Operazione Deny Flight: differenze tra le versioni
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{{Doppia immagine|right|Jeremy M. Boorda.jpg|150|Admiral Leighton Smith, official military photo, 1991.jpg|150|I comandanti dell'[[Allied Joint Force Command Naples|AFSOUTH]] durante l'operazione Deny Fligt: a sinistra l'ammiraglio [[Jeremy Boorda]], a destra l'ammiraglio [[Leighton Smith]]}}
La direzione dell'operazione Deny Flight fu assegnata all'[[Allied Joint Force Command Naples|Allied Forces Southern Europe]] (AFSOUTH), il comando della NATO con sede a [[Napoli]] responsabile per le operazioni nell'Europa meridionale, retto in quel momento dall'[[ammiraglio]] statunitense [[Jeremy Boorda]]. Gli aerei da combattimento assegnati all'operazione furono riuniti nella 5ª Forza aerea tattica alleata (5 ATAF), la quale ricevette contingenti di velivoli da Stati Uniti, [[Regno Unito]], [[Francia]], [[Paesi Bassi]], [[Spagna]] e [[Turchia]]; aerei da ricognizione furono forniti da [[Germania]] e [[Portogallo]], mentre il [[Canada]] e l'[[Italia]] misero a disposizione solo aerei da trasporto<ref name=Ripley-81-83>{{cita|Ripley|pp. 81-83}}.</ref>. Per i francesi la partecipazione a Deny Flight rappresentò la loro piena reintegrazione nella NATO, dopo la formale uscita di [[Parigi]] dalla struttura militare dell'alleanza decisa nel 1968, mentre per i tedeschi l'operazione fu la prima missione militare operativa condotta fuori dai propri confini dalla fine della [[seconda guerra mondiale]]<ref>{{cita|Pirjevec|pp. 265-266}}.</ref>. Gli aerei della 5 ATAF operavano principalmente a partire dall'Italia, in particolare dalle basi aeree [[Base aerea di Aviano|di Aviano]], [[Base aerea di Sigonella|di Sigonella]], [[Aeroporto di Gioia del Colle|di Gioia del Colle]] e [[Aeroporto di Verona-Villafranca|di Villafranca]], oltre che dalle [[portaerei]] dislocate in Adriatico (si alternarono in questi compiti le statunitensi {{nave|USS|Theodore Roosevelt|CVN-71|6}} e {{nave|USS|America|CVA-66|6}}, le britanniche {{nave|HMS|Invincible|R05|6}} e {{nave|HMS|Ark Royal|R07|6}},
Le regole d'ingaggio stabilite per l'operazione erano conseguenza dei rapporti tra l'Occidente e la [[Russia]], tradizionalmente vicina ai serbi, nonché delle contese interne alla stessa alleanza atlantica: gli Stati Uniti erano favorevoli a impiegare la forza aerea per costringere le parti in conflitto a rispettare le risoluzioni dell'ONU, ma non avevano alcuna intenzione di dispiegare nei Balcani truppe da combattimento terrestri, men che meno sotto il comando delle Nazioni Unite; Regno Unito e Francia, al contrario, avevano fornito alla missione UNPROFOR in Bosnia ampi contingenti di truppe e temevano che azioni decise potessero spingere i belligeranti a rivalersi sui caschi blu sul terreno, dotati solo di armi leggere e dispersi in piccole guarnigioni, con conseguente necessità di inviare altri reparti per tirare fuori dai guai le unità dell'ONU<ref>{{cita|Pirjevec|pp. 255, 276}}.</ref><ref>{{cita|Finlan|p. 43}}.</ref>. Conseguentemente, gli aerei della 5 ATAF potevano aprire il fuoco solo contro i velivoli scoperti all'interno della zona d'interdizione e attivamente impegnati in un combattimento: gli aerei e gli elicotteri che violavano la zona d'interdizione ma che non partecipavano direttamente a combattimenti potevano solo essere invitati ad atterrare o a lasciare la zona, anche "sfiorandoli" ad alta velocità per costringerli a ciò; gli aerei NATO non potevano inseguire altri velivoli al di fuori dello spazio aereo della Bosnia ed Erzegovina, e non potevano sparare su postazioni al suolo nemmeno se da esse fosse stato fatto fuoco su di loro<ref name=Pirjevec-265 /><ref name=Ripley-17>{{cita|Ripley|p. 17}}.</ref>.
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