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'''Capitolo primo'''<br />Seconda operetta divisa in capitoli dopo il Parini, che narra in stile biografico la vita di Filippo Ottonieri, filosofo che in vita non ha mai offeso o recato danno a nessuno, ma è stato sempre tenuto in scarsa considerazione dai suoi ''amici'' per il poco amore mostrato verso le consuetudini della vita incivilita.<ref>Per i motivi svolti nell'operetta cfr. Zibaldone , 38-39; 64-65; 220-221; 527; 4095; 1044; 1537-1538; 4104; 69; 703; 4090; 2526-2527; 1477; 2800-2803; 676; 479-480; 1364; 1329; 97-99; 2767-2770; 238-239; 183; 375-376; 4068-4069; 3447-3448; 3183-3191; 3520-3524; 194-195; 1362; 55; 1833; 293; 2481; 2611; 1926; 3000; 352-353; 2653-2654; 4075-4076; 4023; 162; 231; 249; 303-304; 2602; 2680-2681; 3761; 593-595; 62-63; 29-30; 58; 60-61; 2588; 4068; 212; 1; 273; 66; 6, 309.</ref>
 
Dopo una serie di ritratti di filosofi del passato famosi anche per la loro misantropia<ref>[[Jean-Jacque Rousseau]] (1712-1778), citato come filosofo misantropo ed eccentrico; [[Democrito]] (nato in [[Abdera]] nel 460 a.C.) disprezzava le comodità e le consuetudini della vita; GiogeneDiogene Laerzio ecc.</ref>, apprendiamo che l'Ottonieri si professava epicureo nella vita, probabilmente per gioco<ref>Leopardi, afferma che il filosofo riponeva nell'ozio, nella negligenza e nei piaceri del copro il ''sommo bene degli uomini'', riportando un'interpretazione tradizionale, ma inesatta, della dottrina di Epicuro, il quale "[...]invece insegnava a posporre i piaceri del corpo a quelli dello spirito men fallaci e più durevoli." G. Gentile, ''Operette morali'', Bologna, Zanichelli, 1925.</ref>, mentre nella filosofia diceva di seguire l'esempio di [[Socrate]], colui che ha ''fatto scendere la filosofia dal cielo'', secondo [[Marco Tullio Cicerone|Cicerone]], esempio di massima coerenza nei costumi e nel pensiero. Del maestro di [[Platone]] apprezza il parlare ''ironico e dissimulato'' e i particolari della sua vita: nato per amare, ''dal cuore delicato e fervido'', fu dalla natura condannato per la forma del corpo e vissuto in un ambiente deditissimo a motteggiare. Il primo capitolo si trasforma in un'apologia di Socrate e si conclude con una felice metafora sui libri e la lettura, che spiega perché il filosofo non affidò mai il suo pensiero alle ''carte'':
 
{{citazione|[...] il leggere è un conversare, che si fa con chi scrisse. Ora, come nelle feste e nei sollazzi pubblici, quelli che [...] non credono di esser parte dello spettacolo, prestissimo si annoiano; così nella conversazione è più grato generalmente il parlare che l'ascoltare. Ma i libri per necessità sono come quelle persone che stando cogli altri, parlano sempre esse, e non ascoltano mai. Per tanto è di bisogno che il libro dica molto buone e belle cose, e dicale molto bene; acciocché dai lettori gli sia perdonato quel parlar sempre. Altrimenti è forza che così venga in odio qualunque libro, come ogni parlatore insaziabile.|ibidem}}
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{{citazione|Dimandato a che nascano gli uomini, rispose per ischerzo: a conoscere quanto sia più spediente il non esser nati.|ibidem}} https://it.wikisource.org/wiki/Pagina:Zibaldone_di_pensieri_II.djvu/139)
 
Con un andamento sempre più aforistico, vicino allo stile dello Zibaldone, il capitolo si apre con un incitamento all'azione<ref>cfr. Zibaldone ec.</ref> che allontana dalla noia e un'interessante allegoria del ''carciofo'' per spiegare il '''piacere''' umano,<ref>unaIl piacere umano è come un carciofo, per arrivare alla parte migliore (il cuore, il centro) bisogna prima mangiare le foglie dure e meno buone. Una felice metafora usata, in tempi più recenti, anche da [[Italo Calvino|Calvino]], (''Il carciofo della dialettica'', Una Pietra sopra, Saggi, 1981) per spiegare la complessità del reale e le difficoltà dello scrittore a raccontarla. </ref>, ritenuto dal filosofo il peggior momento della vita umana. La speranza e la rimembranza dei piaceri sono infatti cose migliori e più dolci degli stessi diletti. Tra questi, ritiene che i ricordi scaturiti dall'odorato sono i migliori, perché le cose gustate piacciono meno che a odorale. <ref>Anche in questo passo troviamo un'interessante anticipazioneriflessione disu quelloun chetema saràpoetico ilmolto temacaro poeticoad di talunealcune avanguardie del novecento: si pensi alla madelaine[[Madeleine (gastronomia)|madeleine]] nell'opera di [[Marcel Proust|Proust]] in cui certi odori giocano un ruolo fondamentale nell'aprirsi della memoria, diventando protagonisti assoluti della costruzione narrativa</ref>. Usava spesso definire la vita come un ''letto duro'' dove si corica il malcapitato che per tutta la notte tenta invano di addormentarsi; ma quando è sul punto di farlo, senza essersi mai riposato, giunge l'ora di alzarsi.
 
{{Quote|[...]essendo (gli uomini) sempre infelici, che meraviglia è che non sieno mai contenti?|ibidem}}
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'''Capitolo sesto'''<br />
 
Capitolo che, come il successivo, gioca sugli aforismi in maniera marcata. Qui sono contrapposti quelli di autori famosi, spesso commentati dal filosofo, mentre nel successivo sono riportati esclusivamente quellimotti dell'Ottonieri.
 
Il capitolo si divide in de parti:
 
'''I parte. Motti antichi.'''
 
L'ignoranza produce ''speranza''; la conoscenza produce l'oblio: la prima è un BENE la seconda un MALE. Secondo gli Egesiaci il vero piacere deriva dall'assenza di ogni dolore e quindi nella morte.<ref>Egesia, filosofo cirenaico del III sec a.C. era chiamato ''persuasor di morte'', cfr. ''Dialogo di Plotino e di Porfirio''</ref>
L'ignoranza produce speranza;
 
GliDi conseguenza gli uomini feliciche cercano la felicità sono iquelli più tormentati: i più fortunati traggono piacere da gioie minime che appena trascorse possono essere rivissute attraverso il ricordo (la rimembranza);<ref>La prima parte è una sentenza di [[Bione di Boristene]], filosofo cinrenaico del II sec. a.C. </ref>
La conoscenza produce l'oblio;
 
Perché ci lamentiamo della NATURA che ci nasconde il VERO con vane apparenze, belle e dilettevoli, ma che ci lasciano nello stesso tempo LIETI? <ref>A riprova si cita un passo di [[Plutarco]] tradotto da [[Marcello Adriani]] sulle ''buffonerie di [[Stratocle]]'' che persuase gli Ateniesi di aver riportato una grande vittoria, mentre avevano subito una sconfitta. ''[…] quale ingiuria riceveste da me, che seppi tenervi in festa ed in gioia per ispazio di tre giorni?'' cit. ibidem </ref>
la prima è un BENE la seconda un MALE.
 
Gli uomini felici sono i più tormentati: i più fortunati traggono piacere da gioie minime che appena trascorse possono essere rivissute attraverso il ricordo (rimembranza);<ref>La prima parte è una sentenza di [[Bione di Boristene]], filosofo cinrenaico del II sec. a.C.
</ref>
 
Perché ci lamentiamo della NATURA che ci nasconde il VERO con vane apparenze, belle e dilettevoli, ma che ci lasciano nello stesso tempo LIETI? <ref>A riprova si cita un passo di [[Plutarco]] tradotto da [[Marcello Adriani]] sulle ''buffonerie di [[Stratocle]]'' che persuase gli Ateniesi di aver riportato una grande vittoria, mentre avevano subito una sconfitta. ''[…] quale ingiuria riceveste da me, che seppi tenervi in festa ed in gioia per ispazio di tre giorni?'' cit. ibidem </ref>
 
L'unico cammino di lode e di gloria tra i giovani è quello che passa per il piacere (VOLUTTA'). Magnificarsi e pavoneggiarsi con infinite novelle su grandi imprese, spesso ritoccate o interamente false, davanti agli amici con lo scopo di ottenere effimeri lodi o riconoscimenti, è l'unico modo per ottenere la fama.<ref>Ad esempio di '''vera''' grande impresa l'autore porta la storica battaglia di Isso 333 a.C. combattuta fra Dario, re dei persiani, e Alessandro Magno.</ref>
 
'''II parte. Il valore di un bravo scrittore.'''
 
Gli scrittori più eloquenti e più coinvolgenti sono quelli che parlano di sé stessi perché più ''sinceri'':