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Composta a [[Recanati]], tra il 29 agosto e il 26 settembre [[1824]] e pubblicata nel 1827.<ref name="SM1827" /><br />[[File:Socrates Louvre.jpg|thumb|upright=0.7|[[Socrate]], ritratto romano, conservato nel [[Museo del Louvre]].]]
 
'''Capitolo primo'''<br />Seconda operetta divisa in capitoli dopo il Parini, che narra in stile biografico la vita di Filippo Ottonieri, filosofo che in vita non ha mai offeso o recato danno a nessuno, ma è stato sempre tenuto in scarsa considerazione dai suoi ''amici'' per il poco amore mostrato verso le consuetudini della vita incivilita.<ref>Per i motivi svolti nell'operetta cfr. Zibaldone , 38-39; 64-65; 220-221; 527; 4095; 1044; 1537-1538; 4104; 69; 703; 4090; 2526-2527; 1477; 2800-2803; 676; 479-480; 1364; 1329; 97-99; 2767-2770; 238-239; 183; 375-376; 4068-4069; 3447-3448; 3183-3191; 3520-3524; 194-195; 1362; 55; 1833; 293; 2481; 2611; 1926; 3000; 352-353; 2653-2654; 4075-4076; 4023; 162; 231; 249; 303-304; 2602; 2680-2681; 3761; 593-595; 62-63; 29-30; 58; 60-61; 2588; 4068; 212; 1; 273; 66; 6, 309.</ref>
 
Dopo una serie di ritratti di filosofi del passato<ref>Rousseau, Democrito, Diogene</ref>, apprendiamo che l'Ottonieri si professava epicureo nella vita, probabilmente per gioco<ref>Leopardi, afferma che il filosofo riponeva nell'ozio, nella negligenza e nei piaceri del copro il ''sommo bene degli uomini'', riportando un'interpretazione tradizionale, ma inesatta, della dottrina di Epicuro, il quale "[...]invece insegnava a posporre i piaceri del corpo a quelli dello spirito men fallaci e più durevoli." G. Gentile, ''Operette morali'', Bologna, Zanichelli, 1925.</ref>, mentre nella filosofia diceva di seguire l'esempio di [[Socrate]], colui che ha ''fatto scendere la filosofia dal cielo'', secondo [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], esempio di massima coerenza nei costumi e nel pensiero. Del maestro di [[Platone]] apprezza il parlare ''ironico e dissimulato'' e i particolari della sua vita: nato per amare, ''dal cuore delicato e fervido'', fu dalla natura condannato per la forma del corpo e vissuto in un ambiente deditissimo a motteggiare. Il primo capitolo si trasforma in un'apologia di Socrate e si conclude con una felice metafora sui libri e la lettura, che spiega perché il filosofo non affidò mai il suo pensiero alle ''carte'':
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{{citazione| […] il vivere, per sé stesso non è bisogno; perché disgiunto dalla felicità non è BENE|ibidem}}
 
CapitoloIl capitolo è dedicato interamente all'egoismo.
Oggi lodare qualcuno significa misurare la soddisfazione ''nel“nel bene o nel male''male” che si ha di lui. Non si può amare senza un rivale: chiedere un piacere a qualcuno produce l'odio da parte di ununa terzoterza epersona; alla fine i nostri desideri non saranno esauditi perchéper sitimore teme maggiormente ldell'odioira e ldell'iraodio degli altri uomini. Oggi se servi qualcuno nella speranza di essere ricompensato non otterrai nessun risultato: le persone sono facili a ricevere e difficili a rendere. MODA: ha un potere grandissimo, capace di far cambiare idea e costumi anche a persone radicali, tanto da convincerle del contrario delle loro precedenti convinzioni. (rif. Dialogo della Moda e della Morte). RISO: si ride di tutto tranne delle cose veramente ridicole. Ciascuna generazione crede la precedente migliore della successiva: eppure si crede che i popoli migliorino più ci si allontana da una condizione ''primitiva'' e che fare un passo indietro significherebbe peggiorare. Il VERO non è bello. Ma quando manca il BELLO è da preferire a ogni altra cosa. Le città grandi sono luoghi di infelicità e miseria, dove si respira solo falsità perché ogni cosa è finta e vana. Per gli spiriti ''delicati'' sono il posto peggiore del mondo. OCCUPARE la vita è un bisogno maggiore del vivere stesso: il vivere per sé stesso non è BISOGNO perché separato dalla felicità non è BENE. Sul finale un curioso riferimento all'innesto del vaiolo e una battuta sulla retorica: fatta promessa di non ladare nessuno, torna su i suoi passi per non dimenticare l'arte della retorica.
 
Alcuni pensieri sono rivolti alla MODA, che ha un potere grandissimo, capace di far cambiare idea e costumi alle persone più radicali, tanto da convincerle ad abbandonare le loro precedenti convinzioni. (rif. Dialogo della Moda e della Morte); e al RISO: si ride di tutto tranne delle cose veramente ridicole.
'''Capitolo sesto'''<br />[[File:JulianusII-antioch(360-363)-CNG.jpg|thumb|upright=0.7|[[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano l'Apostata]] raffigurato su di una moneta.]]
 
Ciascuna generazione crede la precedente migliore della successiva: eppure si crede che i popoli migliorino più ci si allontana da una condizione ''primitiva'' e che fare un passo indietro significherebbe peggiorare.
Capitolo che, come il successivo, gioca sugli aforismi in maniera marcata. Qui sono contrapposti quelli di autori famosi, nel successivo esclusivamente quelli dell'Ottonieri. I grandi protagonisti del pensiero dell'umanità sono chiamati a testimoniare i temi centrali delle operette.
I parte
L'ignoranza produce speranza
La conoscenza produce l'oblio
la prima è un BENE la seconda un MALE
 
Il VERO non è bello. Ma quando manca, il BELLO è da preferire a ogni altra cosa. Le città grandi sono luoghi di infelicità e miseria, dove si respira solo falsità perché ogni cosa è finta e vana. Per gli spiriti ''delicati'' sono il posto peggiore del mondo. OCCUPARE la vita è un bisogno maggiore del vivere stesso: il vivere per sé stesso non è BISOGNO perché separato dalla felicità non è BENE.
Gli uomini felici sono i più tormentati: i più fortunati traggono piacere da gioie minime che appena trascorse possono essere rivissute attraverso il ricordo (rimembranza)
Perché ci lamentiamo della NATURA che ci nasconde il VERO con vane apparenze, belle e dilettevoli, ma che ci lasciano nello stesso tempo LIETI?
L'unico cammino di lode e di gloria tra i giovani è quello che passa per il piacere (VOLUTTA'). Magnificarsi e pavoneggiarsi con infinite novelle su grandi imprese, spesso ritoccate o interamente false, davanti agli amici con lo scopo di ottenere effimeri lodi o riconoscimenti, è l'unico modo per ottenere la fama.<ref>Ad esempio di grande impresa l'autore porta la storica battaglia di Isso 333 a.C. combattuta fra Dario, re dei persiani, e Alessandro Magno.</ref>
II parte – Il valore di un gravo scrittore
 
Sul finale un curioso riferimento all'innesto del vaiolo e una battuta sulla retorica: fatta promessa di non lodare nessuno, torna su i suoi passi per non dimenticare l'arte del ''ben parlare''.
I più eloquenti e i più coinvolgenti sono quelli che parlano di sé stessi perché più sinceri:
 
'''Capitolo sesto'''<br />
 
Capitolo che, come il successivo, gioca sugli aforismi in maniera marcata. Qui sono contrapposti quelli di autori famosi, spesso commentati dal filosofo, mentre nel successivo sono riportati esclusivamente quelli dell'Ottonieri. I grandi protagonisti del pensiero dell'umanità sono chiamati a testimoniare i temi centrali delle operette.
 
Il capitolo si divide in de parti:
 
'''I parte'''
 
L'ignoranza produce speranza;
 
La conoscenza produce l'oblio;
 
la prima è un BENE la seconda un MALE.
 
Gli uomini felici sono i più tormentati: i più fortunati traggono piacere da gioie minime che appena trascorse possono essere rivissute attraverso il ricordo (rimembranza);<ref>La prima parte è una sentenza di [[Bione di Boristene]], filosofo cinrenaico del II sec. a.C.
</ref>
 
Perché ci lamentiamo della NATURA che ci nasconde il VERO con vane apparenze, belle e dilettevoli, ma che ci lasciano nello stesso tempo LIETI? <ref>A riprova si cita un passo di [[Plutarco]] tradotto da [[Marcello Adriani]] sulle ''buffonerie di [[Stratocle]]'' che persuase gli Ateniesi di aver riportato una grande vittoria, mentre avevano subito una sconfitta. ''[…] quale ingiuria riceveste da me, che seppi tenervi in festa ed in gioia per ispazio di tre giorni?'' cit. ibidem </ref>
 
L'unico cammino di lode e di gloria tra i giovani è quello che passa per il piacere (VOLUTTA'). Magnificarsi e pavoneggiarsi con infinite novelle su grandi imprese, spesso ritoccate o interamente false, davanti agli amici con lo scopo di ottenere effimeri lodi o riconoscimenti, è l'unico modo per ottenere la fama.<ref>Ad esempio di '''vera''' grande impresa l'autore porta la storica battaglia di Isso 333 a.C. combattuta fra Dario, re dei persiani, e Alessandro Magno.</ref>
 
'''II parte – Il valore di un gravobravo scrittore'''
 
IGli scrittori più eloquenti e i più coinvolgenti sono quelli che parlano di sé stessi perché più ''sinceri'':
 
{{citazione| […] quelli che scrivono delle cose proprie hanno l'animo fortemente preso e occupato dalla materia, […] si astengono dagli ornamenti frivoli, […] o dall'affettazione o da tutto quello che è fuori dal naturale|ibidem}}
 
[[File:JulianusII-antioch(360-363)-CNG.jpg|thumb|upright=0.7|[[Flavio Claudio Giuliano|Giuliano l'Apostata]] raffigurato su di una moneta.]] E i lettori lo apprezzano perché non esiste modo migliore per trattate con maggior ''verità'' ed ''efficacia'' le cose altrui che ''favellando'' delle proprie; perché tutti gli uomini si assomigliano tra loro, sia nelle gioie che negli accidenti, quindi non esiste espediente tecnico migliore che trattarli come ''fatti'' propri. Segue un elenco di esempi ditratti da famosi oratori che hanno animato il loro auditorio, ad un certo punto dell'arringa, parlando di sé stessi (come [[Demostene,]] o [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]] nel [[Pro milione,]]; [[Bousset]] per le sue orazioni funebri, e [[Giuliano imperatore]],<ref>Giuliano l'Apostata tentò di far ripartire il paganesimo in un periodo in cui il cristianesimo andava affermandosi.</ref> per le argute ironie contro i suoi detrattori; tra gli italiani, [[Lorenzino dei Medici)]]<ref>Lorenzino dei Medici giustificò di aver fatto uccidere nel 1537 il duca Alessandro dei Medici.</ref> e la sua ''apologia di un omidicio'', e le ''lettere familiari'' del [[Torquato Tasso|Tasso]].
'''Capitolo settimo'''<br />
 
Si conclude in chiave ironica la seconda prosa in capitoli (vedi il Parini) in cui si riportano le migliori sentenze e risposte argute dell'Ottonieri. La battuta sulla ''signora attempata'' che ''non intende certe voci antiche'' presenti in alcune poesie giovanili del filosofo eè ripresa integralmente dalla prima pagina dello Zibaldone; quella suglisul gruppo di ''antiquari'' sonoè probabiliprobabile riferimentiriferimento all'esperienza negativa del soggiorno romano in casa di parenti, durante le frequentazioni dei vari circoli culturali. Leopardi se ne lamentava in diverse lettere indirizzate al fratello Carlo. Nei salotti romani dell'epoca un ''letterato'' era l'equivalente dell'Antiquario o Archeologo.
 
{{citazione| Vi ho parlato solamente delle donne, perché della letteratura non so che mi vi dire. Orrori e poi orrori. I più santi nomi profanati, le più insigni sciocchezze levate al cielo, i migliori spiriti di questo secolo calpestati come inferiori al minimo letterato di Roma, la filosofia disprezzata come studi da fanciulli, il genio, l'immaginazione e il sentimento, nomi (non dico cose ma nomi) incogniti e forestieri ai poeti e alle poetesse di professione; l'Antiquaria messa da tutti in cima al sapere umano, e considerata costantemente e universalmente come l'unico vero studio dell'uomo […] Letterato e Antiquario a Roma è perfettamente tutt'uno.|Lettera a Carlo Leopardi, Roma 16 dicembre 1822}}.
'''Capitolo settimo'''<br />
 
Si conclude in chiave ironica la seconda prosa in capitoli (vedi il Parini) in cui si riportano le migliori sentenze e risposte argute dell'Ottonieri. La battuta sulla ''signora attempata'' che ''non intende certe voci antiche'' presenti in alcune poesie giovanili del filosofo e quella sugli antiquari sono probabili riferimenti all'esperienza negativa del soggiorno romano in casa di parenti, durante le frequentazioni dei vari circoli culturali. Leopardi se ne lamentava in diverse lettere indirizzate al fratello Carlo. Nei salotti romani dell'epoca un ''letterato'' era l'equivalente dell'Antiquario o Archeologo.
 
[[File:Carlo leopardi.jpg|thumb|left|upright=0.7|[[Carlo Leopardi]]]]{{citazione| Vi ho parlato solamente delle donne, perché della letteratura non so che mi vi dire. Orrori e poi orrori. I più santi nomi profanati, le più insigni sciocchezze levate al cielo, i migliori spiriti di questo secolo calpestati come inferiori al minimo letterato di Roma, la filosofia disprezzata come studi da fanciulli, il genio, l'immaginazione e il sentimento, nomi (non dico cose ma nomi) incogniti e forestieri ai poeti e alle poetesse di professione; l'Antiquaria messa da tutti in cima al sapere umano, e considerata costantemente e universalmente come l'unico vero studio dell'uomo […] Letterato e Antiquario a Roma è perfettamente tutt'uno.|Lettera a Carlo Leopardi, Roma 16 dicembre 1822}}.
 
=== Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez ===
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{{Leopardi}}
{{Portale|letteratura}}
 
 
RIVEDERE
1. Dialogo di Tristano e di un amico
2. Dialogo di Plotino e di Porfirio
3. Elogio degli uccelli
4. Il Parini, ovvero Della Gloria