Francesco Petrarca: differenze tra le versioni

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Nel giugno del 1361, per sfuggire alla peste, Petrarca abbandonò Milano<ref group="N">Durante l'epidemia di peste milanese, morì il figlio Giovanni ({{Cita|Pacca|p. 219}}), nato nel 1337 da una relazione extraconiugale. I rapporti con il figlio, al contrario di quanto avvenne con la secondogenita Francesca, furono assai burrascosi a causa della condotta ribelle di Giovanni ({{Cita|Dotti, 1987|p. 319}} accenna all'odio che Giovanni provava verso i libri, «quasi fossero serpenti») . Come ricordato nella ''Fam.'' XXII, 7 del 1359: {{Citazione|Nel 1357 si separò dal figlio Giovanni, che tornò ad Avignone in seguito a non precisati dissapori (''Familiares'', XXII 7: 1359); tre anni dopo sarebbe tornato a Milano. |{{Cita|Rico-Marcozzi}}}}</ref> per [[Padova]], città da cui nel 1362 fuggì per lo stesso motivo. Nonostante la fuga da Milano, i rapporti con Galeazzo II Visconti rimasero sempre molto buoni, tanto che trascorse l'estate del 1369 nel [[Castello Visconteo (Pavia)|castello visconteo di Pavia]] in occasione di trattative diplomatiche<ref>{{Cita|Wilkins|p. 256}}</ref>. Nel [[1362]], quindi, Petrarca si recò a [[Venezia]], città dove si trovava il caro amico [[Donato Albanzani|Donato degli Albanzani]]<ref>Retore originario di Pratovecchio, Donato degli Albanzani fu intimo amico sia di Petrarca che di Boccaccio. Per quanto riguarda i rapporti con il primo si ricordano, oltre le missive indirizzategli dall'Aretino, anche alcune egloghe del ''Bucolicum Carmen'', in cui è chiamato con il ''senhal'' di ''Appenninigena''. Si veda la voce biografica a cura di {{Cita|Martellotti}}. </ref> e dove la [[Repubblica di Venezia|Repubblica]] gli donò l'attuale [[Palazzo Molin]] (sulla [[Riva degli Schiavoni]]) in cambio della promessa di donazione, alla morte, della sua [[Biblioteca di Petrarca|biblioteca]], che era allora certamente la più grande biblioteca privata d'Europa: si tratta della prima testimonianza di un progetto di "bibliotheca publica"<ref>{{Cita|Wilkins|pp. 220-223}} espone dettagliatamente le trattative tra Petrarca e la Serenissima, citando anche il verbale del [[Maggior Consiglio]] con cui si procedette all'approvazione della proposta petrarchesca. Per ulteriori informazioni, si veda {{Cita|Gargan|pp. 165-168}}.</ref>.
 
Durante il soggiorno veneziano, trascorso in compagnia degli amici più intimi<ref>Si ricordi la visita dell'amico Boccaccio nell'estate del 1367, quando però Petrarca si era recato momentaneamente a Pavia su richiesta di Galeazzo II. Nonostante l'assenza dell'amico, Boccaccio trovò una calorosa accoglienza da parte di Francescuolo e di Francesca, trascorrendo giorni piacevoli nella città lagunare (Cfr. {{Cita|Wilkins|pp. 250-252}}).</ref>, della figlia naturale Francesca (sposatasi nel 1361 con il milanese [[Francescuolo da BorsanoBrossano]]<ref>{{Cita|Rico-Marcozzi}}: «...all’inizio del 1366 fece ritorno a Venezia dove fu raggiunto dalla figlia Francesca maritata nel 1361 al milanese Francescuolo da Brossano.»</ref>), Petrarca decise di affidare al copista [[Giovanni Malpaghini]] la trascrizione in bella copia delle ''Familiares'' e del ''Canzoniere''<ref group="N">Il [[Ravenna|ravennate]] Giovanni Malpaghini fu presentato, nel 1364, da Donato degli Albanzani a Petrarca che, rimasto colpito dalle sue qualità letterarie e dalla sua pronta intelligenza, lo prese al suo servizio quale [[Amanuense|copista]]. La collaborazione tra i due uomini, durata appunto dal 1364 al 1367, si interruppe il 21 aprile di quell'anno, quando il Malpaghini decise di lasciare l'incarico presso l'Aretino. Per maggiori informazioni biografiche, si veda la biografia di {{Cita|Signorini}}.</ref>''.'' La tranquillità di quegli anni fu turbata, nel [[1367]], dall'attacco maldestro e violento mosso alla cultura, all'opera e alla figura sua da quattro [[Averroè|filosofi averroisti]] che lo accusarono di ignoranza<ref name=":3" />. L'episodio fu l'occasione per la stesura del trattato ''De sui ipsius et multorum ignorantia'', in cui Petrarca difende la propria "ignoranza" in campo [[Aristotelismo|aristotelico]] a favore della filosofia neoplatonica-cristiana, più incentrata sui problemi della natura umana rispetto alla prima, intesa ad indagare la natura sulla base dei dogmi del filosofo di [[Stagira-Akanthos|Stagira]]<ref>{{Cita|Pacca|pp. 232-233}}:{{Citazione|Ma...bisogna dire che il vero valore del ''De ignorantia'' consiste nella vigorosa affermazione della filosofia morale sulla scienza naturale [...] Ed è questo il motivo della sua inferiorità rispetto a scrittori come Platone, Cicerone e Seneca; perché per Petrarca la cultura "è subordinata alla vita morale dell'uomo...''}}</ref>. Amareggiato per l'indifferenza dei veneziani davanti alle accuse rivoltegli, Petrarca decise di abbandonare la città lagunare ed annullare così la donazione della sua biblioteca alla Serenissima.
 
==== L'epilogo padovano e la morte (1367-1374) ====