Preti operai: differenze tra le versioni
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Nel 1956 fu la volta di [[Sirio Politi]], che lavoro' al [[porto di Viareggio]] negli anni cinquanta e sessanta e pubblicò il suo diario di vita in fabbrica, dal titolo ''Uno di loro''<ref>Pubblicato nel 1989 dalle edizioni Gribaudi</ref>. All’inizio degli anni ’60 gli fu imposto di scegliere tra fare il prete o l’operaio: lasciò il cantiere, ma continuò a mantenersi con il lavoro artigianale fino a quando, dopo il [[Concilio Vaticano II]], potè riprendere l’esperienza in fabbrica.
La città dove, numericamente, a partire dagli anni sessanta l'esperienza dei preti operai è stata più consistente è stata [[Torino]], dove si è legata ad altre esperienze come la [[Gioventù Operaia Cristiana|Gi.O.C.]] e le [[Comunità ecclesiale di base|comunità di base]] di corso Regina Margherita e via Vandalino, grazie anche alla spinta data in favore di questa scelta presbiterale dal cardinale [[Michele Pellegrino]] ed alla preesistente presenza dei [[cappellani del lavoro]] voluti dall'arcivescovo [[Maurilio Fossati]] (di cui il più noto è [[Esterino Bosco]]); il primo prete operaio torinese è stato, negli anni sessanta, [[Carlo Carlevaris]] <ref>[http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=10132346 Archivio - LASTAMPA.it<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref> che decise di intraprendere questa strada dopo essere stato licenziato, come cappellano, dagli stabilimenti FIAT di Torino nel 1962 perché giudicato non funzionale alla politica dell’azienda <ref>Antonello Famà, http://www.dehoniane.it:9080/komodo/trunk/webapp/web/files/riviste/archivio/01/199422696a.htm</ref> e si impegnò per venti anni in fabbrica come operaio, militante sindacale nella Cisl, dal ‘67 all’86 <ref>La Stampa 1 ottobre 2002, http://archivio.lastampa.it/m/articolo?id=aa2b7d3621ca688371fc10773c8f8ce8f4c779dc</ref>. Nel [[1967]], a seguito di un appello fatto da Carlevaris al [[Seminario]] di [[Rivoli]], molti chierici iniziarono a lavorare in fabbrica: tra essi [[Gianni Fornero]], [[Silvano Bosa]] e [[Gianni Fabris]], che dopo l'ordinazione continueranno l'esperienza da preti. Altri seminaristi, come ad esempio [[Mario Operti]], con l'inizio del ministero presbiterale scelsero invece di interrompere il proprio lavoro in fabbrica <ref name = fio>{{cita libro|cognome= AA.VV. |titolo= I fiori di Mario |anno= 2012 |editore= Edizioni Solidarietà |città= Rimini }}</ref>. Tra i più noti preti operai torinesi (che numericamente raggiungeranno l'apice negli anni settanta), oltre a quelli citati, ricordiamo [[Carlo Demichelis]], [[Aldo D'Ottavio]] <ref>La Stampa 7 ottobre 2002, http://archivio.lastampa.it/m/articolo?id=3e9c0e2535829ee03ecbd5a8fc7e2c21575bc589</ref>, [[Leo Paradiso]] e [[Giacomo Garbero]].
Oltre a Torino altri importanti gruppi di preti operai si formarono a Viareggio attorno a don Sirio Politi, don Rolando Menesini <ref>http://www.fondazionetiamo.it/wordpress/?page_id=33</ref> e don Luigi Sonnenfeld; a Milano con don Cesare Sommariva, don [[Luigi Consonni]] (che lavorò ininterrottamente per trent'anni) <ref>Micromega 8 ottobre 2012, http://www.dongiorgio.it/28/10/2012/che-cosa-e-rimasto-della-esperienza-dei-preti-operai/</ref> e [[Luisito Bianchi]] <ref>Avvenire 12 novembre 2013, http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/don-luisito-bianchi-prete-in-fabbrica.aspx</ref> (che a partire dal 1968 si rifiutò di percepire la “congrua”) <ref>Adista on line, 20 gennaio 2012, http://temi.repubblica.it/micromega-online/addio-a-luisito-bianchi-prete-operaio-e-profeta-della-gratuita/</ref>; nel stesso decennio a [[Milano]] operò [[Ambrogio Valsecchi]] e, dal 1966 al 1972, lavorò in una piccola fabbrica di [[Casale Monferrato]] don [[Gino Piccio]]; in Veneto a Spinea presso la chiesa dei SS. Vito e Modesto ci furono don Umberto Miglioranza e don Roberto Berton; ad Empoli don Renzo Fanfani lavorò otto anni davanti ai forni della vetreria Savia <ref>La Nazione, 1 dicembre 2014, http://www.lanazione.it/empoli/empoli-prete-operaio-1.448926</ref>. A Lucca Don Beppe Giordano decise di essere sepolto con indosso una tuta da lavoro perché, scrisse nelle sue volontà, «è nella storia dei preti operai che io mi riconosco» <ref>Roberto Fiorini, Figlio del Concilio. Una vita con i preti operai, Edizioni Paoline, Milano 2015</ref>. Negli anni ’70 sono in tutto circa trecento <ref>http://www.mosaicodipace.it/mosaico/a/8072.html</ref>.
I preti operai elaborarono il loro impegno in numerosi incontri nazionali, il primo dei quali si tenne a Chiavari il 6-7 luglio 1969, tema del convegno: «Vivere il nostro sacerdozio nel lavoro». Nel 1970 si tennero ben due incontri nazionali: nel primo, a Bologna il 25 e 26 aprile, una cinquantina di preti-operai si ritrovarono a discutere sul tema: «Che significato ha per te la preghiera e come preghi in concreto nella tua attuale situazione». Nel secondo, a Firenze il 7 e 8 novembre, il tema dell’incontro fu: «La nostra fede in Cristo vivente oggi». Ma fu nel novembre 1973 a Reggio Emilia col loro quarto convegno nazionale, dal tema: «Fedeltà alla classe operaia, fedeltà a Cristo e al Vangelo nella comunità dei credenti», che per la prima volta e in modo organico i preti-operai si presentarono all’opinione pubblica <ref>Antonello Famà, http://www.dehoniane.it:9080/komodo/trunk/webapp/web/files/riviste/archivio/01/199422696a.htm</ref>.
Tra la gerarchia cattolica italiana ci fu un generale atteggiamento di diffidenza verso i preti operai con le eccezioni dei vescovi Michele Pellegrino a Torino, Enrico Bartoletti a Lucca, Alfredo Battisti a Udine.
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