Condizione femminile in Italia: differenze tra le versioni
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La posizione del fascismo è rafforzata dalla sua coincidenza con quella della Chiesa con la quale i legami si fanno più stretti dopo i [[Patti Lateranensi]] del 1929. Nell'enciclica ''Casti connubio'' (1930) si ribadisce il ruolo primario della donna come madre e si condannava come "contro natura" ogni idea di parità tra i sessi. Le associazioni femminili cattoliche, guidate da [[Armida Barelli]], sono tuttavia le uniche cui il regime permetta di esistere e per molte donne cattoliche esse saranno un importante luogo di formazione alla loro futura attività politica.
La retorica fascista esalta il ruolo di supporto della donna italiana, e ne incoraggia il ruolo sottomesso nella famiglia ([[Rachele Mussolini]]), o a intrattenimento del maschio italiano nel campo dello spettacolo ([[Luisa Ferida]], [[Wanda Osiris]]). L'attività fisica delle giovani è vista con favore, come un complemento alla loro femminilità, e in questo senso è accolta con favore la medaglia d'argento conquistano dalle ginnaste italiane nella prima partecipazione femminile dell'Italia ai Giochi Olimpici del 1928. C'è il timore tuttavia che la donna attraverso lo sport possa acquisire troppo indipendenza e libertà e cosi', anche su pressione del Vaticano, nessuna atleta è inviata a rappresentare l'Italia ai Giochi Olimpici del 1932. La medaglia d'oro di [[Ondina Valla]], la prima in assoluta di un'atleta italiana ad una competizione internazionale, ai successivi Giochi Olimpici di Berlino nel 1936 è accolta con un misto di orgoglio (per la risonanza internazionale che l'impresa riceve) e di preoccupazione che la donna non oltrepassi i rigidi confini a lei assegnati dall'ideologia fascista.<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/lo-sport-al-femminile-nella-societa-moderna_(Enciclopedia-dello-Sport)/ Roberta Sassatelli, "Lo sport al femminile nella società moderna", Treccani.it].</ref>
[[File:Camilla Ravera.jpg|thumb|left|150px|[[Camilla Ravera]]]]
Le leggi razziali del 1938 infliggono un altro duro colpo all'emancipazione femminile in Italia, perché una buona percentuale delle poche donne italiane ad avere ruoli accademici sono ebree, da [[Anna Foà]] a [[Enrica Calabresi]].<ref><Raffaella Simili, ''Scienziate italiane ebree, 1938-1945'' (Pendragon, 2010).</ref>
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