Monarcomachi: differenze tra le versioni
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Vi era un errore: il Policraticus fu scritto prima della morte di Beckett e l'intento non fu quello di vendicarlo, bensì di ammonire lui ed il sovrano dai rischi della loro condotta. |
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Il termine "''monarcomaco''" fu introdotto dal [[giurista]] [[Scozia|scozzese]] [[William Barclay]] nel trattato ''De regno et regali potestate'' ([[1600]]). L'attività dei monarcomachi si esplicò durante l'epoca delle [[guerre di religione francesi]] nella seconda metà del XVI secolo.
La [[Pamphlet|libellistica]] monarcomaca si pone anche all'origine delle teorizzazioni sul [[contratto sociale|contrattualismo]], la [[Principio di sovranità popolare|sovranità popolare]] e il [[giusnaturalismo]]. L'idea del tirannicidio era già stata teorizzata da [[Giovanni di Salisbury]] che nel ''Policraticus'' (1159) sostiene, seppur in maniera ambigua e non senza ripensamenti, la legittimità della ribellione contro gli abusi del monarca.<blockquote>"Porro tyrannum occidere non modo licitum est sed aequum et iustum. Qui gladium accipit, gladio dignus est interire"</blockquote><blockquote>"Inoltre, l'uccisione di un tiranno non è solo un atto lecito, bensì auspicabile e giusto. Chi si impossessa (illegittimamente) della spada, è degno di perire per questa"</blockquote>
== Le teorie monarcomache Le teorie furono accolte tanto in seno al [[protestantesimo]] (sostenute da personalità come [[George Buchanan (umanista)|George Buchanan]] e [[Charlotte Duplessis-Mornay]], autore insieme a [[Hubert Languet]], secondo teorie non del tutto accertate, delle ''[[Vindiciae contra tyrannos]]'' del [[1579]]), quanto in seno al [[chiesa cattolica|cattolicesimo]] come diritto alla difesa dell'ortodossia contro il prevalere di confessioni ritenute eretiche o ostili (difese dai [[Compagnia di Gesù|gesuiti]] [[spagnoli]] [[Juan de Mariana]] e [[Francisco Suárez]], autori rispettivamente del ''De rege et regi institutione'' ([[1598]]) e del ''Tractatus de Legibus ac de Deo legislatore'' ([[1612]]) e dal [[cardinale]] [[Roberto Bellarmino]]). Altri monarcomachi protestanti furono [[François Hotman]] (autore di ''Francogallia'' del [[1573]] in cui, sulla base di una analisi della storia istituzionale della [[Sovrani di Francia|monarchia francese]], accusava l'autorità persecutrice dei re e invocava il primato dell'"assemblea popolare" contro gli abusi dei sovrani), [[Teodoro di Beza]], autore del trattato ''Du droit des magistrats sur leurs sujets'' ([[1575]]), [[Odet de La Noue]], [[Johannes Althusius]] e il [[riformismo|riformatore]] scozzese [[John Knox]]. I monarcomachi ritenevano che ogni regime politico dovesse fondarsi sul consenso del popolo, quandanche il potere del sovrano (prerogativa popolare trasferita pro tempore al sovrano) dipendesse dal volere di [[Dio]]. Il patto intervenuto in origine fra re e popolo sanciva la subalternità del monarca alla legge (e non poteva essere ammessa la subordinazione della legge al monarca). Emandando ogni potere da Dio, la stessa rivolta e il medesimo tirannicidio venivano giustificati dal patrocinio divino. Nel 1575 Teodoro di Bèze, che subentrò a [[Giovanni Calvino|Calvino]] come capo della [[Protestantesimo|chiesa protestante]] [[Ginevra|ginevrina]], che sosteneva l'esistenza di un "contratto" tacito tra re e popolo che obbligherebbe il primo ad agire nel rispetto del secondo, in ''Du droit des Magistrats sur leurs sujets'' giunse a invocare l'idea dell'assassinio ispirato da Dio, dunque lecito, contro quei monarchi divenuti persecutori.<ref name=ref1>{{cita libro|Koenigsberger| H.G., Mosse G.L., Bowler G.Q.| L'Europa del Cinquecento | [[2004]] | [[RCS MediaGroup|RCS]] | [[Milano]]}} pp. 407-411</ref> Un opuscolo anonimo del [[1578]] affermava che legittimo era il diritto del popolo a uccidere il tiranno, che sarebbe stato ottemperato solo da eletti chiamati da Dio stesso.<ref name=ref1/>
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