Commedia: differenze tra le versioni

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Fra le azioni rituali proprie di queste festa, che, secondo quanto accade ancora oggi in alcune zone contadine dell’Europa, avevano funzione apotropaica, ovvero erano finalizzate ad allontanare gli influssi dannosi, c’erano rudimentali forme di rappresentazione teatrale dette ''[[Fescennino|fescennini versus]]'', forse ricollegabili all'ambiente etrusco. Secondo testimonianze successive, fra le quali spicca quella del poeta [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] ([[Epistole|epistola II 1]], 139-160), i fescennini consistevano in alcuni dialoghi dal tono volgare e aggressivo, che, accompagnati da un’adeguata gestualità, venivano improvvisati da contadini con il volto coperto da maschere di corteccia. La presenza di maschere e la forte connotazione oscena che pare fosse tipica dei [[Fescennino|fescennini]] trovano una possibile spiegazione nella funzione propiziatoria attribuita a questi versi. L’oscenità e l’aggressività dei versi fescennini confluirono in seguito nei canti che accompagnavano rispettivamente i cortei nuziali e i trionfi militari; la mancanza di freni inibitori che li caratterizzava continuò a vivere nella rappresentazione teatrale, intesa come spazio metaforico in cui si manifestano le pulsioni interiori di norma represse dalla società.
 
A partire dal [[IV secolo a.C.]] si diffuse a Roma la ''[[Satira|satura]]'', un’altra forma di rappresentazione destinata a fornire più di uno spunto alla produzione teatrale successiva. Anche questo genere ebbe origini rituali: secondo un brano molto discusso dello storico [[Tito Livio|Livio]] (''[[Ab Urbe condita libri|Ab Urbe condita]]'' VII 2), la satura nacque nel 364 a.C. quando, per far cessare una pestilenza, vennero organizzati dei ''ludi scaenici'' [[apotropaici]] durante i quali si tenne come rito propiziatorio uno spettacolo recitato e danzato da attori venuti dall’Etruria. Ma i giovani di Roma, imitando i danzatori etruschi, crearono un tipo di spettacolo non più legato alla sfera rituale in cui musica e danza venivano accompagnate dalla recitazione di battute e da un’adeguata mimica. Nacque così la satira, il cui nome (da ''satur'', “sazio”, “ricco”) allude probabilmente alla mescolanza di pezzi teatrali non legati tra loro da una trama, e caratterizzati dalla varietà artistica. Al di là dell’interpretazione molto complessa del brano di Livio, rimane problematico distinguere la forma di satira da lui descritta, evidentemente di tipo drammatico, dal genere letterario non drammatico che si sviluppò con [[Gaio Lucilio|Lucilio]] e che troverà in [[Decimo Giunio Giovenale|Giovenale]] uno dei suoi esponenti più significativi. Comunque, l’importante esperienza della satira drammatica costituì probabilmente il primo laboratorio gestuale e musicale da cui i commediografi latini trassero alcune competenze necessarie, cosicché, quando poi entrarono in contatto con la produzione comica greca ed ellenistica, furono in grado di rielaborarla originalmente.
 
Completa il quadro della produzione teatrale preletteraria romana l’[[atellana]], che deriva il suo nome dalla cittadina [[Osci|osca]] di [[Atella (città antica)|Atella]], da cui ebbe probabilmente origine. Come la ''satura'', anche la recitazione dell’atellana preletteraria fu prerogativa dei giovani romani. Essi, nel tentativo di soddisfare il loro desiderio di recitazione senza incorrere nelle pene previste dalla legge per un cittadino che si dedicasse in forma professionale alla carriera dell’attore, diedero vita ad una forma teatrale per dilettanti, caratterizzata da un’accesa oscenità e da una forte aggressività verbale, oltre che dalla ricorrenza di maschere fisse (per esempio, ''Marcus'', "lo sciocco", ''Pappus'', "il vecchio avaro"). L’atellana trovo collocazione in coda alla rappresentazione degli spettacoli teatrali ''regolari'' di tipo tragico, con il nome di ''exodium Atellanicum''.