p. 133.</ref> o "Yoga rinforzante", con riferimento al fatto che tale disciplina mira a dare un corpo fisicamente in forma e in buona salute, e ciò allo scopo di poter affrontare più adeguatamente la meditazione.<ref>{{citazione|La caratteristica peculiare dello Hatha Yoga sta nel suo tentativo di creare un corpo transustanziato, immortale, un corpo di energie col quale avere il governo degli elementi ultimi della materia.|[[Georg Feuerstein]], ''[http://www.traditionalyogastudies.com/wp-content/uploads/2011/05/Frequently-Asked-Questions-About-Hatha.pdf Frequently Asked Questions About Hatha-Yoga ]'', ''traditionalyogastudies.com''|''The distinct feature of traditional Hatha-Yoga is its attempt to create a transubstantiated immortal body of energy through the mastery over the five material elements.''|lingua=en}}</ref> Il fine ultimo resta dunque sempre quello della realizzazione, cioè della liberazione in vita.<ref name=El217>Eliade 2010, pp. 217-235.</ref>
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L'attenzione principale di questi testi è rivolta a:<ref name=El217/>
* Purificazioni preliminari (le ''[[śodhana]]'', o anche ''dhauti''): riguardano sia il corpo grossolano sia quello sottile. Le prime non sono soltanto per la superficie esterna del corpo, ma soprattutto per quella degli organi interni: pulizia dello [[stomaco]], con inghiottimento di un pezzo di stoffa; dell'[[intestino crasso]], tramite lavaggio anale; delle cavità nasali; eccetera.
* Posture (gli ''[[āsana]]''): distinte in base agli effetti che producono, aspetti sia [[salute|fisici]] sia, per così dire, miracolosi, come la sparizione dei capelli grigi, eccetera.
* Controllo della respirazione (il ''[[prāṇāyāma]]''): finalizzate anche al raggiungimento delle cosiddette "perfezioni", le [[siddhi]], ovvero i poteri magici, quali a esempio il potere di rimpicciolirsi o ingrandirsi; di essere invisibile, eccetera.
* ''[[Mudrā]]'' (lett. "sigillo"): si tratta di gesture articolate che qui coinvolgono anche il corpo, come per esempio l'ostruzione della cavità orale durante il ''prāṇāyāma'' con l'azione della lingua rivolta all'indietro; oppure le pratiche per il risucchio del liquido seminale dopo il [[coito]].
Col tempo e con la costanza, assicurano i testi, oltre a fortificare il corpo e concedere poteri extra-ordinari, queste tecniche favoriscono l'ascesa di Kuṇḍalinī e dunque l'ottenimento del [[samādhi]].
=== [[Kuṇḍalinī Yoga]] ===
[[File:Relief of a serpent deity, Gudilova, Andhra Pradesh, India - 20100118.jpg|thumb|Altorilievo presso Anandapuram, nel distretto di Visakhapatnam, sud-est dell'[[India]]. L'immagine testimonia la sopravvivenza dell'antichissimo culto dei serpenti, qui raffigurati in una coppia che corrisponde alla raffigurazione tradizionale delle due ''[[nāḍī]]'' laterali, ''iḍā'' e ''piṅgalā''; al centro si distingue un asse ideale con due fiori che rimandano ai ''cakra'', e in alto il ''[[liṅga]]'', "segno" di Śiva. Si noti sul suolo un secondo ''liṅga'' posizionato nello ''[[yoni]]'', simbolo della Dea.]]
L'espressione "Kuṇḍalinī Yoga" è molto probabilmente di uso non tradizionale, e gli studiosi la associano a varie discipline o pratiche che riguardano, come il termine ''[[kuṇḍalinī]]'' suggerisce, la "manipolazione" di questa energia cosmico-divina che alcune tradizioni tantriche ritengono essere presente nel corpo umano normalmente in uno stato quiescente. In quanto tale, anche lo Haṭha Yoga è una forma di Kuṇḍalinī Yoga, sebbene la sua attenzione possa sembrare rivolta soltanto alla preparazione del corpo. L'accedemico francese [[André Padoux]] riferisce infatti come taluni preferiscano chiamare Kuṇḍalinī Yoga lo Haṭha Yoga:<ref>Padoux 2011, p. 96.</ref> L'indologo tedesco [[Georg Feuerstein]] fa notare come altri identifichino il rituale del Bhūtashuddhi<ref>Lett.: "purificazione degli elementi".</ref> con il Kuṇḍalinī Yoga. Si tratta di un rito visionario nel quale il praticante effettua la "dissoluzione" (''laya'') degli elementi ultimi della materia del proprio corpo (''mahābhūta'') l'uno nell'altro, fino a farli riassorbire nella Divinità Suprema.<ref>Feuerstein 2011, pp. 70-71.</ref> Essendo però questo un rito che contempla la dissoluzione degli elementi e non coinvolge direttamente la Kuṇḍalinī, esso è più correttamente inquadrato come appartenente allo "Yoga della dissoluzione", il "[[Laya Yoga]]", espressione, questa sì, di uso tradizionale. Vari testi infatti, tra i quali la tarda ''[[Yogaśikhā Upaniṣad]]'', classificano quattro forme di Yoga come principali:<ref>Feuerstein 2011, p. 216.</ref> il Raja Yoga, ovvero lo Yoga classico di Patañjali e dei suoi commentatori; lo Haṭha Yoga, lo Yoga della forza, di cui si è discusso in precedenza; il Laya Yoga, lo Yoga della dissoluzione; il [[Mantra Yoga]], lo Yoga che propone come via di realizzazione spirituale la recitazione dei [[mantra]].
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L'indologa elenca i seguenti metodi: distruzione del pensiero dualizzante; interruzione del soffio; frullamento dei soffi; contemplazione delle estremità; espansione della via mediana. A questi vanno considerati aggiunti metodi di intervento "esterni", quali la cosiddetta "pratica del bastone" e l'iniziazione mediante penetrazione.<ref>Silburn 1977, cap. III.</ref>
=== [[Laya Yoga]] ===
Il sostantivo maschile sanscrito ''laya'' sta per "dissoluzione"<ref>Per i significati del termine ''laya'', vedi ''[http://spokensanskrit.de/index.php?script=HK&beginning=0+&tinput=+laya&trans=Translate&direction=AU laya]'', ''spokensanskrit.de''.</ref>, e il riferimento è agli elementi costitutivi del cosmo. Il Laya Yoga è una pratica che mira al "riassorbimento" di questi elementi in uno stato prespaziale e pretemporale della materia,<ref name=GF>[[Georg Feuerstein]], ''Tantra. The path of ecstasy'', Shambala, 1998, pp. 178 e segg.</ref> là dove gli effetti del [[karma]] si annullano.
{{vedi anche|Laya Yoga}}
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Il Laya Yoga fa uso di pratiche immaginative, inserite ovviamente in un preciso contesto religioso tradizionale. Secondo il ''[[Bhūtashuddhi Tantra]]'', a esempio, l'elemento [[Terra (elemento)|terra]] governa l'area del corpo umano fra i piedi e le cosce; l'elemento [[Acqua (elemento)|acqua]] l'area fra le cosce e l'ombelico; l'elemento [[Fuoco (elemento)|fuoco]] l'area fra l'ombelico e il cuore; l'elemento [[Aria (elemento)|aria]] l'area fra il cuore e la fronte; l'elemento [[Etere (elemento classico)|etere]] infine l'area fra la fronte e la sommità del capo. Il praticante dovrà visualizzare la dissoluzione della terra nell'acqua; dell'acqua nel fuoco; del fuoco nell'aria; dell'aria nell'etere. Quindi egli procederà dissolvendo l'etere via via negli elementi superiori.<ref name=GF/>
=== [[Mantra Yoga]] ===
Il Mantra Yoga è descritto in numerosi testi di epoca tarda, quali la ''[[Mantrayoga Saṃhitā]]'' (XVII-XVIII sec.), la ''[[Yogatattva Upaniṣad]]'' (successiva al XIV sec.), la ''Mantra Kaumudī'', ecc. La disciplina propone come via di realizzazione spirituale la recitazione dei [[mantra]].<ref>Feuerstein 2011, pp. 222-223.</ref>
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La vibrazione cui il filosofo allude è altrove paragonata al «ventre del pesce»,<ref>''Tantrāloka'', V.58a.</ref> che senza sosta si contrae e decontrae, metafora dei processi di emissione e riassorbimento del cosmo, due delle operazioni cosmiche di Śiva che lo yogin realizzato compie essendo ora la propria [[coscienza (filosofia)|coscienza]] la coscienza stessa di Dio. Le tre operazioni sono: emissione, mantenimento e riassorbimento. Esse non si riferiscono soltanto all'intero processo cosmico, ma anche ai singoli dettagli della manifestazione: in ogni istante ogni elemento del cosmo è emesso, mantenuto e riassorbito nell'energia totale: «l'intero universo risiede nel Sé dello yogin».<ref>Così [[Lilian Silburn]], in Silburn 1997, p. 97.</ref>
== Origini dello Yoga ==
[[File:Carte Indus.jpg|thumb|I siti archeologici della civiltà vallinda indicati su carta geografica. Le antiche città erano distribuite lungo il fiume Sarasvati, in seguito prosciugatosi.]]
Come si è visto, lo Yoga non appartiene alla [[civiltà vedica]] (2500 – 500 a.e.v.<ref>Flood 2006, p. 27.</ref>), anche se termini derivanti dalla medesima radice verbale del sostantivo (''yuj-'') risultano già attestati nelle ''[[Saṃhitā]]'' dei ''[[Veda]]''. Come concetto riconducibile al suo significato attuale, lo Yoga fa infatti la sua comparsa nelle successive ''[[Upaniṣad]]'' vediche del periodo medio, all'incirca fra il VI e il IV secolo a.e.v., per essere poi sistematizzato come disciplina e come filosofia in un periodo non ben individuato, fra il II sec. a.e.v. e il V secolo. Dunque, in base ai testi a nostra disposizione, si può concludere che lo Yoga si sia sviluppato o comunque imposto in un arco di tempo situato a cavallo degli inizi dell'era attuale. Ciò però non può confermare la supposizione che le origini siano anch'esse collocate in questo stesso periodo: l'ipotesi contraria è legittima almeno per due motivi. Innanzitutto ci troviamo in un periodo nel quale il mezzo principale di diffusione del sapere era ancora quello della [[tradizione orale]]<ref>Come fa opportunamente notare [[Jean Varenne]] (''Yoga and the Hindu tradition'', The University of Chicago Press, 1976, pp. 3-4), l'uso dell'oralità non è spiegabile soltanto in base a motivazioni di natura tecnica o storica: c'è qui la profonda convinzione che la [[Vāc|parola]] sia dotata di un potere che la scrittura non possiede.</ref>, mentre lo Yoga potrebbe essere sorto o sviluppatosi in fasce della popolazione non use alla scrittura o comunque lontane dal mondo [[brahmanesimo|brahmanico]], nel quale l'ufficialità religiosa era stabilita e regolata dalla casta più alta, i [[brahmano|brahmani]]. In secondo luogo si osserva che lo Yoga, come disciplina filosofica basata su un percorso pratico anziché sulla conoscenza metafisica, contrasta sia con la cultura vedica sia, in parte, con quella ''upaniṣadica'':
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== Bibliografia ==
* ''[[Bhagavadgītā]]'', a cura di Anne-Marie Esnoul, traduzione di Bianca Candian, Adelphi, 2011.
* [[Surendranath Dasgupta]], ''Yoga Philosophy in Relation to Other Systems of Indian Thought'', Motilal Banarsidass, 2005.
* [[Mircea Eliade]], ''Lo Yoga. Immortalità e libertà'', a cura di Furio Jesi, traduzione di Giorgio Pagliaro, BUR, 2010.
* Mircea Eliade, ''Storia delle credenze e delle idee religiose'', Vol. II, traduzione di Maria Anna Massimello e Giulio Schiavoni, BUR, 2008.
* [[Georg Feuerstein]], ''The Encyclopedia of Yoga and Tantra'', Shambhala, 2011.
* [[Gavin Flood]], ''L'induismo'', traduzione di Mimma Congedo, Einaudi, 2006.
* [[B. K. S. Iyengar]], ''Commento agli Yoga Sūtra di Patañjali'', a cura di Gabriella Giubilaro, Giovanni Corbo, Agrippina Pakharukova, Edizioni Mediterranee, 2010.
* [[André Padoux]], ''Tantra'', a cura di Raffaele Torella, traduzione di Carmela Mastrangelo, Einaudi, 2011.
* [[Lilian Silburn]], ''La Kuṇḍalinī o L'energia del profondo'', traduzione di Francesco Sferra, Adelphi, 1997.
== Altri progetti ==
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[[Categoria:Yoga| ]]
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