Ghisa: differenze tra le versioni

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La '''ghisa''' (detta anche fino all'[[XIX secolo|Ottocento]] '''ferraccio'''<ref>{{cita web|url=http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/F/ferraccio.shtml|titolo=il Sabatini Coletti Dizionario della Lingua Italiana|accesso=21/2/14}}</ref> per la minore qualità e la peggiore lavorabilità rispetto all'[[acciaio]] dolce) è una [[lega (metallurgia)|lega]] [[ferro]]-[[carbonio]] (o lega ferrosa) con tenore di carbonio relativamente alto (2,06% < C < 6,67% che è il limite di saturazione) ottenuta per [[Riduzione (chimica)|riduzione]] o comunque trattamento a caldo dei minerali di ferro.
 
Le leghe ferrose con tenore di carbonio 0,06% < C < 2,06% sono gli [[acciaio|acciai]].
 
La ghisa fonde a circa 1150 °C con tenore di carbonio 4,3% (punto [[eutettico]]). All'aumentare o al diminuire del tenore di carbonio la temperatura di fusione aumenta.
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Infatti il " ferro" veniva in realtà prodotto direttamente come "acciaio" in quanto il carbonio incombusto presente nel carbone di legna si combinava con il ferro. La massa arroventata e spugnosa prodotta veniva percossa (da cui la presenza di magli in prossimità di corsi d'acqua), fino ad espellere le impurità minerali contenute. L'operazione è chiamata [[puddellaggio]]. Durante l'operazione l'acciaio veniva sottoposto a numerose operazioni di ripiegatura che ne favorivano la formazione di fibre.
 
Nelle montagne sopra [[Bienno]], in [[Val Camonica]], è stato ritrovato ad esempio un forno con un massello di "ferraccio" databile al 700 d.C. circa, segno dei buoni progressi tecnici dei forni, in grado di superare i 900 °C e di avvicinarsi ai 1200 °C.
 
La ghisa era un sottoprodotto indesiderato della produzione della spugna di ferro in bassoforni particolarmente efficienti. Trovava un limitato utilizzo (assieme al ferro dolce) nella produzione dell'''acciaio a pacchetto''.