Neminem laedit qui suo iure utitur: differenze tra le versioni

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Ciò implica che non è riconosciuta [[responsabilità civile]] o responsabilità penale al soggetto ([[persona fisica]] o [[persona giuridica|giuridica]]) che cagioni un [[danno]] qualora questo sia arrecato nell'esercizio di un [[diritto soggettivo|diritto]] (''ius'') riconosciuto alla persona (o all'[[ente pubblico]]) cui è imputata la colpa del danno cagionato (''qui suo iure utitur''). In questa accezione è citato anche nel [[Codice penale italiano|Codice Penale]] all'art. 51.
 
La regola generale comporta quindi che l’l'[[esercizio di un diritto]] è sempre legittimo e non può essere fonte di responsabilità.
 
==Il principio del ''neminem laedere''==
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Il danno deve di conseguenza essere [[risarcimento|risarcito]] per [[legge]] se e solo se viene riconosciuta la responsabilità del soggetto, la qual cosa non avviene quando il danno è effetto dell'esercizio di un diritto di cui si gode, esercitato nei limiti (individuati dalla [[giurisprudenza]]) degli artt. 1175 e 1375 del codice.
 
Sono pertanto sanzionati come ''abusivi'' tutti quei comportamenti contrastanti con le regole della correttezza e [[buona fede]] nei [[Obbligazione (diritto)|rapporti obbligatori]] e [[contratto|contrattuali]].<br>Allineandosi alla giurisprudenza [[Francia|francese]] del secolo scorso, l’artl'art. 833 del [[Codice civile italiano|codice]] è stato talora ritenuto dalla giurisprudenza [[Italia|italiana]] espressione di un principio più generale di divieto di [[abuso del diritto|esercizio abusivo del diritto]].
 
Per il diritto romano, l’''[[exceptio doli]]'' era rimedio generale, in grado di sventare ogni forma di abuso del diritto.