Genji monogatari: differenze tra le versioni
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== Trama ==
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Il romanzo narra la vita di [[Hikaru no Genji|Genji]], un figlio dell'[[Imperatore del Giappone]], conosciuto anche come ''Hikaru Genji'', Genji lo splendente. Nessuno dei due epiteti tuttavia è il suo vero nome. ''Genji'' è semplicemente un modo di leggere il [[kanji]] che indica il clan [[Minamoto]], realmente esistito, dal quale [[Genji]] era stato adottato per ordine imperiale; per ragioni politiche infatti, Genji non poteva appartenere ufficialmente al ramo principale della famiglia imperiale e dovette iniziare la sua carriera politica da semplice funzionario di corte.
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== Contesto letterario ==
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Poiché fu scritto per venire incontro al gusto delle dame di corte del [[Giappone]] dell'XI secolo, l'opera presenta delle asperità per il lettore moderno. Per prima cosa, la lingua di Murasaki, il [[Lingua giapponese tardoantica|giapponese]] parlato a corte nel [[periodo Heian]] aveva una grammatica estremamente complessa. Un altro problema è che chiamare qualcuno per nome era considerato volgare nella società del tempo, perciò nessuno dei personaggi viene chiamato col proprio nome nel romanzo; ci si rivolge agli uomini facendo riferimento al loro rango od alla loro posizione a corte, ed alle donne facendo riferimento al colore dei loro abiti, alla loro residenza, alle parole usate in un incontro od al rango o posizione ricoperta da un loro parente uomo. Di conseguenza, a seconda del capitolo si possono trovare per i medesimi personaggi appellativi diversi.
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Un altro aspetto del linguaggio è l'importanza che riveste l'uso della [[poesia]] nella conversazione. Modificare o rielaborare un classico a seconda della situazione del momento era un comportamento codificato nella vita di corte del tempo, e spesso serviva a comunicare attraverso sottili allusioni. Le poesie nel ''Genji'' sono spesso dei [[waka]]. La gran parte di essi era ben conosciuta dal lettore di riferimento, perciò ne vengono citati solamente i primi versi, ed il lettore è invitato a completarli da solo, proprio come oggi potremmo dire "tanto va la gatta al lardo..." e lasciare sottinteso il resto del proverbio ("...che ci lascia lo zampino").
Come la stragrande maggioranza delle opere letterarie Heian, il ''Genji'' era stato redatto in buona parte (se non interamente) in [[kana]] (caratteri fonetici giapponesi) e non in [[kanji]] (sinogrammi o caratteri cinesi), poiché era rivolto ad un pubblico prevalentemente femminile. La scrittura in sinogrammi era allora considerata prerogativa maschile e le donne potevano servirsi del cinese solo marginalmente e con discrezione, per non passare per saccenti.
Proprio per questo al di là del lessico relativo alla politica ed al [[buddhismo]], il ''Genji'' contiene poche parole prese in prestito dal [[lingua cinese|cinese]]. Ciò conferisce alla lettura un ritmo più scorrevole ed uniforme, tuttavia crea anche dei problemi di interpretazione, poiché in giapponese sono numerosissime le parole [[Omofonia (linguistica)|omofone]] il cui significato è generalmente chiarito dai sinogrammi, perciò per il lettore moderno spesso il contesto è insufficiente per scegliere il significato giusto.
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* ''La signora della barca. Il ponte dei sogni'', di Murasaki Shikibu, traduzione italiana a cura di P. Jahier, dalla versione inglese di Arthur Waley, 473 pg, Bompiani 1944 - 2002. Comprende i capitoli dal 42 al 54 (detti anche "Capitoli di Uji")
* ''Genji - il principe splendente'', di Gian Carlo Calza, 79 pg, Electa 2008
* ''La storia di Genji'', di Murasaki Shikibu, traduzione italiana a cura di Maria Teresa Orsi, 56+1440 pg, Einaudi 2012. ISBN 978-88-06-14690-0. Prima traduzione italiana dal giapponese antico, comprende tutti i 54 capitoli
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[[Categoria:Opere letterarie giapponesi]]
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