Democrazia organica: differenze tra le versioni
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{{C|Mancano riferimenti precisi, tutti i testi sono citati in modo generico senza numero di pagina e spesso con dati bibliografici carenti|politica|marzo 2015}}
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La '''democrazia organica''', o funzionale, è un tentativo di organizzazione politico-amministrativa [[organicismo|organicistica]], perseguito dal [[fascismo]] per ovviare alle derive [[partitocrazia|partitocratiche]] insite nella [[democrazia liberale]]<ref>Massimiliano Gerardi, Istituto Studi Corporativi</ref><ref name="Mario Gradi 1939">Mario Gradi, ''Fascismo, Rivoluzione del Lavoro'', 1939.</ref> [[Sistema parlamentare|parlamentare]] e come modello alternativo ai sistemi [[democrazia liberale|liberaldemocratici]] e alla [[dittatura del proletariato]] [[marxismo|marxista]].<ref>Matteo Pasetti, ''Progetti corporativi tra le due guerre mondiali'', [[Carocci editore]], Roma, 2006</ref><ref>Jacques Maritain ''Les Nouveaux Cahiers''</ref>
La democrazia organica si richiama a due principi: [[comunitarismo]] e [[sussidiarietà]]. Da una parte il benessere della [[comunità]] nel suo insieme è considerato prioritario rispetto alle necessità individuali;<ref
{{Citazione necessaria|È considerata la realizzazione politica del modello organizzativo economico noto come [[corporativismo]], modello inizialmente proprio della [[dottrina sociale della Chiesa cattolica]] in seguito divenuto tipico delle ideologie fasciste.}}
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Nella democrazia organica non esistono elezioni generalizzate con candidati scelti e proposti dai partiti: i partiti non sono necessariamente proibiti, bensì considerati inutili. Se nella democrazia liberale, infatti, i partiti politici hanno la funzione di dare una referenza ai candidati, nella democrazia organica si presume che ogni elettore conosca personalmente i candidati, in quanto si procede a elezioni piramidali, per cui essi non hanno la necessità di una referenza partitica.
In ciascuna elezione, gli elettori sono in numero limitato, in quanto esse avvengono all'interno delle singole comunità che formerebbero lo Stato: vi è quindi la reale possibilità che ognuno di essi conosca personalmente i candidati e sia perciò in grado di giudicarli. Ognuno vota un proprio rappresentante, il quale, a sua volta, in rappresentanza dei propri elettori, voterà un superiore [[Gerarchia|gerarchico]], partendo dal più piccolo nucleo, quartiere, azienda, o quant'altro, e arrivando al massimo vertice dello Stato: una camera nazionale di corporazioni (corrispondente all'attuale concetto di [[Esecutivo]]), che organizzi la struttura politica nazionale.<ref
In tal modo si vorrebbe semplificare l'intero sistema rappresentativo, poiché numerose elezioni di piccola entità sarebbero logisticamente più gestibili rispetto ad elezioni generali in cui è coinvolta l'intera popolazione. La semplificazione avverrebbe tanto in termini di organizzazione quanto in termini di ciclicità, poiché sarebbe possibile approntare in breve tempo una nuova votazione laddove sia necessario, favorendo un ricambio ad ogni livello. Tale impostazione favorirebbe la [[meritocrazia]]: al crescere del livello gerarchico, corrisponderebbero 'naturalmente' persone maggiormente meritevoli non per una scelta verticistica, ma per una valutazione della base. Ogni pubblico amministratore risulterebbe costantemente messo alla prova, dal momento che non esisterebbero più scadenze elettorali fisse, ma solo contingenti.
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== Storia ==
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A volte la tensione cui costringe quest’opera di ricostruzione è dura: ma essa appare sempre lieve se è certa la fede nella meta finale: un grande popolo, una Nazione potente"|Mario Gradi<ref>''Fascismo, Rivoluzione del Lavoro'', 1938</ref>}}
Un primo abbozzo al modello fu dato durante il [[Congresso di Verona (1943)|Congresso di Verona]] nella [[Repubblica Sociale Italiana]] ad opera di [[Silvio Gai]]. La sua applicazione era prevista, in concomitanza alle leggi di natura economica, per il 25 aprile [[1945]]<ref>Mario Viganò, ''Il Congresso di Verona - 14 novembre 1943'', Edizioni Settimo Sigillo, Roma</ref>, e non attuata per ovvi motivi.
In seguito la democrazia organica è stata applicata in Spagna durante la [[dittatura]] di [[Francisco Franco]] con la ''legge del referendum nazionale'' del 22 ottobre [[1945]], quando ha voluto dare una parvenza di sistema politico corporativo, che era stato in via di sviluppo durante la prima fase della dittatura, sostenendo che una tale soluzione permetterebbe, senza l'intervento dei partiti politici, agli spagnoli di partecipare alla vita politica attraverso il loro voto ed organizzandosi in corporazioni od organizzazioni spontanee quali consigli locali.<ref name="ReferenceA">Guy, Hermet, ''Storia della Spagna del Novecento'', Bologna, Il Mulino, 1999</ref><ref name="ReferenceB">Preston, Paul, ''Francisco Franco'', Milano, Mondadori, 1997</ref>
La realizzazione più completa fu forse quella attuata in [[Portogallo]], con l'''Estado Novo'' di [[António de Oliveira Salazar|Salazar]], mentre in parte venne attuata anche in Austria sotto il [[austrofascismo|regime]] di [[Engelbert Dollfuss]].<ref>Collotti Enzo, ''Fascismo fascismi'', Milano, Bompiani, 1989</ref><ref>dalla voce [http://www.treccani.it/enciclopedia/autoritarismo_(Enciclopedia_delle_Scienze_Sociali)/ "Autoritarismo"] di [[Juan José Linz]] dell'''Enciclopedia delle Scienze Sociali'', 1991.</ref>
In Spagna la democrazia organica ha vissuto sotto costanti critiche internazionali, in quanto in tutta Europa era vigente la democrazia liberale. Un risultato della democrazia organica di Franco è stata la timida apertura del governo di [[Arias Navarro]] nel [[1974]]. È famosa la liberalizzazione della creazione di associazioni politiche (ma non di partiti politici), popolarmente noto come l'atto ''Espíritu del 12 de febrero''. Questa riforma però fu criticata tanto dai [[Falange spagnola|falangisti]] che dai democratici.<ref
L'attuazione della democrazia organica, sia nella [[Spagna franchista]] che nel Portogallo di Salazar, ha generato il riaffermarsi di poteri locali a scapito di quelli centrali. Tale fenomeno è noto anche come [[caciquismo]] (una sorta di [[feudalesimo]] elettivo) in [[Spagna]]: esso prese piede soprattutto nelle zone più arretrate culturalmente, in cui si abbandonò il regolare processo elettorale. Ciò avveniva perché il sistema era applicato senza un retroterra [[Interclassismo|interclassista]] quale quello previsto invece in [[Italia]] dalla ''[[Socializzazione dell'economia (fascismo)|socializzazione]]''<ref>Claudio Schwarzenberg, ''Il sindacalismo fascista'', collana ''problemi di storia'', Mursia, Milano, 1972</ref>.
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== Collegamenti esterni ==
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{{Democrazia}}
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