Valdo Fusi: differenze tra le versioni

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Nato da commercianti della piccola borghesia pavese, si trasferì a Torino nel 1929 con la famiglia e si diplomò al liceo classico "Massimo d'Azeglio" nel 1930. Sin da adolescente fece parte dell'[[Azione Cattolica]] della cui federazione giovanile, negli [[anni 1930]], fu responsabile dell'ufficio ricreativo; fu anche segretario della Federazione Universitaria Cattolica Italiana di Torino, e in quel periodo compose riviste teatrali comico-satiriche e collaborò a periodici del mondo cattolico. Conseguita la laurea in giurisprudenza nel 1934 e svolto il servizio militare come ufficiale di complemento del [[1º Reggimento "Granatieri di Sardegna"]], iniziò la carriera forense come avvocato penalista.
 
Dopo l'[[Armistizio di Cassibile|8 settembre]] prese parte alla Resistenza, rappresentando la [[Democrazia Cristiana]] nel comitato militare piemontese del [[Comitato di liberazione nazionale]]. Il 31 marzo 1944 venne arrestato con la maggior parte del CLN militare italiano nel [[duomo di Torino]]; nel [[Processo di Torino]], immediatamente istituito presso il tribunale speciale, e fortemente voluto da Benito Mussolini, venne accusato assieme ai suoi compagni di "attentati contro l'integrità, l'indipendenza e l'unità della Repubblica sociale italiana", ma venne assolto per insufficienza di prove: raccontò poi la sua esperienza nel saggio ''Fiori rossi al Martinetto''. Riparato in [[Svizzera]], venne internato nel [[Canton Ticino]] a Loverciano; da lì fuggì per raggiungere l'[[Val d'Ossola|Ossola]] e unirsi ai partigiani della Divisione "Piave". Mentre la sua formazione si ritirava in [[Val Formazza]], Valdo Fusi rimase gravemente ferito nel ribaltamento del camion che trasportava i partigiani. Ricoverato in Svizzera, poté rientrare a Torino solo nel maggio del 1945.
 
Nell'immediato dopoguerra, oltre a collaborare per il quotidiano della DC ''[[Il Popolo]]'', Fusi decise di assumere la difesa del colonnello Felice Biglio<ref>{{cita web|titolo=Resistenza unita|data=febbraio-marzo 1972|pagina=6|accesso=26 aprile 2015|url=http://resistenzaunita.isrn.it/doc/1972FEB_MAR-ru-06.pdf}}</ref>, uno dei giudici del processo di Torino. Durante il processo, che si concluse con l'assoluzione del Biglio, conobbe la figlia di questi Edoarda, che sposò qualche mese dopo. Candidato ma non eletto nell'[[Assemblea Costituente della Repubblica Italiana|Assemblea Costituente]], divenne consigliere comunale di Torino nel novembre 1946 e fu eletto alla Camera nella prima legislatura del 1948; nel 1951 fu eletto consigliere provinciale.
 
La sua carriera politica terminò con la sua partecipazione come dirigente nell'ufficio centrale DC per gli studi, la propaganda e la stampa (SPES), tra il 1951 e il 1952: non venne rieletto alla Camera nel 1953 né venne eletto senatore nel 1958. Continuò invece la carriera forense e fu molto attivo nella vita torinese: tra il 1955 e il 1965 fu presidente dell'Ente provinciale per il turismo di Torino, creando nel 1960 l'Ente manifestazioni torinesi; tra il 1965 e il 1970 divenne poi presidente dell'[[Ordine Mauriziano]]. Morì improvvisamente nella sua casa di Isola d'Asti.