Lettera VII: differenze tra le versioni

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== Data di composizione e attribuzione ==
La data di stesura della lettera è successiva alla morte di [[Dione di Siracusa|Dione]], a cui viene fatto riferimento in 334a (quindi dopo il [[354 a.C.]]). Scrivendo ai familiari del suo amico e discepolo, Platone (o chi per lui) ha occasione di riflettere sulla sua [[vita]], fornendoci un’interessanteun'interessante e importantissima fonte [[Biografia|biografica]]. Ciò induce molti studiosi contemporanei a ritenere che l’autorel'autore di questa lettera sia effettivamente Platone, sebbene in realtà non sia possibile affermarlo con assoluta certezza. D’altraD'altra parte, se non di Platone si tratta, è ragionevole pensare che l’autorel'autore sia stato comunque un suo familiare o una persona a lui molto vicina, tanto da poter conoscerne a fondo la personalità e la vita: in questo caso si è ipotizzato che a scrivere la ''Lettera VII'' possa essere stato niente meno che [[Speusippo]].<ref>M.I. Finley, ''Plato and Pratical Politics'', in ''Aspects of Antiquity'', Harmondsworth 1977, pp. 78-87.</ref>
 
== Gli intenti politici di Platone in Sicilia ==
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== La critica della scrittura e le «dottrine non scritte» ==
Oltre ai temi biografici e politici, la ''Lettera VII'' ha attirato l’interessel'interesse degli interpreti contemporanei anche per la critica della scrittura in essa contenuta, che può senz’altrosenz'altro essere messa in relazione con ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'' 274b-276a. In particolare, a destare attenzione è il passo 341c, in cui Platone dice:
 
{{citazione|Questo tuttavia io posso dire di tutti quelli che hanno scritto e scriveranno dicendo di conoscere ciò di cui io mi occupo per averlo sentito esporre o da me o da altri o per averlo scoperto essi stessi, che non capiscon nulla, a mio giudizio, di queste cose. Su di esse non c'è, né vi sarà, alcun mio scritto.|Trad.: A. Maddalena, Roma-Bari 1966}}