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=== Dialogo di Tristano e di un amico ===
{{citazione|[...] Se mi fosse proposta da un lato la fortuna e la fama di Cesare o di Alessandro netta da ogni macchia, dall'altro di morir oggi, e che dovessi scegliere, io direi, morir oggi, e non vorrei tempo a risolvermi.|ibidem}}
 
{{leggi il testo|sezione=s|[[s:Operette morali/Dialogo di Tristano e di un amico|Dialogo di Tristano e di un amico]]}}
Scritto nel [[1832]], non prima di maggio, a [[Firenze]],<ref name="Firenze1834" /> è l'ultima delle Operette morali.<ref>Per i contenuti cfr. la lettera al De Sinner del 24 maggio 1832, Pensieri, LIV e Zibaldone, 4525; 2672; 96; 125; 473; 1332; 1601; 1631-1632; 358; 830-836; 646; 4269-4270; 4271-4272; 4354.</ref>
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Tornano riflessioni già affrontate in altre testi e più compiutamente in Plotino e Porfirio. La morte come fine delle sofferenze rimanda ad una conclusione cercata fuori dalla finzione narrativa ed è un effetto di costante sospensione per un finale che non arriva mai, incontrato spesso lungo tutta la lettura delle operette.
 
{{citazione|[...] io non mi sottometto alla mia infelicità, né piego il capo al destino, o vengo seco a patti, come fanno gli altri uomini; e ardisco desiderare la morte, e desiderarla sopra ogni cosa, con tanto ardore e con tanta sincerità, con quanta credo fermamente che non sia desiderata al mondo se non da pochissimi. [...] Troppo sono maturo alla morte, troppo mi pare assurdo e incredibile di dovere, così morto come sono spiritualmente, così conchiusa in me da ogni parte la favola della vita, durare ancora quaranta o cinquant’anni, quanti mi sono minacciati dalla natura. Al solo pensiero di questa cosa io rabbrividisco. [...] Oggi non invidio più né stolti né savi, né grandi né piccoli, né deboli né potenti. Invidio i morti, e solamente con loro mi cambierei. [...] Se ottengo la morte morrò così tranquillo e così contento, come se mai null'altro avessi sperato né desiderato al mondo. Questo e il solo benefizio che può riconciliarmi al destino[. Se mi fosse proposta da un lato la fortuna e la fama di Cesare o di Alessandro netta da ogni macchia, dall'altro di morir oggi, e che dovessi scegliere, io direi, morir oggi, e non vorrei tempo a risolvermi..]|ibidem}}
 
''Un mio amico'', chiamato a testimoniare la ''mediocrità diffusa'' del nostro secolo, è [[Gino Capponi]].