Utente:Lupo rosso/Sandbox/consultazione/Fiume: differenze tra le versioni

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Le legioni s'attendevano l'ordine di lasciare la città e di marciare a levante. Volevano disseppellire i morti. Volevano partire «coi loro morti in testa». Era il ritornello di una canzone selvaggia, nata come tutte le altre dall'amore e dal dolore sanguinanti: «Noi ce ne andremo armati - coi nostri morti in testa! » (...). I legionari se la provavano fra loro annodati in cerchio, a tempia a tempia, a gota a gota, come se soffiassero insieme sopra un tizzo acre. Prima che il fuoco divampasse, ne avevano le labbra bruciate, i volti di bragia. (Gabriele D'Annunzio, Per l'Italia degli Italiani, Milano, Bottega di Poesia, 1923; pp. 272-273).
 
 
 
D'Annunzio pronuncia l'orazione Riconciliazione (Fiume, 2 gennaio 1921):
 
...Questi italiani hanno dato il loro sangue per l'opera misteriosa del fato latino, con terribile ebrezza d'amore i nostri, e gli altri con inconsapevole tremito. (...) La martire Fiume, simile a quella sua donna che da ferro italiano ebbe tronche le due braccia di fatica e non fece lamento, si solleva sui suoi piedi piagati e col moncherino sanguinante scrive nella muraglia funebre «Credo nella Patria futura, e mi prometto alla Patria futura». Inginocchiamoci e segniamoci, armati e non armati. Crediamo e promettiamo. Davanti a questi morti che riconcilia la nostra speranza, o mie legioni eroiche, o mia forza inseparabile, giuriamoci per una lotta più vasta e per una pace di uomini liberi.
 
Del 3 gennaio è l'ultimo documento pubblicato, il volantino Il commiato fra le tombe, (Fiume, 3 gennaio 1921):
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D'Annunzio nel cimitero di Cosala
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Ieri nel camposanto di Fiume, la volontà di ascendere, che travaglia ogni gesta di uomini, toccò l'ultima altezza. Parve la nostra vita più alta ora nel cielo dell'anima. (...) Sapevano che io li conducevo verso la sommità di una bellezza a me stesso ignota? Quante volte nelle piazze, nelle corti, nei crocicchi, nei prati, su per le colline, lungo le rive, dalla ringhiera, quante volte avevo detto a questi poeti inconsapevoli le parole della più ebbra poesia? «Chi mai potrà imitare l'accento delle nostre canzoni e la cadenza dei nostri
passi? Quali combattenti marciano come noi verso l'avvenire? Non eravamo una moltitudine grigia; eravamo un giovine dio che ha rotto la catena foggiata col ferro delle cose avverse e cammina incontro a se stesso avendo l'erba e la mota appicicate alle calcagna nude». Comprendevano. Dischiudevano le labbra perché si gonfiava il cuore. Bevevano la melodia. Credevano ch'io dessi loro da mangiare il miele del mattino: «il miele senza sostanza». (...) Non eravamo legioni armate; eravamo un'armonia ascendente. (...) Nessuno rimase in piedi: nessuno delle milizie, nessuno del popolo. E colui che versò più lacrime si sentì più beato. E qualcosa di noi trasumanava; e qualcosa di grande nasceva, di là dal presente. E ogni lacrima era Italia; e ogni stilla di sangue era Italia; e ogni foglia di lauro era Italia. E nessuno di noi sapeva che fosse e di dove scendesse quella grazia. Tale fu ieri il commiato che i Legionarii diedero alla terra di Fiume. E domani a un tratto la città sarà vuota di forza come un cuore che si schianta.
 
== Léon Kochnitzky ==