Francesco Filelfo: differenze tra le versioni
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Il suo carattere lo portò a scontrarsi con [[Cosimo de' Medici]] e la sua cerchia. Così, quando Cosimo, in seguito alla lotta con la famiglia degli [[Albizzi]], fu esiliato nel [[1433]], Filelfo cercò invano di convincere la [[signoria]] a condannarlo a morte. Ovviamente, al ritorno di Cosimo a Firenze, la posizione di Filelfo non era più sostenibile. Come egli asserisce, la sua vita era già stata messa in pericolo, per volontà degli stessi [[De' Medici|Medici]]. Per questo motivo, prontamente, accettò l'invito fattogli dalla città di Siena, dove non rimase che quattro anni, dal [[1434]] al [[1438]].
La sua fama di insegnante crebbe molto in Italia, tanto che Filelfo ricevette numerose offerte da vari principi e governi. Nel [[1440]] egli accettò quella fattagli dal principe di Milano [[Filippo Maria Visconti]]. Proprio qui si svolse la maggior parte della sua carriera, durante la quale esaltò i suoi [[mecenatismo|mecenati]], i [[Visconti]] prima e gli [[Sforza]] poi, con [[panegirico|panerigirici]] e [[poema epico|poemi epici]]. Osteggiò quindi i nemici di corte, irridendoli in libelli o ridicolizzandoli con invettive; compose [[epitalamio|epitalami]] e orazioni funebri in onore di cortigiani importanti. A tutte queste attività affiancò l'insegnamento degli autori classici. Continò inoltre nella sua attività di traduttore dal greco e la sua guerra personale, fatta di scritti e polemiche, con i suoi avversari di Firenze. Scrisse inoltre [[pamphlet|''pamphlets'']] politici sui grandi eventi della storia italiana e rimase in contatto con le più alte cariche politiche del tempo (quando Costantinopoli fu presa dai [[
Le orazioni e i poemi scritti su commissione gli procurarono introiti aggiuntivi, che non erano mai sufficienti a garantirgli il tenore di vita elevato che desiderava: perciò le sue lettere, talora vere e proprie adulazioni letterarie, abbondano di richieste di denaro ai suoi patroni.
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