Romano (esarca): differenze tra le versioni

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La lettera si rivelò però inutile: infatti i Franchi non ritornarono più sul campo di battaglia e i Longobardi, sotto la guida del loro nuovo re [[Agilulfo]], poterono riprendere l'offensiva.
 
===Contrasti con papaPapa Gregorio IMagno (590-596)===
[[File:Gregorythegreat.jpg|left|thumb|Papa Gregorio IfuMagno fu uno degli oppositori alla politica dell'esarca Romano.]]
Nel 591, il [[ducato di Spoleto|duca di Spoleto]], [[Ariulfo]], appena asceso al ducato, iniziò a condurre una politica espansionistica a danni dei Bizantini, conquistando le città del [[Corridoio Bizantino|corridoio umbro]] che collegava Roma con Ravenna e assediando la ''Città Eterna'' stessa, da cui si ritirò solo dopo aver estorto alla città assediata un tributo; nel frattempo anche Napoli era minacciata dai Longobardi di Benevento. [[Papa Gregorio IMagno]] (eletto nel 590) aveva chiesto all'esarca di liberare Roma dall'assedio, ma Romano, che considerava strategicamente secondaria la difesa di [[Roma]] e di [[Napoli]], non si mosse. Ciò determinò l'inizio dei contrasti tra Romano e Papa Gregorio: poco tempo dopo l'assedio, infatti, il pontefice espresse in un'epistola tutto il risentimento che provava verso Romano, accusato di non difendere Roma dai suoi nemici e di impedirgli di raggiungere la pace. Papa Gregorio, infatti, premeva per una tregua tra Imperiali e Longobardi affinché ritornasse la pace nella penisola e si ponesse fine alle devastazioni belliche, ma Romano non era d'accordo e fece di tutto per ostacolarlo.<ref>Ravegnani 2004, pp. 95-99.</ref>
 
Nel [[592]] Romano, venuto a conoscenza che Papa Gregorio era in trattative con il ducato di Spoleto per una pace separata, si mosse per rompere le trattative, un po' perché non tollerava l'insubordinazione del Pontefice, che stava trattando con il nemico senza alcuna autorizzazione imperiale, un po' perché concludere la pace in quel momento avrebbe riconosciuto il corridoio umbro in mani longobarde, cosa che l'esarca non intendeva che accadesse. Nel luglio 592, quindi, l'esarca, partendo da Ravenna, raggiunse via mare Roma e dalla Città Eterna partì alla riconquista delle città del Corridoio umbro: dopo una breve campagna, riuscì a riconquistarle.<ref>Paolo Diacono, ''[[Historia Langobardorum]]'', IV, 8.</ref> Questa campagna, come previsto, ruppe le trattative di pace che Papa Gregorio aveva avviato con i Longobardi, provocando un ulteriore peggioramento dei rapporti con il pontefice, che si lamentò in seguito del comportamento dell'esarca, che aveva impedito che si giungesse a una tregua "senza alcun costo" con i Longobardi. La campagna di Romano non generò però solo lo sdegno del pontefice, ma anche la reazione di re [[Agilulfo]], che da Pavia marciò in direzione di Perugia, dove giustiziò il duca longobardo traditore Maurisione, reo di aver consegnato la città all'Impero, e poi assediò Roma, da cui si ritirò solo dopo che il Santo Padre gli pagò di tasca propria un tributo. Perugia comunque ritornò presto in mano imperiale, probabilmente nel 594.
 
Papa Gregorio Magno continuò ad insistere per una pace, cercando di convincere lo scolastico di Romano, Severo, a convincere l'esarca a firmare una tregua con i Longobardi,<ref>Papa Gregorio IMagno, ''Epistole'', V,36.</ref> ma senza alcun risultato apprezzabile; anzi, i suoi tentativi subirono la disapprovazione dell'Imperatore Maurizio, che, concordando con la politica dell'esarca Romano, accusò il Papa di infedeltà all'Impero e di stupidità per i suoi tentativi di negoziazione. Papa Gregorio, punto, rispose con un'epistola, in cui difendeva sé stesso dalle accuse mossegli, consigliando l'Imperatore di guardarsi dai suoi cattivi consiglieri, Leone e Nordulfo, "le cui asserzioni ricevono più attenzione delle mie", mentre l'Italia intera, a causa del mancato ascolto del Papa, veniva "condotta giorno dopo giorno prigioniera sotto il giogo dei Longobardi".<ref>Papa Gregorio IMagno, ''Epistole'', V,40.</ref> Le trattative di pace non andarono avanti, perché sempre ostacolate dall'esarca Romano, "la cui malizia è persino peggiore delle spade dei Longobardi, tanto che i nemici che ci massacrano sembrano dolci in comparazione con i giudici della Repubblica che ci consumano con la rapina..."<ref>Papa Gregorio IMagno, ''Epistole'', V,42.</ref> (così scrisse papaPapa Gregorio IMagno al vescovo di Sirmio nella prima metà del 596).
 
I contrasti con papaPapa Gregorio IMagno non furono però unicamente politici, ma anche dottrinali, riguardanti lo [[Scisma tricapitolino|scisma dei Tre Capitoli]] che ancora si trascinava in [[Istria]]<ref>Papa Gregorio IMagno, ''Epistole'', II, 45.</ref>. Morì mentre ancora rivestiva la carica, probabilmente per cause naturali, forse nell'aprile del 596.
 
==Note==