Ezio Vanoni: differenze tra le versioni
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==Biografia==
Primogenito di quattro figli, nacque in [[Valtellina]], a Morbegno in [[provincia di Sondrio]] il 3 agosto 1903. Cresciuto in una certa agiatezza familiare dovuta ai redditi da lavoro del padre (segretario comunale a [[Val Masino (comune)|San Martino Val Masino]]) e della madre (maestra), portò a termine gli studi elementari a Morbegno e quelli liceali a Sondrio. Si laureò in [[Giurisprudenza]] nel [[1925]], a [[Pavia]], dove fu anche alunno del [[Collegio Ghislieri]], discutendo una tesi dal titolo
Divenne subito assistente volontario di [[Benvenuto Griziotti]] nell’Istituto Giuridico dell’[[Università di Pavia]], lavorando tra il [[1926]] e il [[1927]] ad una ricerca dal titolo “La rivalutazione della lira e l’equilibrio economico” (era una ricerca che rientrava nel dibattito
Nel [[1926]] vinse la [[borsa di studio]] "[[Lorenzo Ellero]]", per due anni di perfezionamento in scienze economiche all’[[Università Cattolica del Sacro Cuore]], che però non portò a termine in quanto nel [[1928]] si vide assegnare una borsa di studio dalla [[Fondazione Rockefeller]], per due anni di studio in [[Germania]].
Nei due anni vissuti in Germania approfondì gli studi in [[scienza delle finanze]] e in [[diritto finanziario]], acquisendo un ampio bagaglio scientifico nel ramo finanziario. In quegli anni maturò anche una concezione dello [[Stato]] come entità [[morale]] prima che [[politica]].
Nel [[1930]] ebbe
Nel [[1932]] si vide assegnare l’incarico di [[libera docenza]] in
Nello stesso anno, il 7 gennaio 1932, si sposò a Morbegno con Felicita Dell’Oro, dalla cui unione nacquero Marina (nel [[1933]]) e Lucia (nel [[1934]]). Dal 1932 Vanoni continuò ad inseguire la titolarità della cattedra in scienza delle finanze e diritto finanziario (di cui già possedeva la libera docenza), ma incorse in pesanti bocciature, nel 1932 quando si presentò per la cattedra dell’[[Università di Messina]] e nel [[1935]] allorquando sostenne l’esame per la cattedra dell’[[Università di Camerino]]. {{citazione necessaria|Probabilmente Vanoni non si vide assegnare la cattedra perché non era iscritto al [[partito nazionale fascista]], circostanza questa che lo relegò in uno stato di emarginazione e che gli precluse, per molti anni, qualsiasi ambizione di carriera.}}
Dal 1933 al [[1936]] Vanoni ricevette
Fu grazie a Paronetto che, a Roma, Vanoni entrò in contatto con esponenti del mondo [[cattolico]] quali [[Alcide De Gasperi|De Gasperi]] e Gonella che contribuirono alla rinascita di una vocazione politica che Vanoni aveva accantonato da tempo. Fu sempre Paronetto
Conclusasi l’esperienza di insegnamento all’Università di Roma, dal 1937 al 1938 Vanoni insegnò su incarico all’[[Università di Padova]] (sempre scienza delle finanze e diritto finanziario) e fondò, insieme a [[Benvenuto Griziotti]] e [[Mario Pugliese]], la “[[Rivista di scienza delle finanze e diritto finanziario]]”. Nel [[1938]] pubblicò “Il problema della codificazione tributaria”, {{citazione necessaria|in cui traspariva con evidenza
Nel luglio del [[1943]] prese parte ai lavori che portarono alla redazione del [[Codice di Camaldoli]].
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Nel [[1951]] è stato uno dei principali fautori della riforma tributaria italiana (che porta il suo nome ''Riforma Vanoni'' o [[Legge Vanoni]]) introducendo anche l'obbligo della [[dichiarazione dei redditi]].
Nel [[1954]], in qualità di [[Ministri delle finanze della Repubblica Italiana|ministro delle Finanze]], Vanoni presentò un piano decennale per l'economia italiana, detto appunto Piano Vanoni, che aveva l'obiettivo di produrre piena occupazione, ridurre lo [[questione meridionale|squilibrio]] tra il [[Nord Italia|Nord]] e il [[Sud Italia|Sud]] dell'Italia, e risanare i [[bilanci]] dello Stato. La realizzabilità del Piano era vincolata, secondo il ministro, ad un tasso di crescita superiore al 5% all'anno, e nonostante i tassi di crescita italiana superarono tale soglia, il Piano non venne mai realizzato.
Morì improvvisamente nel [[1956]] a causa di un [[collasso cardiaco]]: la morte lo colse mentre era sdraiato su un divano dell'ufficio di [[Cesare Merzagora]] dopo aver tenuto un discorso al [[Senato della Repubblica|Senato]], dove aveva ricordato i motivi ispiratori della sua opera, sollecitando maggiore giustizia per gli umili ed i poveri.
==Opere==
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