Seconda guerra di Morea: differenze tra le versioni
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===L'assedio turco di Corfù===
[[Image:Corfù pianta fortezza.jpg|thumb|right|Pianta di fine '600 della città di Corfù con le fortidicazioni della fortezza vecchia e nuova]]
Con la perdita dei possedimenti nell’Egeo e l’evacuazione di Santa Maura, era diventato indubbiamente certo che il prossimo attacco della Porta sarebbe stato diretto contro il più importante sito del Levante rimasto a San Marco: Corfù. La posizione di tale isola, considerata la porta dell’Adriatico, era estremamente importante visto che la sua caduta avrebbe permesso all’Impero Ottomano di minacciare direttamente Venezia all’interno del Golfo effettuando una manovra a tenaglia sulla Dalmazia con un assalto congiunto dalla parte di terra e mare. In mancanza di basi di appoggio presenti nelle coste dalmate la Repubblica sarebbe stata soffocata nelle proprie lagune, con grave pericolo per la propria esistenza. Per questi motivi nella classe del patriziato vigeva uno stato di apprensione riguardo i futuri fatti d’arme in cui sarebbe stata coinvolta la Serenissima. Il Federmaresciallo Von der Schulenburg raggiunse l’isola il 15 febbraio 1716, ponendosi immediatamente a riattare le fortificazioni e costruire nuovi trinceramenti tra il [[Monte d’Abramo]] e il [[Monte S. Salvatore]], alture dirimpetto a Corfù dalle quali sarebbe stato possibile per gli ottomani bombardare la città in una vantaggiosa posizione sopraelevata. La Repubblica altresì provvide in quei mesi a rafforzare la propria flotta acquistando presso Genova e Livorno 2 navi di linea, il vascello “Nostra Signora del Rosario” e il “S. Pietro Apostolo”. All’inizio della campagna navale del 1716 il naviglio da guerra veneziano constava di 26 vascelli, 18 galere, 2 galeazze, 12 galeotte e 2 [[brulotti]]. Nella primavera si stabilì che l’[[Armata Sottile]] sostasse a Corfù mentre l’Armata Grossa, sottoposta alla guida del nuovo Capitano Straordinario delle Navi Andrea Corner, fu dislocata a Zante con l’incombenza di contrastare nell’Arcipelago l’Armata navale ottomana diretta su Corfù, a ulteriore conferma dell’attestato e definitivo ruolo subordinato delle unità a remi rispetto alle imbarcazioni a vela. Tuttavia la flotta turca effettuò una rotta insolita passando a sud dell’isola di Candia ed entrando indisturbata nel Mar Ionio senza che fosse avvistata dai veneziani. Il Capitano Generale Pisani avvistato il naviglio nemico e constatata la disparità delle forze vigente (aveva a sua disposizione, ricordiamolo, esclusivamente imbarcazioni a remi) lasciò Corfù dirigendosi in direzione dell’Arcipelago per congiungersi con l’Armata Grossa e attaccare il nemico con l’intera forza navale. L’8 luglio dunque gli ottomani indisturbati diedero l’avvio alle operazioni di sbarco di sbarco dell’esercito assiepato a Butrinto nella costa Albanese prospiciente Corfù, composto da circa 30.000 fanti e 3.000 cavalieri preposti alla conquista dell’isola di San Marco. Nondimeno nel medesimo giorno sopraggiunse la squadra veliera marciana la quale diede battaglia con le navi della Porta avviando dunque il primo scontro navale della seconda guerra di Morea. A seguito di oltre 3 ore di cannoneggiamento da ambo le parti, l’esito del confronto si dimostrò irresoluto, costante comune che si riscontrerà lungo tutto il corso dell’intero conflitto, dando a vedere, come del resto era già stato posto in luce nei capitoli precedenti, la limitata potenzialità offensiva dei vascelli a fronte di una metodica guerresca contraddistinta dall’impiego della [[linea di fila]]. Difatti, quantunque gli ottomani patissero le maggiori perdite, quantificate in 2 vascelli, 1 galeone, 2 galeotte affondate e 1300 tra morti feriti contro 70 morti, 130 feriti e leggeri danni a talune imbarcazioni per i veneziani, la loro flotta rimase pressoché integra riuscendo a compiere felicemente il trasporto dei soldati a Corfù.<ref>{{cita|V. Ilari, G. Boeri, C. Paoletti, 1996|p. 415}}.</ref><ref>{{cita|M. Nani Mocenigo, 1995|pp. 323-328}}.</ref><ref>{{cita|H. Schimdt, 1991|p. 21}}.</ref> Gli uomini del presidio posti a difesa della capitale dell’isola constavano a circa 2.000, costituiti da 1.429 mercenari tedeschi, 249 mercenari parmensi, 311 veneti (i soldati sudditi di San Marco provenienti dai domini veneziani di terraferma in tutto non saranno più di 700 in totale nel corso dell'assedio), ai quali pervenne a luglio un rinforzo di 1.112 soldati oltremarini (armati arruolati in Dalmazia) e greci. Tuttavia i difensori, dei quali 1/3 era malato e le truppe tedesche male armate e indisciplinate, dovevano opporsi a una forza nemica di oltre 30.000 uomini. Alla fine di luglio pervenne il naviglio da battaglia ausiliario di Malta, Stato della Chiesa, Spagna, Toscana e Genova, andando a completare la forza navale cristiana che si dispose nella rada di Corfù a eventuale sussidio della piazza posta sotto assedio come segue: in prossimità dell’isola di [[Vido]] il Capitano Generale da Mar con 18 galere e 2 galeazze veneziane, 3 galere e 4 vascelli maltesi, 4 galere e 2 vascelli del Papa, 2 galere di Genova, 5 galere di Spagna e 3 galere di Toscana. [[Image:Schulenburg in Corfu.JPG|thumb|left|La statua in marmo eretta a Corfù dalle autorità venete al Federmaresciallo von der Schulenburg dopo la vittoriosa difesa sostenuta nel 1716.]] Sulla linea da Vido alla costa epirota 3 Divisioni di vascelli veneziani (ciascuna composta da 9 unità per un totale di 27 navi di linea, dato che poco prima era giunto da Venezia un nuovo bastimento a vela, il “Leon Trionfante”) e 4 vascelli di Malta all’estremo della formazione nella parte posta a oriente. Dietro tale schieramento trovavano posto 5 vascelli pontifici e altre navi sussidiarie. Nel frattempo il 24 dello stesso mese fu intrapreso da parte degli assedianti il primo attacco, respinto dall’artiglieria, ma il giorno successivo i turchi riuscirono a penetrare nel borgo del Mandracchio nella parte nord-occidentale della città, da dove poterono effettuare il bombardamento terrestre della piazza. A seguito di manovre volte a saggiare la resistenza delle fortificazioni, il 1 agosto iniziò l’assalto decisivo protrattosi per 3 giorni nei confronti delle alture poste nei pressi di Corfù dalle quali poter tenere sotto tiro con pezzi d’artiglieria la città. I tedeschi sgombrarono il Monte S. Salvatore dopo una flebile resistenza, mentre gli Schiavoni (oltremarini) mantennero con eroismo fino al 3 agosto le posizioni sul Monte d’Abramo, tuttavia decimati dovettero infine cedere il passo agli ottomani. Le proposte di resa pervenute al Provveditore Generale delle Isole Ionie Loredan furono sdegnosamente respinte, e il morale degli assedianti fu risollevato l’8 agosto dalla notizia della vittoria austriaca nella battaglia campale di [[Petervaradino]] avvenuta pochi giorni prima, unita alla comunicazione dell’imminente arrivo di nuovi rinforzi, pervenuti il 15 agosto in numero di 1.500 uomini circa. Sino ad allora le perdite subite dagli assediati ammontavano a poco più di 500unità, ed estromessi gli inabili ai combattimenti ora lo Schulenburg poteva contare su una forza complessiva di 4.000 soldati. La notte del 19 il condottiero sassone decise quindi di ordinare una sortita per riconquistare il Monte d’ Abramo. Deputati all’impresa furono 600 oltremarini e 300 tedeschi, ma sebbene inizialmente gli schiavoni ottennero qualche successo contro il nemico, alcuni oltramontani (mercenari tedeschi) presi dal panico presero a sparare all’impazzata uccidendo 60 dalmati, sbandando e provocando poi una fuga generale. Il contrattacco turco non si fece attendere. Già all’alba a seguito dell’occupazione di un [[rivellino]] (struttura difensiva), 3.000 giannizzeri scalarono lo Scarpone, ai piedi della Fortezza Nuova, che fu preso con il ritiro immediato dei 400 tedeschi incaricati della sua difesa, cui seguì l’assalto generale al forte stesso. Per 6 ore divampò lo scontro ai piedi delle mura, e Schulenburg, conscio del sopraggiunto momento decisivo per le sorti dell’intero assedio, si pose alla guida di 800 italiani e oltremarini in un eroico contrattacco che portò alla riconquista dello Scarpone e alla rotta degli ottomani, i quali lasciarono sul campo 1.200 uomini a fronte dei 300 caduti fra i difensori. Come se non bastasse il 20 agosto si scatenò un violento nubifragio che provocò ingenti danni all’accampamento turco, al materiale d’assedio e alle navi, demoralizzando ulteriormente gli attaccanti già prostrati per gli insuccessi sin’ora sofferti, i quali il 21 agosto tolsero il blocco al sito reimbarcandosi. Con tale vittoria dei veneziani era stato salvato quanto rimasto dello Stato da Mar della Repubblica, e inferto un duro colpo all’Impero Ottomano in un assedio costato alla Porta 15.000 uomini, quasi la metà della forza preposta alla conquista di Corfù, contro le 3.000 perdite subite dai soldati di stanza nella capitale dell’isola. Il 25 agosto il naviglio ottomano abbandonò lo Ionio veleggiando su Costantinopoli e nel contempo gli armati della Porta si ritirarono da Santa Maura la quale venne rioccupata dall’Armata Grossa veneziana, azione con cui si chiuse la campagna navale del 1716. Ultimo evento degno di nota dell’anno fu infine l’occupazione marciana della piazza di [[Butrinto]] nell’Epiro, verificatasi in tarda estate. A Schulenburg, artefice della vittoriosa resistenza marciana a Corfù, la Serenissima mostrò la propria risconoscenza mediante la concessione di una pensione vitalizia di 5.000 ducati annui, il dono di una spada gioiellata e l’erezione di una statua sul luogo dell’assedio, ad opera di [[Imbianci]] (onore sino ad allora spettato solamente a Francesco Morosini)<ref>{{cita|V. Ilari, G. Boeri, C. Paoletti, 1996|pp. 415-419}}.</ref><ref>{{cita|M. Nani Mocenigo, 1995|pp. 328-331}}.</ref><ref>{{cita|H. Schimdt, 1991|pp. 21-23}}.</ref><ref>{{cita|S. Romanin, 1972-1975|vol. VIII, pp. 33-37}}.</ref>
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