Movimento di Unità Proletaria: differenze tra le versioni

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Il Movimento, costituito da uomini che rappresentavano le diverse anime del proletariato e della piccola borghesia (massimalisti, riformisti, comunisti, anarchici, repubblicani di sinistra, giovani di Giustizia e Libertà), si proponeva di rinnovare i vecchi schemi della tradizione socialista italiana, per realizzare la massima unità del movimento operaio «attorno ad un programma concreto e attuale».
 
Dopo la caduta di Mussolini, durante i quarantacinque giorni, la fedeltà, che la maggioranza dei lavoratori dimostrò di avere per la vecchia bandiera del [[Partito Socialista Italiano|PSI]] non permise al M.U.P. di raccogliere l'adesione delle masse. Lelio Basso e gli altri, accortisi della realtà politica del momento, decisero nell'agosto del [[1943]] di fondersi con il Partito Socialista. La fusione portò alla costituzione del [[Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria]] (P.S.I.U.P.).
 
Durante la Resistenza, gli uomini che avevano fatto parte del M.U.P. costituirono l'ossatura ed ebbero funzioni di comando delle formazioni Matteotti in Piemonte ([[Renato Martorelli]]), Lombardia ([[Corrado Bonfantini]]), Emilia-Romagna (Fernando Baroncini) e nel Lazio ([[Carlo Andreoni]]).