Demostene: differenze tra le versioni
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Demostene, trovatosi in politica nel difficile momento della "guerra sociale" del 357-355, in cui gli alleati si ribellarono ad Atene, comprese subito la pericolosità, in mezzo a queste discordie, dell'azione di [[Filippo II di Macedonia]], contro il quale incitò Atene ad intervenire prima a favore dei rodii cacciati dalla loro isola (352), poi, subito dopo, pronunciando la I Filippica contro il sovrano macedone, visto come il principale nemico della libertà greca.
Nel [[349]] Filippo, invadendo [[Olinto]], sembrò confermare la malevolenza di Demostene, che pronunciò le Olintiache appunto per convincere gli ateniesi a salvare la città loro alleata. Nonostante tutto, Olinto cadde nel 346 e gli Ateniesi dovettero accettare le condizioni della pace cosiddetta "di Filocrate", alla cui stipula fu presente Demostene e il suo avversario Eschine, da lui attaccato per cattiva condotta che aveva portato ad una pace svantaggiosa.
L'apparente rinuncia alla lotta dell'oratore coincise, però, con un politica sotterranea di resistenza antimacedone, concretizzatasi, tra il [[344]] ed i [[342]], in numerose ambascerie con cui convinse le città del [[Peloponneso]] a non accettare i trattati di pace che Filippo affermava di voler stipulare (II e III Filippica).
Nel [[340]], con l'attacco macedone a [[Perinto]] e [[Bisanzio]], nella penisola Calcidica alleata di [[Atene]], la capitale attica si sentì svincolata dalla pace di [[Filocrate]] ed il partito di Demostene riprese vigore, tanto che giunse a promulgare una legge di riarmo navale (339) e ad annettere nella coalizione antimacedone anche [[Tebe]], caposaldo strategico contro Filippo, che di fatto aveva [[Delfi]] sotto controllo.
La guerra giunse ad una tragica conclusione nel [[338]], con la battaglia di [[Cheronea]], a cui Demostene partecipò come semplice [[oplita]], assistendo all vittoria di Filippo.
Tra il [[338]] ed il [[336]], mentre a [[Corinto]] Filippo veniva riconosciuto come duce egemone di una lega panellenica contro i Persiani, Demostene, nominato, nonostante la sconfitta, ispettore agli approvvigionamenti ed alle fortificazioni, dovette difendersi contro le accuse di Eschine nel processo sulla corona, poi effettivamente pronunciato solo 6 anni dopo l'accusa (vd. sotto).
Morto Filippo, il partito antimacedone - che secondo le voci non era estraneo al delitto - riprese lena, ma nel [[335]], con la distruzione di [[Tebe]], Alessandro mostrò una linea più dura di quella paterna e richiese, tra l'altro, otto politici ateniesi traditori, tra cui Demostene ed [[Iperide]], richiesta poi non eseguita per l'inizio della spedizione antipersiana nel [[334]].
Atene, sostanzialmente indifferente all'impresa, venne però coinvolta nel [[324]], quando si scoprì che mancava una grossa parte della somma che [[Arpalo]], tesoriere di Alessandro, aveva portato con sé fuggendo dall'Asia e che era stata appositamente custodita da una commissione speciale di cui faceva parte anche Demostene, che fu accusato anche dai suoi stessi compagni di partito, con [[Iperide]] in testa. Non potendo pagare l'ingente multa cui era stato condannato, Demostene fuggì a [[Trezene]], nella primavera del [[323]].
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