Accelerazione al plasma: differenze tra le versioni
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L'idea alla base delle tecniche accelerazione al plasma di elettroni, proposta inizialmente da Toshiki Tajima and John M. Dawson nel 1979<ref>T. Tajima and J. M. Dawson. 1979. Laser Electron Accelerator. Phys. Rev. Lett. 43: 267–270 {{doi|10.1103/PhysRevLett.43.267}}</ref> è quella di creare una perturbazione (detta driver) nella neutralità di carica di un plasma mediante impulsi laser ultra-corti (schemi di accelerazione al plasma laser-driven) o fasci di particelle cariche relativistiche (schemi di accelerazione al plasma beam-driven); nella scia di questa perturbazione si creano delle onde di plasma, i cui campi elettrici possono poi essere utilizzati per accelerare pacchetti di particelle cariche (detti witness) opportunamente iniettati nell'onda creata. Un'analogia frequente è quella di un surfista che cerca di accelerare cavalcando le onde di scia di una barca nel mare.
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Una stima dei campi elettrici massimi sostenibili dalle onde di plasma, e quindi dei massimi gradienti raggiungibili da queste tecniche di accelerazione, è data dal limite non relativistico di rottura dell'onda (wave-breaking) in approssimazione di plasma freddo. Esso viene calcolato ipotizzando una dispersione termica trascurabile nelle velocità delle particelle che compongono il plasma rispetto alle velocità caratteristiche delle oscillazioni coerenti degli elettroni che lo compongono, da cui il nome approssimazione di plasma freddo. In tale approssimazione il massimo campo elettrico sostenibile dall'onda in regime lineare prima che essa si infranga è stimabile pari a <ref>R. J. Noble. 1983. Plasma Beat-Wave Accelerator. SLAC-PUB-3149 </ref><ref>A. Macchi. 2013. A Superintense Laser–Plasma Interaction Theory Primer. Springer </ref>:
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==Note==
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[[Categoria:Fisica del plasma]]
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