Enore Zaffiri: differenze tra le versioni

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Nel [[1972]] l'editoriale «Pianeta» produce il primo disco LP dello SMET, un 33 giri con composizioni di Zaffiri, Ferrero, Gribaudo, Giovanni Sciarrino. Dopo un lungo processo creativo durato più di un anno, intanto, va in scena a Torino un esempio di teatro totale basato sul romanzo di Sanguineti "''Il giuoco dell'oca''", realizzato per l'inaugurazione della galleria Stein ad opera dei componenti più qualificati dello Studio di Musica Elettronica. La tecnica compositiva vede il concorso paritario di musica, danza, recitazione, immagini (diapositive e filmati in Super8). Collaborano, per la regia e coreografia, Anna Sagna; per le immagini Enore Zaffiri e Giovanni Sciarrino; alle musiche Giorgio Moschetti, [[Lorenzo Ferrero]] e Zaffiri; il libretto è di Maurizio Chatel. Ma ancora una volta, come a compimento di un ciclo creativo e linguistico, il gruppo di collaboratori che gravitano attorno allo SMET si scioglie. Ufficialmente, lo SMET diventa il "Corso di musica elettronica del conservatorio G. Verdi"; accanto a Zaffiri, in un sodalizio artistico e umano basato sulle diverse, specifiche competenze e un comune sentire spirituale ed emotivo, rimangono Maurizio Chatel e il [[soprano]] Ellen Kappel, che diventerà anche la compagna del musicista. Dall'unione con la Kappel nascerà l'unica figlia del compositore, Ingrid.<br/>
Dal [[1973]] Zaffiri incrementa i componimenti per voce e sintetizzatore: i primi sono ''Cinque paesaggi'' su testi di Eliot, e ''The Dark Lady'' su testi di Shakespeare, scritto in collaborazione con Felice Quaranta per voce, due sintetizzatori e flauto, viola, cembalo. Nello stesso anno nasce una proficua e stretta collaborazione con i componenti del gruppo musicale torinese della "Camerata Casella": Enrico Correggia e Alberto Peyretti. In una, per lui inusuale, ma serena solitudine, Zaffiri dà intanto il via a un nuovo genere di creazioni musicali: le trascrizioni di musica classica per sintetizzatore, il cui numero diventerà imponente. La «Hofhaus Presse» di [[Düsseldorf]] pubblica un 33 giri con ''Progetto Q/81'', pensato in collaborazione col pittore Calderara, in edizione numerata. Su proposta di Pietro Righini, Zaffiri scrive ''La musica elettronica al di là del laboratorio'', volume edito nel [[1976]] dall'editore Zaniboni. <br/>
Il [[1974]] è un anno di fermenti e novità all'interno del corso di musica elettronica: si forma spontaneamente tra gli allievi un gruppo di improvvisazione, per strumenti acustici e sintetizzatore, che ricalca le poetiche di [[Karlheinz Stockhausen|Stockhausen]] e [[John Cage|Cage]], tra scrittura e [[AleaMusica (musica)aleatoria|alea]]. Il corso si allarga con seminari interdisciplinari tenuti dagli iscritti laureandi o già laureati: gli argomenti vanno dalla [[Dodecafonia]] alla [[matematica]] alla [[letteratura]] del [[XX secolo|Novecento]]. Il saggio di fine anno vede la rappresentazione di un singolare esperimento di Maurizio Chatel: la riduzione in cortometraggio animato della fiaba di Saint Exupery ''Il piccolo principe'', realizzata sulla base di circa 600 disegni di bambini delle scuole elementari torinesi. Le musiche elettroniche che accompagnano le immagini, di Zaffiri e Chatel, sono le stesse che hanno precedentemente ispirato i piccoli artisti nell'illustrazione del racconto. Il 14 ottobre la «Camerata Casella» presenta, sul prestigioso palcoscenico del [[Piccolo Regio]] di Torino, ''Raptus'', con musiche di Zaffiri e Quaranta e testo di Maurizio Chatel. Quest'operina di carattere settecentesco rappresenta il primo tentativo di "ri-creazione da camera", una forma teatrale dominata dalla citazione letteraria, musicale e figurativa. Interprete e protagonista assoluta è Ellen Kappel. A fine anno esce il terzo disco con musiche di Zaffiri: ''Policromie'', per voce e sintetizzatore, su testi del pittore Antonio Calderara, edito dai Quaderni dello Studio "V" di Vigevano.<br/>
Nel [[1975]], sempre in collaborazione con l'amico Calderara, Zaffiri pubblica il suo quarto disco: ''Omaggio a Vivaldi'', edito da «Linea V Brugherio» in edizione numerata. La televisione nazionale, seconda rete, riprende in settembre una sintesi di ''Raptus''. Sempre alla RAI, e con la collaborazione di [[Vittorio Gelmetti]], Zaffiri inizia la produzione di musiche per radiodrammi; mentre la «Camerata Casella» ospita la seconda ri-creazione da camera di Zaffiri e Chatel: ''Il peccato originale''. <br/>
Nel [[1976]], al [[Teatro regio]] di Torino, in occasione della prima esecuzione dell'opera ''L'imperatore Jones'' di Sandro Fuga, Zaffiri cura alcuni intermezzi elettronici. Fa intanto la sua comparsa il sintetizzatore della ARP modello 2600, per il quale egli scrive ''Put Down'', su testi di [[Jack Kerouac|Kerouac]] e [[Philip Lamantia|Lamantia]]; a causa di questi testi il Festival di Musica elettronica di [[Varsavia]] respinge la partecipazione del musicista torinese. Intanto, il conservatorio di Torino ha un nuovo direttore, Felice Quaranta, che sollecita attività musicali d'avanguardia: la classe di musica elettronica è finalmente attrezzata con nuove apparecchiature; esse offrono la possibilità di creare un nuovo gruppo d'improvvisazione, totalmente rinnovato dal punto di vista dell'ispirazione e dei metodi. Il gruppo, di cui fanno parte Filippo Testa, Felice Cardone, Alberto Vignani, Maurizio Chatel, Zaffiri stesso ed Ellen Kappel per la voce (più tardi si aggregherà Andrea Pavoni Belli, che diventerà anche il tecnico del suono dello Studio), girerà l'Europa con concerti di successo. <br/>
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La "''Computer Art''" rappresenta il compimento circolare di un'esperienza estetico-creativa che racchiude in sé tutta la vita dell'artista torinese. Abbiamo esplicitato altrove i fondamenti linguistici e strutturali di questa nuova fase creativa; qui aggiungeremo soltanto alcune considerazioni sul significato generale della scelta di questo linguaggio, che oggi costituisce l'ultimo tentativo di generare un movimento d'avanguardia nella storia della cultura visiva.
Ciò che colpisce nella fruizione di questi "quadri sonori digitali", apparsi negli ultimi dieci anni in alcune rare mostre, è la persistenza di un dato "storico" quale quello della cifra sperimentale alla base della loro stessa struttura sintattica e produttiva, quasi che Zaffiri (o Marcella Chelotti, Ida Generosa, Pietro Grossi, Luciano Romoli e il più giovane Paolo Zaffiri, nipote del nostro compositore, per non citare che gli artisti ospitati nella collettiva della Biblioteca nazionale di Firenze) non possa, per la sua stessa formazione personale, staccarsi dalle proprie origini, nutritesi alle fonti stesse della cultura europea e dell'Avanguardia storica primonovecentesca. <br/>
D'altro lato, tuttavia, la scelta del supporto espressivo appare nuovamente determinante per la formazione di un gusto complessivo, come furono gli affreschi nel [[Trecento]] o gli olii nel [[Settecento]]: in altre parole, mentre la pittura contemporanea scivola sempre più nell'anonimato di un linguaggio materialmente inadatto ad esprimere il nostro tempo&nbsp;– che non è più quello dei salotti o dei musei nei quali scrutare da vicino la forma materiale di un dipinto -, la Computer Art pare essere un veicolo nello stesso tempo ineffabile e "comprensibile", per la sua stessa qualità materiale, a un pubblico assuefatto alla visione digitalizzata e alla "manipolazione" di gerghi informatici anche complessi. In conclusione, se è arduo "educare" all'arte moderna attraverso la visione diretta di un Kandiski, così potrebbe non essere a fronte di un'opera strutturata in forma ipertecnologica, all'immediata portata delle attese oggi più diffuse in merito a cosa la cultura dovrebbe offrire. In quest'ultimo senso, Zaffiri non fa dunque che confermare la sua qualità più sottaciuta ma coerente: quella cioè di essere un artista "difficile" ma, sostanzialmente, "compreso" e, per lunghi anni, anche amato dai pubblici coi quali ha instancabilmente dialogato.<br/>
 
==Note==