Scultura greca classica: differenze tra le versioni
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== Definizione ==
[[File:Apollo Belvedere 3.2.jpg|thumb|left|[[Leocares]], ''[[Apollo del Belvedere]]'' (copia da un originale del 350 a.C. circa)]]
Le testimonianze artistiche greche nel tempo hanno rivestito un ruolo assolutamente unico nella storia culturale dell'Occidente. Nel [[Rinascimento]], quando non si distingueva ancora tra modelli greci e successivi sviluppi romani, si formò il termine "classico" che intendeva quel modello antico di valenza ideale, a cui si riconosceva cioè il merito di essere giunto a una perfezione formale<ref name=DVC28>De Vecchi-Cerchiari, cit.,. p. 28.</ref>. La parola "classico" deriva dal [[lingua latina|latino]] "classicus", che intendeva la prima classe dei cittadini, e già nella tarda latinità era stata usata per indicare gli scrittori "perfetti", considerati modelli di stile e impareggiabili nella forma<ref name=DVC28/>. Il termine passò poi dal campo della letteratura a quello delle arti visive<ref name=DVC28/>.
Il termine, inoltre, ha un significato più stretto nello specifico dell'arte greca, poiché indica quella fase tra V e IV secolo in cui la produzione artistica raggiunse un particolare livello di eccellenza e, in ogni caso, diverso dai periodi precedenti e successivi<ref name=DVC28/>. A tale definizione contribuirono anche gli scrittori romani come [[Plinio il Vecchio]], [[Cicerone]] e [[Quintiliano]], che già tracciando un'evoluzione dell'arte antica arrivarono alla conclusione che in tale periodo si era registrato un apogeo estetico e culturale<ref name=DVC28/>. Tale concezione evoluzionistica, che sottintendeva una fase precedente più "rozza" ([[scultura greca arcaica|arcaica]]) e una successiva più "decadente" ([[scultura ellenistica|ellenismo]]), percorse i secoli fino ad arrivare al Settecento quando fu ripresa da [[Winckelmann]], colui che è considerato il fondatore degli studi sull'arte antica. Egli fece proprie le considerazioni sull'arte dei secoli V e IV a.C., indicandola come modello perfetto e irripetibile da adottare come ideale senza tempo, come si applicò ad esempio nel [[Neoclassicismo]]<ref name=DVC29>De Vecchi-Cerchiari, cit., p. 29.</ref>.
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== Contesto storico-politico ==
[[File:Doryphoros MAN Napoli Inv6011.jpg|thumb|upright=0.8|[[Policleto]], ''[[Doriforo]]'' (copia romana da un originale greco in bronzo del 450 a.C. circa)]]
Nella seconda metà del V secolo a.C. l'orgoglio delle popolazioni elleniche era più che mai esaltato dalle vittorie sui Persiani ([[battaglia di Maratona]] del [[490 a.C.]], [[battaglia di Salamina]] del [[480 a.C.]]) e [[Atene]], che aveva avuto un ruolo decisivo, si propose alla testa di un impero di [[polis]] confederate, aspirando all'egemonia sull'intera Grecia<ref name=DVC64/>.
Secondo l'interpretazione evoluzionistica della storia dell'arte, in questo periodo si sarebbe raggiunto il vertice soprattutto con due personalità, [[Policleto]] e [[Fidia]], i quali imposero a tutta l'arte del tempo un'impronta legata alle loro innovazioni<ref name=DVC64/>.
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=== Policleto ===
[[Policleto]], attivo tra il [[465 a.C.|465]] e il [[417 a.C.]] circa, prima nel [[Peloponneso]] e poi ad [[Atene]], è considerato l'iniziatore della fase classica della scultura, grazie alla sistemazione razionale degli studi sull'armonia e sulla proporzione umana nel suo [[Canone di Policleto|Canone]], un trattato perduto ma noto da citazioni in fonti successive. Durante la creazione del ''[[Doriforo]]'', una delle sculture più replicate dell'antichità, effettuò una serie di misurazioni su giovani arrivando a stabilire un modulo proporzionale, come [[modulo (architettura)|quello architettonico]], che regolasse le misure anatomiche. Inoltre approfondì il tema del [[chiasmo (scultura)|chiasmo]], ovvero il ritmo incrociato che genera opere eleganti e sciolte, di estrema naturalezza<ref name=DVC64>De Vecchi-Cerchiari, cit., pp. 64-65.</ref>.
Tra i suoi capolavori, oltre al ''[[Doriforo]]'', il ''[[Diadoumeno]]'', in cui si raggiunge già quel sublime equilibrio tra naturalismo e idealizzazione: gli uomini raffigurati sono reali (tema della ''mimesis'', "imitazione" della natura), ma privi di imperfezioni<ref name=DVC64/>.
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=== Fidia ===
[[File:Iris Parthenon BM.jpg|thumb|Fidia, ''[[Frontoni del Partenone|Iris]]'' (440-432 a.C. circa)]]
[[Fidia]], contemporaneo di Policleto, fu tra gli scultori più influenti della sua epoca. Ateniese, già formatosi come bronzista di successo, venne incaricato da [[Pericle]] di soprintendere alla decorazione scultorea del [[Partenone]]. Dopo aver realizzato una colossale ''[[Atena Promachos|Atena]]'' sull'[[Acropoli di Atene|Acropoli]], si dedicò al [[simulacro]] del nuovo tempio, e poi ai [[frontoni del Partenone|frontoni]], alle metope e al fregio interno della cella. In queste opere dimostrò la capacità di costruire figure dinamicamente mosse e di grande vitalità, che interagiscono liberamente con lo spazio circostante<ref>De Vecchi-Cerchiari, cit., pp. 66-67.</ref>.
Il suo panneggio tipico, a "[[panneggio bagnato|effetto bagnato]]", aderisce al corpo con pieghette vicine e mai schematiche, che creano innovativi effetti di chiaroscuro. Grande innovatore, cercò soluzioni sempre diverse, come nella celebre [[statua di Zeus a Olimpia|statua di Zeus]] [[crisoelefantina]] già a [[Olimpia]]<ref>De Vecchi-Cerchiari, cit., p. 68.</ref>.
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=== Skopas ===
[[File:Skopas menade pushkin2.jpg|thumb|left|upright=0.7|Skopas, la ''[[Menade danzante]]'' (copia), 330 a.C. circa]]
[[Skopas]], attivo tra il 370 e il 330 a.C. circa, fu più rivoluzionario, introducendo elementi che ebbero poi una vasta risonanza soprattutto durante l'[[scultura ellenistica|ellenismo]]. Già in opere frammentarie, come i resti dei [[frontoni del tempio di Atena Alea]] a [[Tegea]], si nota una maggior infossatura delle orbite oculari, che danno all'espressione una maggiore ombreggiatura e quindi intensità, nonché un'accentuazione patetica dei sentimenti (sguardi rivolti verso l'alto, bocche semiaperte)<ref>De Vecchi-Cerchiari, cit., p. 72.</ref>.
La sua opera più celebre è la ''[[Menade danzante]]'' (330 a.C. circa). L'agitazione che pervade tutta la figura della [[menade]] viene resa dall'impetuosa torsione a vortice che, dalla gamba sinistra, passa per il busto e il collo sino alla testa, gettata all'indietro e girata, a seguire lo sguardo, verso sinistra; il volto è pieno, bocca naso e occhi sono ravvicinati, questi ultimi schiacciati contro le forti arcate orbitali per conferire maggiore intensità all'espressione. Il totale abbandonarsi del corpo alla passione è sottolineato anche dalla massa scomposta dei capelli, dall'arioso movimento del [[chitone]] che, stretto da una cintura appena sopra la vita, si spalanca nel vortice della danza, lasciando scoperto il fianco sinistro, e dal forte contrasto chiaroscurale tra panneggi e capigliatura da una parte e superfici nude dall'altra. Le braccia, perdute, dovevano seguire la generale torsione del corpo<ref>De Vecchi-Cerchiari, cit., p. 73.</ref>.
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[[Plinio il Vecchio]] espresse su Lisippo, artista di corte di [[Alessandro Magno]], un giudizio che racchiude molto dell'opinine di cui esso godeva nel mondo antico ed è ancora oggi in massima parte valido: «È fama che Lisippo abbia contribuito molto al progresso dell'arte statuaria, dando una particolare espressione alla capigliatura, impicciolendo la testa rispetto agli antichi, e riproducendo il corpo più snello e più asciutto; onde la statua sembra più alta. Non c'è parola latina per rendere il greco ''symmetria'', che egli osservò con grandissima diligenza sostituendo un sistema di proporzioni nuovo e mai usato alle statue "quadrate" degli antichi. E soleva dire comunemente che essi riproducevano gli uomini come erano, ed egli invece come all'occhio appaiono essere. Una sua caratteristica è di aver osservato e figurato i particolari e le minuzie anche nelle cose più piccole<ref>''[[Naturalis Historia]]'', XXXIV, 65.</ref>».
È chiaro come Lisippo andò oltre il [[canone di Policleto]], introducendo in scultura quegli accorgimenti prospettici che già venivano usati in architettura. Per i Greci infatti la visione si materializzava attraverso sfere successive che si propagavano dalla forma dell'occhio e che influenzavano la percezione degli oggetti stessi, deformandoli. In questo senso va motivata la riduzione della testa, rispetto alla misura tradizionale di 1/8 del corpo, e accentuando lo slancio dei corpi snelli e longilinei<ref name=DVC74>De Vecchi-Cerchiari, cit., p. 74.</ref>.
L<nowiki>'</nowiki>''[[Apoxyómenos]]'', con la sua proiezione delle braccia in avanti, è considerata la prima scultura pienamente tridimensionale dell'arte greca, che per essere apprezzata appieno richiede che lo spettatore vi faccia il giro attorno<ref name=DVC74/>.
Inoltre, in qualità di ritrattista del sovrano, Lisippo è considerato il fondatore del ritratto fisionomico e individuale che, riproducendo l'aspetto esteriore del soggetto, ne suggeriva anche le implicazioni [[psicologia|psicologiche]] ed emotive. Fino ad allora infatti il particolare senso collettivo delle città greche aveva frenato l'interesse verso la rappresentazione dell'individuo e tutti i ritratti dei secoli precedenti (come quelli di [[Pericle]], di [[Socrate]], di [[Eschilo]]...) sono da considerarsi dei puri "tipi" ideali (l'eroe, il filosofo, il letterato)<ref name=DVC74/>.
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{{Arte greca}}
{{Portale|Antica Grecia|scultura}}
[[Categoria:Scultura nell'antica Grecia| classica]]
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