Economia dell'Impero romano: differenze tra le versioni
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Gran parte dell'economia dell'età imperiale era caratterizzata dall'afflusso di derrate alimentari e merci provenienti dalle varie province verso l'esercito permanente e la capitale Roma, che rimase sempre essenzialmente la città dei consumi (eccettuata qualche fabbrica di manufatti).
Nell'Urbe all'inizio dell'epoca imperiale abitavano, infatti, centinaia di migliaia di ex contadini e piccoli proprietari terrieri che avevano finito per abbandonare le proprie terre a causa del prolungato servizio nelle legioni, che aveva impedito loro di continuare a lavorare con profitto i piccoli appezzamenti di terreno che possedevano. Tale moltitudine di persone era diventata, ormai, una massa di manovra dei capi politici più ambiziosi, che cercavano di ottenerne il favore o di mitigarne il risentimento attraverso le pubbliche elargizioni di grano (''panem''). Al tempo del proprio splendore Roma, popolata da circa un milione di persone (di cui un terzo erano schiavi<ref>Giorgio Ruffolo, ''Quando l'Italia era una superpotenza'', Einaudi, 2004, p. 35.</ref>), giunse ad importare fino a 3,5 milioni di quintali di frumento ogni anno<ref>Si calcola un consumo di cereali l'anno pro capite di 200 chili (Geraci-Marcone, ''Storia romana'', Le Monnier, 2004, p. 215).</ref>, per l'epoca quantità astronomica: almeno tra le 200 e le 300 000 persone vivevano grazie alle distribuzioni gratuite di frumento (ed in un secondo tempo, di pane, olio di oliva, vino e carne di maiale), quindi, calcolando le famiglie degli aventi diritto, si può sostenere che tra un terzo e la metà della popolazione dell'Urbe vivesse a carico dello Stato (la chiamavano la "plebe ''frumentaria''").
La gestione del complesso dei servizi finalizzati al vettovagliamento di Roma era affidata a una magistratura apposita, la prefettura dell'[[Annona (economia)|annona]], riservata a una persona di rango [[Equites|equestre]], che era una delle cariche più importanti dell'amministrazione imperiale. L'immensa quantità di frumento importato da Roma proveniva da una pluralità di [[Provincia romana|province]]: [[Sicilia]], [[Sardegna]], province asiatiche e africane, ma il perno dell'approvvigionamento era costituito dall'[[Egitto (provincia romana)|Egitto]],<ref>Giuseppe Flavio, ''La guerra giudaica'', IV, 10.5.</ref> che soddisfaceva oltre metà del fabbisogno. L'olio veniva, invece, fatto affluire dalla [[Betica]] (l'attuale Andalusia), mentre il vino dalla [[Gallia]]. Passati i secoli di splendore, Roma diventerà un peso sempre più opprimente per l'economia dell'Impero. [[Svetonio]] racconta di un episodio curioso legato al vino ed al suo prezzo ai tempi dell'imperatore [[Augusto]]: {{Citazione|Ma è risaputo che fosse un principe più rivolto al bene pubblico che ambizioso, quando il popolo si lamentava della mancanza di vino e del suo prezzo, lo redarguì severamente a voce: da suo genero Agrippa, si era abbastanza provveduto alla costruzione di molti acquedotti affinché nessuno avesse sete.|{{cita|Svetonio|''Augustus'', 42}}.|''Sed ut salubrem magis quam ambitiosum principem scires, querentem de inopia et caritate vini populum severissima coercuit voce: satis provisum a genero suo Agrippa perductis pluribus aquis, ne homines sitirent''.|lingua=la}}
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