Ugo De Carolis (1899-1944): differenze tra le versioni
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Nel [[1921]] passò nell'[[Arma dei Carabinieri]] e fu a [[Trento]] e a [[Trieste]]; nel [[1934]] fu assegnato alla Divisione Carabinieri della [[Tripolitania]]. Lo stesso anno, rientrato a [[Roma]], fu promosso [[capitano]]. Conobbe nel [[1935]] Rosa Marturano<ref>Originaria di Taranto figlia di Marturano e di Aure Messina (figlia del generale [[Giuseppe Messina (militare)|Giuseppe Messina]]). Ugo e Rosa erano cugini di terzo grado, poiché la moglie del generale era Adele de Carolis, cugina del padre di Ugo.</ref> che sposò a [[Taranto]], nella [[Cattedrale di San Cataldo]] il 3 luglio del [[1937]]. Nel [[1936]] partì [[Guerra d'Etiopia|volontario]] per la [[Somalia]], dove partecipò all'[[Seconda battaglia dell'Ogaden|offensiva]] dell'[[Ogaden]], distinguendosi alla testa della 4ª Banda autocarrata CC.RR nella conquista di Gunu Gadu e conseguendo la [[Valor militare|Medaglia di bronzo al valor militare]].
L'anno seguente nacque il primogenito, Paolo; in seguito nasceranno i gemelli Nicoletta ed Enrico. Nel maggio [[1942]], fu promosso [[Maggiore]] dei Carabinieri e destinato al Comando presso la [[Occupazione italiana della Francia meridionale|Commissione Italiana d'Armistizio con la Francia (CIAF)]].
===Nella resistenza=== L'8 settembre del [[1943]] prestava servizio a [[Torino]], ma in seguito alla proclamazione dell'[[Armistizio di Cassibile|armistizio]] rientra a [[Roma]], ed entra in contatto con il [[Fronte Militare Clandestino]]. Nominato [[Capo di stato maggiore]] del [[Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri]], passò in clandestinità ed fu attivissimo nella [[resistenza romana]]. Nonostante pendesse su di lui una taglia di cinquantamila lire, continuò a spostarsi con un lasciapassare falso intestato a Roberto Tessitore. Nel gennaio del [[1944]], in seguito a una delazione, fu catturato dalla [[Gestapo]] insieme al capitano [[Raffaele Aversa]], a casa del colonnello [[Giovanni Frignani]], che aveva arrestato [[Mussolini]]. Tutti e tre vengono torturati dai [[nazisti]] del colonnello [[Herbert Kappler]] nell'edificio di [[Museo storico della Liberazione|via Tasso]].
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