Senato romano: differenze tra le versioni
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== Storia ==
{{vedi anche|Cursus honorum}}▼
=== Età regia ===
{{Vedi anche|Età regia di Roma}}
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====Condizioni per entrarvi a far parte====
▲{{vedi anche|Cursus honorum}}
Nell'età repubblicana, per entrare in senato occorreva avere esercitato una magistratura. Dapprima vi furono ammessi soltanto coloro che erano stati censori, consoli o pretori; in seguito il senato fu aperto anche agli ex edili, agli ex tribuni della plebe e agli ex questori. Ogni cinque anni i censori redigevano la lista ufficiale dei senatori, integrando i posti vacanti e, in rari casi, procedendo all'espulsione degli indegni. In seguito alla [[battaglia di Canne|terribile disfatta di Canne]] dove perirono novanta ufficiali appartenenti alle grandi famiglie di Roma e delle città alleate tra consolari, pretori e senatori,<ref>{{cita|Eutropio|''Breviarium ab Urbe condita'', III, 10}}; {{cita|Periochae|22.10}}.</ref> l'organico del senato venne completato con 177/197 uomini presi in parte anche dall'[[ordine equestre]].<ref>{{cita|Livio|XXIII, 23.5-7}}; {{cita|Periochae|23.7}}.</ref>
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====Convocazione e votazione dei ''senatus consulta''====
{{Vedi anche|Senatoconsulo|Senatus consultum ultimum}}
Il senato era di norma convocato e presieduto da un magistrato fornito di tale diritto, il ''ius agendi cum patribus'': si trattava del [[console (storia romana)|console]] o del [[pretore (storia romana)|pretore]]. Nella deliberazione dei [[comizi]] il magistrato doveva portare alla cittadinanza la proposta relativa (''ferre ad populum'') e, se la cittadinanza acconsentiva, doveva riportare la deliberazione al Senato (''referre ad senatum'') e chiederne la ratifica. L<nowiki>'</nowiki>''[[auctoritas]]'' del Senato si configurava giuridicamente nel [[senatoconsulto]]: era un parere dato dal più importante collegio governativo al [[potere esecutivo]], dietro richiesta di quest'ultimo. La votazione per giungere al [[senatoconsulto]] avveniva in quattro fasi: formulazione della questione da parte del presidente, chiamata di ogni senatore perché esprimesse la propria opinione, formulazione speciale della questione da parte del presidente in base alle opinioni udite ed infine votazione sulla questione. La votazione avveniva ''per discessionem'': i votanti si separavano, da una parte andavano i favorevoli e dall'altra i contrari alla proposta da votare, per cui si parlava di ''pedibus in sententiam ire''. La ''patrum auctoritas'' era dunque la ratifica delle deliberazioni comiziali da parte del senato e contro di essa non era ammesso il [[veto]] dei [[tribuni della plebe]]. In seguito al decadere della supremazia dei [[patrizio (storia romana)|patrizi]], la ''lex Publilia Philonis'' del [[339 a.C.]] trasformò l<nowiki>'</nowiki>''auctoritas'' in un parere preventivo non vincolante per le rogazioni (''rogationes'') legislative.▼
▲Il senato era di norma convocato e presieduto da un magistrato fornito di tale diritto, il ''ius agendi cum patribus'': si trattava del [[console (storia romana)|console]] o del [[pretore (storia romana)|pretore]]. Nella deliberazione dei [[assemblee romane|comizi]] il magistrato doveva portare alla cittadinanza la proposta relativa (''ferre ad populum'') e, se la cittadinanza acconsentiva, doveva riportare la deliberazione al Senato (''referre ad senatum'') e chiederne la ratifica. L<nowiki>'</nowiki>''[[auctoritas]]'' del Senato si configurava giuridicamente nel [[senatoconsulto]]: era un parere dato dal più importante collegio governativo al [[potere esecutivo]], dietro richiesta di quest'ultimo. La votazione per giungere al [[senatoconsulto]] avveniva in quattro fasi: formulazione della questione da parte del presidente, chiamata di ogni senatore perché esprimesse la propria opinione, formulazione speciale della questione da parte del presidente in base alle opinioni udite ed infine votazione sulla questione. La votazione avveniva ''per discessionem'': i votanti si separavano, da una parte andavano i favorevoli e dall'altra i contrari alla proposta da votare, per cui si parlava di ''pedibus in sententiam ire''. La ''patrum auctoritas'' era dunque la ratifica delle deliberazioni comiziali da parte del senato e contro di essa non era ammesso il [[veto]] dei [[tribuni della plebe]]. In seguito al decadere della supremazia dei [[patrizio (storia romana)|patrizi]], la ''lex Publilia Philonis'' del [[339 a.C.]] trasformò l<nowiki>'</nowiki>''auctoritas'' in un parere preventivo non vincolante per le rogazioni (''rogationes'') legislative.
Esisteva un ''relator'' (relatore) per la redazione del [[senatoconsulto]] che veniva poi custodito nell'[[aerarium]] posto nel [[tempio]] di [[Saturno (divinità)|Saturno]] dove si tenevano i bilanci, il tesoro e l'[[archivio]] di Stato.
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