Palazzo Bonet: differenze tra le versioni
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Nel [[1549]] l'edificio venne ceduto in usufrutto ai padri [[Gesuita|gesuiti]], ma nel [[1551]] Ottavio Bonet, discendente di Gaspare, se ne riappropriò non contento dell'accordo economico. Nel [[1604]] lo stesso Ottavio Bonet donò il palazzo a Don Francesco Bologna; la famiglia Bologna effettuò, durante il suo possesso, alcune modifiche esterne all'edificio, come la modifica delle bifore in grandi finestroni architravati, la decorazione dei solai lignei del piano nobile e, probabilmente, la prima mano di intonaco a rivestimento delle fronti in pietra a vista.
Nel [[1618]] l'edificio venne acquistato
Nel [[1771]] l'ala prospiciente via Sant'Anna venne sopraelevata per realizzare nuove aree per il convento, nell'occasione i due edifici vennero unificati visivamente, nella stessa occasione la torre angolare del palazzo viene trasformata in campanile.
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All'interno dell'edificio nel [[1818]] si insediarono le ''Regie Scuole Normali'', con contratto di affitto, molti furono i cambiamenti interni per la nuova destinazione, tra i quali la creazione di una nuova scala a struttura voltata in mattoni pieni che collegava il cortile al primo piano.
Nel [[1866]] a seguito del ''Regio Decreto'' del 7 luglio che sanciva la soppressione degli Ordini religiosi, gli edifici conventuali e le chiese della città passarono allo Stato, ed il convento da allora in poi fu adibito a varie destinazioni
In questa nuova destinazione vennero assegnati alcuni ambienti del piano terra ai ''Bersaglieri Municipali-Guardie Daziarie''. Mentre nel [[1878]] il primo piano venne assegnato al liceo classico Umberto I, assegnazione che mutò ulteriormente l'aspetto interno dell'edificio.
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I documenti non ci danno altresì elementi utili a comprendere in che modo siano stati accorpati fra loro più edifici preesistenti; il cantiere di restauro ci aiuta a ritenere che diversificati corpi di case vennero acquisite ed accorpate, di cui rimasero superstiti quegli elementi ritenuti di pregio, quali i portali ancora rintracciabili nel corpo orientale del palazzo.
Riguardo alla matrice tipologica, il palazzo Bonet annovera proprio le costanti “peculiari” dei palazzi quattrocenteschi:
Il piano terra presenta allo stato attuale sulla piazza e su strada aperture rettangolari caratterizzate da cornici e delicate decorazioni scultoree che testimoniano la continua presenza degli scalpellini e dei maestri lapicidi per tutta la durata del cantiere; queste illuminavano dall'alto i locali adibiti a magazzini, stalle e cucine; tali finestre sostituirono presumibilmente originarie feritoie o piccole monofore trecentesche. Rileviamo come se in termini di impianto e caratteri tipologici la fabbrica testimonia uniformità a modelli precostituiti ed iterati, nel campo della decorazione si rintracciano invece elementi differenti ed originali, indici di quell'eclettismo e delle diverse matrici culturali appannaggio di maestranze operanti nei cantieri pubblici e privati.
Il cortile centrale, dalla forma pseudo quadrangolare, si qualifica alla stregua di spazio interno determinante sia dal punto di vista distributivo che funzionale; ad esso si accede per mezzo di un andito e di un loggiato, quasi a voler segnalare il passaggio
La pianta a ''C'' era come riferito chiusa nel lato libero dal muro di cinta di un giardino al quale si accedeva dal cortile. Il piano nobile risulta invece caratterizzato da ampi saloni e da grandi bifore, queste ultime in pietra di intaglio dalla perfetta stereotomia, con esile colonnina centrale in [[marmo di Carrara]]; le foglioline alla base della colonna sono analoghe al motivo decorativo delle colonne del cortile di [[Palazzo Abatellis]], ad ulteriore dimostrazione della derivazione di esso dal modello di riferimento costituito proprio dal Palazzo Bonet.
Quanto ai principali caratteri costruttivi, le strutture murarie sono realizzate con calcarenite conchiliare dalla cromia grigio-beige (i banchi più antichi), in conci abbozzatamente squadrati messi in opera con poca malta, mentre per i cantonali, i portali, le mostre di finestre ed altre aperture, gli elementi modanati, si utilizzarono conci di intaglio e con lavorazioni accessorie, gli orizzontamenti di piano erano costituiti da solai a doppio ordito decorati
Dalla descrizione dei corpi di fabbrica, desumiamo quale fosse la configurazione della fronte principale (sull'attuale via Sant'Anna) a quel momento, infatti si parla di tre porte grandi che corrispondono cioè una per l'entrata della casa, l'altra all'interno della vanella della Correria (attuale ''vicolo dei Corrieri'') e l'ultima nel medesimo giardino che corrisponde nella stessa vanella vicino alla chiesa.
Nel cantiere di restauro partito nel [[1996]] vennero ritrovate alcune porzioni
* il loggiato su pilastri ottagoni con archi ogivali;
* l'accesso alla corte dal vicolo dei Corrieri;
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* l'andamento di alcune porzioni superstiti di cornice nelle murature che indicavano la giacitura di una scala che dalla corte del palazzo immetteva allo scalone che invece dal chiostro conduceva al primo piano del convento.
L'attenta lettura dei materiali e la potenzialità di ricerca che offre un cantiere di restauro ha inoltre consentito
* esistevano già delle case in parte dell'area su cui si costruì la dimora dei Bonet, probabilmente con accesso dal portale con soprastante ghiera rinvenuto nel corpo su vicolo dei Corrieri. I saggi geognostici hanno rilevato al di sotto di questa zona edificata la presenza di un banco di biocalcarenite superficiale, e quindi l'esistenza di aree non alluvionali, costituendo essa stessa il limite del bordo alluvionale del porto interno del [[Kemonia]];
* con i depositi alluvionali, a partire dall'[[XI secolo]] circa, il bordo del porto interno si ritira progressivamente sino a scomparire, dando vita al piano della Guzzetta; si rendono così disponibili nuove aree edificabili ed i Bonet acquistano case e terreni liberi per costruirvi la loro domus magna, accorpando le unità edilizie esistenti o per acquisto diretto o tramite la nota ed utilizzata Prammatica di Re Martino. Gran parte dell'area viene destinata a giardino proprio per la fertilità dei terreni alluvionali; il terreno coltivabile risultava perimetrato da due attraversamenti pubblici, il vicolo su cui i Francescani erigeranno nel [[XVII secolo|Seicento]] lo scalone e l'attuale bordo occidentale del chiostro che, anche dopo la realizzazione dello stesso, mantiene ancora oggi l'uso pubblico;
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