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== Storia ==
{{vedi anche|Storia della Toscana}}
[[File:Leonardo self.jpg|thumb|upright=0.8|[[Leonardo da Vinci]]]]
La [[storia della Toscana]] abbraccia un lunghissimo periodo di tempo, che spazia dalla [[preistoria]] ai giorni nostri, risultando fondamentale dal [[Medioevo]] in poi per la nascita della [[lingua italiana]].
Le prime tracce certe della presenza umana risalgono al [[II millennio a.C.]], grazie al rinvenimento di resti di villaggi su [[palafitta|palafitte]] risalenti all'[[età del bronzo]] e quella del [[ferro]], venuti alla luce in varie zone della regione. Tra il [[X secolo a.C.|X]] e l'[[VIII secolo a.C.]], l'[[età del ferro]] trova la sua massima espressione nella [[civiltà villanoviana]].
Verso il [[IX secolo a.C.]] appaiono le prime testimonianze della presenza, in tutto il territorio dell'[[Italia Centrale]], della popolazione [[Etruschi|etrusca]]. I [[Rasna]] o [[Rasenna]], come secondo la maggior parte degli storici<ref>C'è chi come il linguista Mario Alinei ha proposto anche l'idea che si chiamassero "Magyer", ipotizzando un legame con l'ungherese. Cfr. Mario Alinei, ''Etrusco: una forma arcaica di ungherese'', Il Mulino, Bologna, 2003</ref> si chiamavano tra loro, dominarono il territorio per molti secoli, ed è da essi, che l'attuale regione prese il nome di [[Etruria]]. Il culmine dello splendore della civiltà etrusca fu raggiunto attorno al [[VI secolo a.C.]], con possedimenti che andavano dalla zona settentrionale della [[Pianura Padana]] alla [[Campania]]: furono costruite strade, tra le quali si sono ben conservate le [[Vie Cave]] (tra [[Sovana]], [[Pitigliano]] e [[Sorano]]), realizzarono un maestoso complesso sacro termale in località il Bagnone a [[Sasso Pisano]], vennero bonificate alcune paludi ed edificate importanti città toscane, come [[Pisa]] (secondo la leggenda - ed è ancora da considerarsi tale - fondata dal popolo greco dei Pisani, e quindi città e porto greco, naturalizzato etrusco), [[Arezzo]], [[Chiusi]], [[Volterra]], [[Populonia]], [[Vetulonia]] e [[Area archeologica di Roselle|Roselle]], oltre all'ultima importante scoperta, ancora anonima, sorta in prossimità di [[Prato]]. II livello di civiltà raggiunto da questo grande popolo è testimoniato dalle interessanti similitudini - inconsuete per il [[Mediterraneo]] del tempo- tra i diritti degli uomini e quelli delle donne e ponendo fondamentali basi per l'[[urbanistica romana]].
Nel [[III secolo a.C.]] gli [[Etruschi]] furono sconfitti dalla potenza militare di [[Roma]] e, dopo un primo periodo di prosperità, dovuto allo sviluppo dell'artigianato, dell'estrazione e della lavorazione del ferro, dei commerci, tutta la regione decadde economicamente, culturalmente e socialmente. I [[Roma antica|Romani]], che si insediarono presso le preesistenti località etrusche, fondarono anche nuove città come [[Fiesole]], [[Florentia]] e [[Cosa (colonia romana)|Cosa]], attualmente una delle meglio conservate con le [[Mura di Cosa|mura]], il foro, l'acropoli e il capitolium, sorto originariamente come [[Tempio di Giove (Cosa)|Tempio di Giove]], oltre ad avere una propria [[monetazione di Cosa|monetazione]].
Dopo la [[caduta dell'Impero romano d'Occidente]] la regione passò attraverso le dominazioni [[Ostrogoti|ostrogota]] e [[Impero bizantino|bizantina]], prima di divenire oggetto di conquista da parte dei [[Longobardi]] ([[569]]), che la eressero a [[Ducati longobardi|ducato]] con sede a [[Lucca]] ([[Ducato di Tuscia]]). Con la caduta dei Longobardi per opera di [[Carlo Magno]], il ducato divenne contea e successivamente marchesato di [[Lucca]] ([[Marca di Tuscia]]). Nell'[[XI secolo]] il Marchesato passò agli [[Attoni]], grandi feudatari [[Canossa (famiglia)|Canossiani]], che possedevano anche [[Modena]], [[Reggio Emilia]] e [[Mantova]]. A quella famiglia apparteneva la famosa Contessa [[Matilde di Canossa]], nel cui castello avvenne l'incontro fra il [[papa Gregorio VII]] e l'[[Imperatori del Sacro Romano Impero|imperatore di Germania]], [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]]. Proprio in questo periodo iniziò a svilupparsi in tutta la regione il fenomeno dell'[[incastellamento]].
Nell'XI secolo [[Pisa]] divenne la città più potente e importante della Toscana, con l'estensione del dominio della [[Repubbliche Marinare|Repubblica Marinara]] a quasi tutta la Toscana tirrenica, alle isole dell'[[Arcipelago Toscano]] e alla [[Sardegna]] e [[Corsica]]. A sud è presente il dominio degli [[Aldobrandeschi]], importante casata di origine longobarda, che controllava la parte meridionale delle attuali province di [[provincia di Livorno|Livorno]] e [[Provincia di Siena|Siena]], oltre all'intera [[provincia di Grosseto]], al territorio del [[monte Amiata]], fino all'Alto [[Lazio]], entrando spesso in conflitto con il [[Papato]], fino all'emergere della città di [[Siena]], che più tardi entrerà in competizione con [[Firenze]].
Attorno al [[XII secolo]] inizia il periodo dei ''liberi Comuni'', e [[Pistoia]] diventa il primo comune in [[Italia]], con lo [[Statuto dei consoli del Comune di Pistoia]]. Nascono le prime forme di democrazia partecipativa e le associazioni di [[arti e mestieri]], che fecero della Toscana un irripetibile esempio di autonomia culturale, sociale ed economica.
Tra la fioritura delle varie città toscane si vede la città di [[Lucca]] divenire un centro molto ricco e prosperoso grazie alla produzione tessile ed al commercio della seta, oltre che ad essere un importante meta nella [[Via Francigena]]. Fra le città della regione si impone ben presto, per motivi culturali ed economici ma anche militari, il Comune di [[Firenze]].
[[File:Angelo Bronzino 036.jpg|thumb|[[Cosimo I de' Medici]], Granduca di Toscana]]
Grazie a numerosi letterati e artisti, tra il [[XIV secolo|Trecento]] e il [[XV secolo|Quattrocento]] la Toscana, ed in particolare la città di [[Firenze]], diedero un determinante contributo al [[Rinascimento]] [[Italia]]no. Divenuta entità politicamente autonoma a partire dal [[XII secolo]] la Toscana si frammentò anch'essa in una miriade di stati tra i quali la [[Repubblica di Firenze]] e la [[Repubblica di Siena]] erano le più importanti. La fioritura dei commerci portò in alcune città della regione alla nascita delle banche ([[Firenze]] e [[Siena]] in primis). L'unificazione toscana sotto un'unica città iniziò con la politica espansionistica fiorentina già nel XIV secolo, quando la repubblica iniziò a fagocitare i territori toscani in successione, frenata solamente dalla repubblica di [[Siena]], che a sua volta annetteva quasi tutti i territori della [[Maremma]] e del [[monte Amiata]], e dalla [[Repubblica di Lucca]]. Durante il XV secolo salì al potere la famiglia [[Medici]] che, come le maggiori famiglie fiorentine, si era arricchita con le banche ed aveva ottenuto rilevanza politica nelle istituzioni repubblicane a partire dalla metà del Quattrocento, con [[Cosimo il Vecchio]]. A partire da [[Lorenzo il Magnifico]] il potere mediceo si consolidò (a parte due interruzioni repubblicane dal [[1498]] al [[1502]] e dal [[1512]] al [[1530]]), e [[Cosimo de' Medici]] ottenne il titolo prima di Duca di Toscana, poi nel [[1569]] quello di [[Granducato di Toscana|Granduca di Toscana]]. In questo momento tutta l'area toscana, eccetto [[Lucca]] che rimase una repubblica autonoma, [[Piombino]] che costituiva un [[Principato di Piombino|principato]] a sé stante, e l'area di [[Orbetello]] e [[Monte Argentario]] collocata nello [[Stato dei Presidii]], era sotto la signoria fiorentina essendo caduta la repubblica di Siena nel [[1555]] nelle mani degli ispano-fiorentini che dal [[1557]] ne ebbero la sovranità.
La famiglia Medici continuò a regnare sopra la Toscana ininterrottamente fino al [[1737]]. L'ultimo granduca della famiglia fu [[Gian Gastone de' Medici]] che non ebbe eredi, mentre l'ultima della famiglia, [[Anna Maria Luisa de' Medici|Anna Maria Luisa]], elettrice Palatina, si occupò del Granducato dalla morte del fratello e riuscì grazie alla sua lungimiranza a fare sì che l'immenso patrimonio artistico che era nei secoli divenuto patrimonio della famiglia non potesse essere portato via da Firenze nemmeno dai futuri regnanti che il Granducato avrebbe avuto.
Il [[Granducato di Toscana]], alla morte di [[Gian Gastone de' Medici|Gian Gastone]], passò alla famiglia dei [[Lorena (dinastia)|Lorena]], in particolare a [[Francesco Stefano di Lorena]], già marito di [[Maria Teresa d'Asburgo]], imperatrice d'[[Austria]]. Egli non mise mai piedi né in Toscana né a [[Firenze]], e ne lasciò l'amministrazione al figlio [[Pietro Leopoldo di Lorena|Pietro Leopoldo]]. La più importante innovazione voluta dai Lorena, proprio grazie a Pietro Leopoldo, fu l'abolizione (per 4 anni, fino al [[1790]] quando fu ripristinata) della [[pena di morte]] nel [[Granducato di Toscana]], per l'epoca una innovazione di non poco rilievo. Il provvedimento entrò in vigore il 30 novembre [[1786]] e, prendendo spunto da questo, è stata istituita in tempi recenti la [[Festa della Toscana]], che si tiene ogni anno nel giorno di tale anniversario.
L'unica interruzione alla sovranità lorenense fu la parentesi [[Napoleone Bonaparte|napoleonica]] che durò fino al [[1814]], quando sul serenissimo trono granducale fu restaurato [[Ferdinando III di Lorena|Ferdinando III]] figlio di Pietro Leopoldo. Lucca e Piombino invece riuscirono a mantenere una certa autonomia col governo di [[Elisa Bonaparte]], sorella di Napoleone, durante il [[Principato di Lucca]].
[[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] portò in Italia, e quindi anche in Toscana, che fu annessa alla [[Francia]], l'idea moderna di "nazione" (concetto nato con la rivoluzione industriale). Anche per reazione al nazionalismo francese, infatti, si ebbe anche in Toscana la nascita del pensiero nazionalista, che inventò l'idea di una "nazione italiana" che aveva nella Toscana il suo centro motore: i "grandi toscani" divennero "grandi italiani" e [[Dante]], [[Petrarca]], [[Boccaccio]], ma anche [[Niccolò Machiavelli]] e [[Galileo Galilei]], vennero "arruolati" come simboli di una "Italia" da far "rinascere" a nuova vita, insieme a tutti i suoi valori di "libertà" comunale, creatività e indipendenza.
Fu così che la Toscana divenne uno dei centri più importanti del movimento indipendentista e risorgimentale italiano. Coscienti della peculiarità, per non dire superiorità, della loro patria, i leader del movimento risorgimentale toscano si impegnarono a fondo per l'indipendenza dell´Italia.
Lo stesso ultimo granduca regnante, [[Leopoldo II di Lorena|Leopoldo II di Toscana]], e l'ultimo primo ministro toscano, [[Bettino Ricasoli]], furono, in tempi e modalità diversi, convinti che nell'Unità d´Italia, la Toscana avrebbe potuto meglio mantenere e sviluppare la propria identità etnica, usando un termine più moderno.
Insomma, la Toscana, che aveva una sua etnia ben definita dai tempi antichi (basti vedere la storia del nome, che non è un latinismo - come "Italia", che non era un italianismo, altrimenti sarebbe stato "Itaglia" - ma lo sviluppo dell´etnonimo antichissimo di Etruria), preferì "investire" nel progetto "italianista" così che nel [[XIX secolo]] darà in dote al giovanissimo [[Regno d'Italia]] il suo immenso patrimonio culturale ed ideale, e per alcuni anni anche la capitale<ref>Vedi su questo: [[Arnaldo Salvestrini]], ''Il movimento antiunitario in Toscana (1859-1866)'', Firenze: [[Olschki Editore]], 1967; [[Carlo Mangio]], ''I patrioti toscani fra "Repubblica Etrusca" e Restaurazione'', [[Firenze]], [[Leo S. Olschki|Olschki]], 1991 e [[Michele Luzzati]], ''Orientamenti democratici e tradizione Leopoldina nella Toscana del 1799: la pubblicistica pisana'', in "Critica storica", VIII, 1969, pp. 466-509; [[Thomas Kroll]], ''La rivolta del patriziato. Il liberismo della nobiltà nella Toscana del Risorgimento'', [[Firenze]]: [[Olschki Editore]], 2005</ref>.
L'ultimo Granduca della Toscana fu il figlio di Ferdinando, [[Leopoldo II di Lorena|Leopoldo II]], che regnò fino all'ingresso del territorio toscano nel nascente stato [[Unità d'Italia|unitario]] [[italia]]no. Il periodo lorenense fu per la Toscana un periodo illuminato, a partire dal governo di Pietro Leopoldo (che riformò l'ordinamento giudiziario), fino all'ultimo granduca che ottenne risultati molto positivi, con la costruzione delle prime [[ferrovia|ferrovie]], la creazione del [[catasto]] e la [[bonifica idraulica|bonifica]] della [[Maremma]].
Dopo le rivoluzioni del [[1848]]-[[1849]], il ritorno di Leopoldo venne tuttavia supportato da una guarnigione austriaca che gli alienò le simpatie popolari. Nel [[1859]], quando la Toscana stava per entrare nel regno dell'Italia del Nord, non si oppose in maniera tenace alla sua destituzione, ma partì da Firenze lasciandola pacificamente nelle mani dei rivoluzionari. La curiosa espressione usata nell'occasione, dato che era iniziata la rivolta alle cinque del mattino, fu che alle sei dello stesso mattino, quando il granduca partì da Firenze, la rivoluzione se ne andò a fare colazione. Il passaggio dal [[Granducato di Toscana]] allo Stato Unitario Italiano fu frutto di un'incruenta rivoluzione.
Nel 1847 la Toscana è completamente unificata con l'entrata del [[Ducato di Lucca]] nel Granducato di Toscana a non molti anni dall'Unificazione col Regno d'Italia.
Nei giorni 11-12 marzo 1860 fu celebrato un plebiscito, che confermò l'unione della Toscana alla monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II. I risultati del voto furono proclamati a Firenze il 15 marzo [[1860]] da [[Enrico Poggi (politico)|Enrico Poggi]], uno dei ministri del [[Governo Provvisorio Toscano]]. La Toscana fu così annessa al [[Regno di Sardegna]] e quindi al nascente [[Regno d'Italia]].[[File:Targa commemorativa plebiscito marzo 1860 annessione Toscana al Regno d'Italia MG 7771.jpg|thumb|Targa commemorativa plebiscito marzo 1860 annessione Toscana al Regno d'Italia (a Campiglia Marittima)]]
L'unione al [[Piemonte]] era vista dalla classe dirigente moderata toscana (con a capo personalità di spicco come [[Bettino Ricasoli]] e [[Gino Capponi]]) come la via migliore per valorizzare le peculiarità toscane, le libertà cittadine, preservare il potere delle aristocrazie dall´invadenza modernizzatrice dei sovrani lorenesi.
L'idea, infatti, dei moderati toscani era quella di costituire una specie di [[Federalismo#Federalismo italiano|federazione]] con le altre terre italiane<ref>Vedasi in particolare [[Thomas Kroll]], ''La rivolta del patriziato. Il liberismo della nobiltà nella Toscana del Risorgimento'', [[Firenze]]: [[Olschki Editore]], 2005</ref>.
Non è un caso quindi che nei primi anni di Unità, in Toscana ci fu un forte movimento federalista e autonomista che unì tutti coloro che - dai cattolici, ai garibaldini, agli ex-mazziniani, dai ''codini'' e legittimisti ai democratici, dai cattolici agli autonomisti - si opponevano al centralismo amministrativo piemontese e auspicavano un assetto federale dello Stato.
Tale partito (tra i cui esponenti si ricordano [[Giuseppe Montanelli]], l'allievo di [[Carlo Cattaneo (patriota)|Carlo Cattaneo]], [[Alberto Mario]], [[Luigi Castellazzo]], [[Giuseppe Mazzoni]], [[Clemente Busi]], [[Eugenio Alberi]], [[Padre Bausa]] O.P., [[Luigi Alberti]], [[Giuseppe Corsi]], l'arcivescovo di Pisa [[Cosimo Corsi]], ecc.) rappresentò la più importante alternativa al partito moderato-liberale del governo unitario (tra i cui esponenti c'era [[Bettino Ricasoli]]), ed ebbe alcune riviste di un certo prestigio come [[La Nuova Europa]] (federalista-democratico), [[La Patria]] e [[Firenze]] (federalista-cattolici)<ref>Arnaldo Salvestrini, ''Il movimento antiunitario in Toscana (1859-1866)'', Firenze: Olschki Editore, 1967</ref>.
La storia della Toscana si identifica, da questo momento, con quella dello Stato Italiano, di cui fa parte, pur conservando una sua specificità che la distingue da tutte le altre regioni.
In attesa del trasferimento della capitale a [[Roma]], cosa che avvenne dopo la conquista savoiarda della città nel [[1870]], [[Firenze]] ospitò il governo della nazione per cinque anni. Nel contesto degli avvenimenti contestativi post-unificazione è stata inserita dagli storici l'avventura mistico-rivoluzionaria di [[David Lazzaretti]], un predicatore che riuscì a muovere le folle della zona del [[monte Amiata]] e della Toscana meridionale in nome di una alternativa religiosa e sociale, a fronte non tanto dei nuovi assetti nazionali, ma soprattutto della fragilità sociale di quel territorio e del declino dei costumi del clero romano. Per aver organizzato una processione su [[Arcidosso]], in cui le istituzione e la borghesia di allora paventavano assalti alla proprietà privata come prodotto di un socialismo che allora era solo agli albori, venne ucciso dalla forza pubblica nel 1878<ref>Giacomo Barzellotti, "Monte Amiata e il suo profeta", Milano, F.lli Treves, 1910</ref>.
Durante la Resistenza la Toscana fu teatro di una feroce e violenta guerra tra le brigate partigiane, appoggiate da buona parte della popolazione (da sempre impegnata nelle lotte sindacali e antifasciste) e l'esercito tedesco appoggiato dalle squadre fasciste. Stragi come Sant'Anna di Stazzema ricordano quanto sia stato grande il contributo dei Toscani alla Guerra di Liberazione e quanto sangue sia stato versato senza batter ciglio, pur di liberare il territorio dall'occupazione nazista.
== Demografia ==
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