Caduta della Repubblica Sociale Italiana: differenze tra le versioni
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{{citazione necessaria|Ci fu anche un confuso tentativo di passaggio di consegne ''socialistico'', com'era stato proposto da [[Carlo Silvestri]] nelle sue visite a Gargnano, che però fu prontamente respinto dai dirigenti del [[PSIUP]] a cui fu rivolto. }} Nel pomeriggio del 25 aprile nell'Arcivescovado di Milano si erano rifugiati molti gerarchi: insieme a [[Rodolfo Graziani|Graziani]] vi erano [[Paolo Zerbino]] e [[Francesco Maria Barracu|Francesco Barracu]] oltre il Capo Provincia Mario Bassi e l'industriale Gian Riccardo Cella (aveva acquistato [[Il Popolo d'Italia]] per 50 milioni di lire); lo scoraggiamento che vi regnava contribuì a indurre Mussolini all'improvviso scioglimento del Governo.
Nel contempo venivano esonerati dal combattere, ma anche privati di protezione e orientamenti, gli italiani che avevano militato sotto le insegne della RSI: militari, iscritti al [[Partito Fascista Repubblicano|PFR]] e dipendenti statali. La decisione di Mussolini di lasciare Milano in balia di sé stessa e di affrontare il suo futuro nella massima incertezza risulterà tragica per molti. Rifiutata la fuga in aereo verso l'ospitale Spagna, Mussolini forse riteneva ancora possibile un indiretto contatto con [[Winston Churchill]] e attuabili le promesse protezioni tedesche a Merano o, con un aereo da Chiavenna, in Baviera. Invece, anch'egli allo sbando, fuggì su una autoblindo della Brigata Nera di Lucca comandata dal Capitano Evandro Tremi, che precedeva l'autocolonna del Maggiore Hermann Schallmeyer della [[Flak]]-avvistamenti, comprendente anche l'automezzo del Tenente [[Fritz Birzer]] e i pochi armati del Tenente Willy Flamminger (che da Musso tornarono a Como).
Fu riconosciuto malgrado un sommario travestimento poco dopo le 4 del pomeriggio del 27 aprile a [[Dongo (Italia)|Dongo]], divenne un prigioniero scomodo e con urgenza il [[CLNAI]] confermò la sentenza di morte del 16 agosto [[1944]]. {{citazione necessaria|Mussolini accolse la richiesta del cardinale [[Ildefonso Schuster]] di disarmare o allontanare i reparti che presidiavano Milano}} evitando ulteriori scontri cruenti casa per casa. I primi armati a entrare a Milano furono i Garibaldini dell'[[Oltrepò Pavese]], il 28 aprile alle ore 17.30, nell'attesa dei vincitori angloamericani, che, nonostante la mancanza di notizie, non potevano esser lontani.
La [[United States Army North|Quinta Armata]] americana il 25 aprile aveva cinque divisioni oltre il Po, e una di queste, la 1ª, con oltre diecimila carristi e settecento cingolati, da Cremona puntava su Torino e la Val d'Aosta, mentre una seconda, la 34ª, da Brescia marciava su Bergamo, diretta a Como e poi in Piemonte. Non sollecitate da niente e da nessuno, truppe americane raggiungeranno il centro di Milano il 29 aprile [[1945]]. In Arcivescovado, appena dopo aver confermato la rinuncia alla difesa di Milano e stante la diserzione dei tedeschi ai ''colloqui a tre'', Mussolini disse ai delegati del CLNAI [[Raffaele Cadorna Jr]], [[Riccardo Lombardi (politico)|Riccardo Lombardi]] e [[Achille Marazza]] che non poteva dare prima di un'ora una risposta alle richieste di ''resa incondizionata''. Una risposta che non fu mai data, perché Mussolini abbandonerà la Prefettura, diretto a Como, alle 8 di sera dello stesso 25 aprile, con accanto [[Nicola Bombacci]] e con [[Rodolfo Graziani|Graziani]] nell'automezzo della scorta SS comandata da [[Fritz Birzer]].
Fino all' ultimo Pavolini tentò di convincerli a unirsi agli uomini già presenti in [[Valtellina]] per un'ultima simbolica resistenza nel [[ridotto alpino repubblicano]]. Mussolini venne giustiziato a [[Giulino]] il 28 aprile alle ore 16.30. Il suo cadavere, assieme a quelli dell'amante [[Clara Petacci|Claretta Petacci]] e dei quindici gerarchi fucilati a [[Dongo]], venne portato nella notte a [[Milano]] dove venne esposto in [[Piazzale Loreto]].
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