Locomotiva FS E.330: differenze tra le versioni
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|Potenza_Massima={{M|2000|k|W}}<ref name="ReferenceA">Effettiva ai cerchioni e alla velocità di 75 km/h: cf {{Cita|Mascherpa|nº 225, p. 35}}.</ref>
|Potenza_Continuativa=1 750 kW<ref name="ReferenceA"/>
|Sforzo_Trazione_Massimo={{M|84|k|N}}<ref>A regime continuativo e alla velocità di {{M|75||kmh}}: cf {{Cita|Mascherpa|nº 225, p. 35}}
|Sforzo_Avviamento=
|Velocità_Massima={{M|100||kmh}} (vedi il testo)
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Essi spinsero le neoistituite FS dirette dall'ingegner [[Riccardo Bianchi]] (che come componente della [[commissione Nicoli-Grismayer]] aveva promosso i primi esperimenti italiani di trazione elettrica<ref>{{Cita pubblicazione |cognome=Regio Ispettorato generale delle strade ferrate | nome= | titolo= La trazione elettrica sulle strade ferrate. Relazione della Commissione ministeriale incaricata di studiare l'applicazione della trazione elettrica alle ferrovie di traffico limitato |anno= 1898 |rivista= Giornale del Genio Civile |volume= 36 |pp= 215-292 }}</ref><ref>{{Cita libro | cognome=Regio Ispettorato generale delle strade ferrate | nome= | anno=1899 | titolo=Atti della Commissione incaricata di studiare l'applicazione della trazione elettrica alle ferrovie di traffico limitato | editore=Tipografia dell'Unione Cooperativa Editrice | città=Roma }}</ref><ref>{{Cita|Loria|pp. 3-45|Loria, 1971}}.</ref>) a predisporre fin dal [[1905]]-1906 un primo impegnativo programma di elettrificazioni da completare entro il [[1911]], comprendente le [[Linea di valico|linee di valico]]: [[Ferrovia Torino-Genova|i Giovi]], il [[Ferrovia del Frejus|Frejus]], la [[Ferrovia Torino-Fossano-Savona|Savona–San Giuseppe di Cairo–Ceva]], la [[Ferrovia Porrettana|Porrettana]], la [[Ferrovia Napoli-Salerno|Napoli–Salerno]] con la [[Ferrovia Torre Annunziata-Castellammare di Stabia-Gragnano|diramazione Torre Annunziata–Castellammare di Stabia]]; e le linee pianeggianti o moderatamente acclivi accentrate su Milano: [[Ferrovia Lecco-Milano|Milano–Lecco]] con diramazione [[Ferrovia Seregno-Bergamo|Carnate–Bergamo]], [[Ferrovia Domodossola-Milano|Milano–Arona]] con diramazione [[Ferrovia Gallarate-Laveno|Gallarate-Laveno]], [[Ferrovia Briga-Domodossola|Iselle di Trasquera–Domodossola]] da prolungare fino ad Arona.<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 227, p. 38}}.</ref><ref>{{Cita|Bonelli|p. 170}}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione |cognome= Lacchè | nome= Camillo | titolo= Il valico dei Giovi e i primi programmi di elettrificazione delle ferrovie |anno= 1978 |rivista= Ingegneria ferroviaria |volume= 33 |numero= 6 |pagine= 625-627 |cid= Lacchè }}</ref>
Per le necessità del [[porto di Genova]] si decise di elettrificare anzitutto la [[Ferrovia Torino-Genova|linea dei Giovi]]. I lavori sul tronco Pontedecimo–Busalla furono iniziati nel [[1907]] e l'esercizio passò definitivamente alla trazione elettrica il 1º maggio 1911, con l'utilizzazione delle [[Locomotiva FS E.550|locomotive E.550]] costruite dal 1908<ref name="cornolò, gut172-190">{{Cita|Cornolò, Gut|pp. 172-190}}.</ref>. I brillanti risultati ottenuti fin dall'esercizio 1911-1912, il primo svoltosi tutto in trazione elettrica<ref>Nel 1911 l'Italia, con 810,93 km di linee ferroviarie delle FS e concesse esercite in trazione elettrica, era al primo posto in Europa. Cf {{Cita pubblicazione|titolo=Elektrotechnische Zeitschrift|giorno=27|mese=luglio|anno=1911|pp=730-737|postscript=nessuno}}; 3 agosto 1911, pp. 758-765; 10 agosto 1911, pp. 792-799; 17 agosto 1911, pp. 820-827.</ref>, spinsero a continuare col programma prestabilito e in particolare a puntare sull'elettrificazione delle linee [[Ferrovia Lecco-Milano|Monza–Lecco]] (elettrificata nell'aprile 1910 per il tronco [[Lecco]]–[[Calolziocorte]] e nel giugno 1914 per il tronco Calolziocorte–[[Monza]]<ref name="E.626-499" />), [[Ferrovia succursale dei Giovi|Ronco–Mignanego–Genova]] e [[Ferrovia Genova-Ventimiglia|Genova–Savona]].<ref>{{Cita pubblicazione |cognome= Grismayer | nome= Egisto | titolo= Considerazioni sulla trazione elettrica ferroviaria |anno= 1914 |rivista= L'elettrotecnica |volume= 1 |numero= 27 |pagine= 691-698, (28): 719-726, (29): 747-758, (30): 773-782, (31): 799-804 |cid= Grismayer nº 1 }}</ref><ref>{{Cita pubblicazione |cognome= Santoro | nome= Filippo | coautori = L. Calzolari | titolo= La trazione elettrica sulla vecchia linea dei Giovi. Risultati dell'esercizio |anno= 1914 |rivista= Rivista tecnica delle ferrovie italiane |volume= a. 3, 5 |numero= 1 |pagine= 1-42. Rist. in {{Cita pubblicazione|titolo=Ingegneria ferroviaria|anno=1990|numero=3|pp=119-162}} |cid= Santoro, Calzolari nº 1 }}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione |cognome= Verole | nome= Pietro | titolo= La trazione elettrica nel primo decennio di esercizio delle Ferrovie dello Stato italiano |anno= 1916 |rivista= Rivista tecnica delle ferrovie italiane |volume= a. 5, 9 |numero= 2 |pagine= 33-64 |cid= Verole nº 1 }}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www.miol.it/stagniweb/Foto6.asp?File=tri_map&Tipo=index&Righe=50&Col=5|autore=Giorgio Stagni|titolo=Cronologia dell'elettrificazione trifase|accesso=3 aprile 2011}}</ref>
Per queste ultime fu decisa la costruzione di un nuovo gruppo di locomotive con velocità massima di 100 km/h<ref>Che risultò essere la massima ammissibile a causa della complessità della [[Linea aerea di contatto|linea di contatto]]: cf {{Cita pubblicazione |cognome= Gruppo Savona E 431 | nome= | titolo= Geometrie del trifase |anno= 2011 |rivista= Tutto treno |volume= 24 |numero= 256 |pagine= 41 }}
Per consentire l'esercizio su tutte le linee già elettrificate o in corso di elettrificazione nel 1912-[[1913]] furono ordinate le macchine elencate nella tabella che segue.<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 227, p. 41}}.</ref><ref>{{Cita|Loria|pp. 118-119|Loria, 1971}}.</ref>
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La caratteristica del motore asincrono trifase di ruotare a una velocità fissa dipendente dalla frequenza della corrente di alimentazione, vantaggiosa per il traffico merci sulle linee di montagna, si era già dimostrata inadatta per il traffico viaggiatori su linee di pianura. Tutte le locomotive trifasi precedenti potevano viaggiare a una sola velocità (FS [[Locomotiva FS E.430|E.430]]) o a due (FS [[Locomotiva FS E.360|E.360]], E.550 e FFS [[Locomotiva FFS Fb 3/5|Fb 3/5 364-365]]). Nel 1907 le FFS introdussero sulla linea del Sempione la locomotiva [[Locomotiva FFS Fb 4/4|Fb 4/4 366]] che fu la prima in grado di sviluppare quattro velocità ma soltanto grazie a uno schema elettrico ridondato con conseguente sottoutilizzazione dei materiali.<ref name="cornolò, gut">{{Cita|Cornolò, Gut|pp. 159-165}}.</ref>
Per le E.330 erano state previste quattro velocità, le due più elevate delle quali stabilite come normali per i servizi da svolgere. Il termine di confronto erano le [[Locomotiva a vapore|locomotive a vapore]] per treni diretti e direttissimi del gruppo [[Locomotiva FS 685|685 FS]], progettate e ordinate nel 1911 e consegnate a partire dal 1912.<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 225, pp. 27-29}}.</ref><ref>{{Cita|Erminio|Mascherpa|La regina delle locomotive. Storia del Gruppo 685|1984|Editrice Trasporti Su Rotaie|Salò|ISBN=88-85068-02-2|pp=6 e 176-179|nome2=Gian Guido|cognome2=Turchi}}.</ref>
=== Parte meccanica ===
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Il [[rodiggio]] 1'C1' delle E.330 è analogo a quello delle locomotive a vapore del gruppo FS 685 e di altre locomotive elettriche trifasi precedenti ([[Locomotiva FS E.360|E.360]] ed [[Locomotiva FS E.380|E.380]]<ref>{{Cita|Cornolò, ''Dall'E.626''|pp. 29-31|Cornolò, E.626}}.</ref>) con alcune innovazioni significative.<ref>{{Cita|Loria|tav. IX d|Loria, 1971}}.</ref>
Da entrambe le estremità della macchina la [[Sala montata|sala portante]] e la [[Sala montata|sala accoppiata]] costituiscono un [[Carrello (ferrovia)|carrello]] [[Giuseppe Zara|Zara]], col vantaggio di una marcia più adatta alle linee italiane del tempo, caratterizzate da un'elevata tortuosità e da grandi [[tolleranze e accoppiamenti dimensionali|tolleranze]] nella geometria dell'[[armamento ferroviario|armamento]].<ref name="FSDGST-T182">{{Cita|Ferrovie dello Stato. Direzione generale. Servizio Trazione, ''Album''|tav. 182|FS Album}}.</ref><ref>{{Cita|Mascherpa|nº 226, p. 30-35}}.</ref> In aggiunta la [[Sala montata|sala motrice]] centrale è dotata della possibilità di spostarsi trasversalmente.<ref>{{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|nº 1, pp. 4-5|Verole Marsili nº 1}}.</ref> Conseguentemente il rodiggio diventò privo di un vero e proprio [[passo rigido]] e ciò, oltre a migliorare l'[[Meccanica della locomozione (ferrovia)|inscrizione in curva]], ridusse la tendenza al [[Meccanica della locomozione (ferrovia)|moto di serpeggio]] e l'aggressività nei confronti del [[Binario ferroviario|binario]]. La buona distribuzione delle masse, concentrata intorno al [[Centro di massa|baricentro]], insieme alle altre scelte progettuali rese il comportamento dinamico delle E.330, in rettifilo e in curva, molto buono anche comparandolo con quello di altre locomotive italiane successive.<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 226, p. 30-35}}.</ref><ref>{{Cita|Olivero, ''E 330''|nº 198, pp. 17-18|Olivero nº 198}}.</ref>
Inoltre fu prevista la possibilità, con un modesto lavoro d'officina, di redistribuire i [[Peso per asse|carichi per sala]] alleggerendo quelle motrici e riducendo così la massa aderente da 51 t a 45 t per il servizio sulle linee che ammettevano un carico per sala di 15 t.<ref name="FSDGST-T182" /><ref>{{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|nº 1, p. 5|Verole Marsili nº 1}}.</ref>
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Stern brevettò nel [[1907]], integrando il [[brevetto]] nel [[1908]], un circuito in grado di convertire a bordo la corrente di alimentazione da [[Sistema trifase|trifase]] a [[Sistema bifase (elettrotecnica)|bifase]], con conseguente variazione del [[Motore elettrico|numero dei poli]] per ottenere due velocità di rotazione dei motori. Nello stesso brevetto egli suggerì l'applicazione del suo schema a una locomotiva a quattro velocità (le altre due ottenute con un collegamento in cascata), aggiungendo un [[autotrasformatore]] Scott per la conversione della corrente da trifase a bifase.<ref name="ReferenceB"/>
Il brevetto del Milch, depositato nel 1910, risolse il problema della commutazione dei motori. Pertanto le E.330 furono dotate di un [[Locomotiva elettrica|circuito di trazione]] con quattro tipi di collegamento: [[Circuiti in serie e in parallelo#Circuiti in serie|in cascata]] a 8 poli, con alimentazione trifase dalla linea di contatto e dal motore primario; in cascata a 6 poli, con alimentazione bifase dall'autotrasformatore Scott e dal motore primario; [[Circuiti in serie e in parallelo#Circuiti in parallelo|in parallelo]] a 8 poli, con alimentazione trifase dalla linea di contatto; e in parallelo a 6 poli con alimentazione bifase dall'autotrasformatore Scott.<ref>{{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|nº 1, p. 13 e tavv. V|Verole Marsili nº 1}}; {{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|nº 2, pp. 37-40 e tav. IV|Verole Marsili nº 2}}
Il numero dei contatti dei [[Locomotiva elettrica|combinatori]] risultò alla fine essere di 103.<ref>{{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|nº 2, pp. 38-42|Verole Marsili nº 2}}.</ref><ref name="Cita|Mascherpa|nº 225, p. 28">{{Cita|Mascherpa|nº 225, p. 28}}.</ref> Gli anelli collettori<ref>Nelle macchine elettriche asincrone gli anelli collettori collegano l'avvolgimento dell'[[Rotore (elettrotecnica)|indotto]] col reostato di avviamento.</ref> furono posti sull'albero del motore (tre da un lato e quattro dall'altro)<ref>Nello schema previsto dal brevetto Stern del 1907 i punti di commutazione avrebbero dovuto essere 24. Nel suo brevetto integrativo del 1908 egli aveva ridotto il loro numero a 9. Fu con lo schema Milch brevettato nel 1910 che il numero fu ridotto a 7, permettendo la costruzione dell’E.330 con le tecnologie allora disponibili: cf {{Cita|Mascherpa|nº 224, pp. 19-20}}.</ref>, in posizione vantaggiosa per le ispezioni e la manutenzione ma con difficoltà costruttive per le tecnologie allora disponibili, giacché i cavi di collegamento tra i collettori e gli [[Rotore (elettrotecnica)|indotti]] dovettero passare in cunicoli a collo d'oca attraversanti i perni di manovella, le manovelle e gli alberi.<ref name="Cita|Mascherpa|nº 225, p. 28"/><ref>{{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|nº 1, pp. 12-13|Verole Marsili nº 1}}.</ref>
[[File:3 rid.jpg|thumb|Motore di trazione. In alto, senza coperchi, i combinatori. Davanti, il servomotore pneumatico che li azionava]]
Il resto dell'equipaggiamento elettrico è analogo a quello dell'E.550, col [[reostato]] controllato da una "testa di comando" che regolava automaticamente la locomotiva mantenendone costante la potenza durante gli avviamenti e le transizioni da una velocità all'altra e che anticipava di decenni i principi dei moderni [[Controllo automatico|controlli automatici]].<ref>{{Cita|Verole, Marsili, ''I nuovi''|nº 2, pp. 42-43 e tav. VIII|Verole Marsili nº 2}}.</ref><ref>{{Cita|Loria|tav. IX e, IX f, XXXIII e, XXXIII f |Loria, 1971}}.</ref><ref>{{Cita|Mascherpa|nº 225, pp. 28 e 32}}.</ref>
L'alimentazione dalla [[linea aerea di contatto|linea di contatto]], con due fasi costituite da conduttori aerei elettricamente distinti, era fondamentale per una locomotiva che avrebbe dovuto viaggiare fino a una velocità doppia di quelle che l'avevano preceduta. Essa fu affidata a un [[trolley a stanga|organo di presa di corrente]] (''trolley'') progettato, brevettato, costruito e fornito dalla Brown Boveri. Per superare le obiezioni della Westinghouse, costruttrice di tutta la parte elettrica e che aveva proposto un ''trolley'' da essa progettato e brevettato (e già sperimentato nel 1908 sulle E.550.<ref>{{Cita pubblicazione |cognome= | nome= | titolo= Immagini d'altri tempi |anno= 1986 |rivista= I treni oggi |volume= 7 |numero= 62 |pagine= 26-27 }}</ref>), le FS decisero di acquistare i ''trolley'' direttamente dalla Brown Boveri e quindi di fornirli alla Westinghouse per il montaggio.<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 225, pp. 29-30}}.</ref><ref>Italo Briano, ''Storia delle ferrovie in Italia'', vol. 2. ''La tecnica 1'', Milano, Cavallotti, 1977, p. 216.</ref>
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|}
Dalle stesse prove risultò che ''a regime continuativo''<ref>Da esso si ha la potenza continuativa, erogata dalla locomotiva per un tempo teoricamente illimitato.</ref> e alla velocità di 75 km/h le E.330 sviluppavano una forza di 84 kN e una potenza di 1760 kW. Il confronto con le [[Locomotiva FS 685|685 FS]], che alla stessa velocità sviluppavano una forza di 44 kN e una potenza di 920 kW, dimostrò la superiorità dell'E.330 (le [[Potenza specifica|potenze specifiche]] erano di 7,5 W/kg per le 685 e di 24 W/kg per le E.330).<ref name="FSDGST-T182" /><ref>{{Cita|Mascherpa|nº 225, p. 27}}.</ref><ref>Ferrovie dello Stato. Direzione generale. Servizio Trazione, ''Album dei tipi delle locomotive ed automotrici'', vol. I, Firenze, Ferrovie dello Stato, 1915, tav. 124. Rist. anast.: Colleferro, Editrice di storia dei trasporti, 1979; Ponte San Nicolò, Duegi, 2005.</ref>
Con alimentazione a 3300 V, 16,7 Hz ''e a regime orario'' le grandezze misurate furono le seguenti<ref name="Cita|Mascherpa|nº 225, p. 35"/>:
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{| class="wikitable"
! Velocità nominale (km/h)
! Velocità di sincronismo (km/h)<ref>Con cerchioni a nuovo.</ref><ref>Del motore secondario nel collegamento in cascata (prima e seconda velocità) e di entrambi i motori nel collegamento in parallelo (terza e quarta velocità).</ref>
! Potenza assorbita (kW)
! Potenza effettiva (kW)
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Le dimensioni e le masse dei contrappesi, diversi tra loro per la massa e per la posizione per la prima volta in un gruppo di locomotive FS, furono la causa di altri inconvenienti. Durante le grandi riparazioni, che comportavano lo smontaggio della locomotiva in ogni sua parte, gli operai d'officina, abituati all'interscambiabilità dei contrappesi, a volte li rimontarono in posizioni diverse da quelle previste, finendo coll'esasperare forze che invece avrebbero dovuto essere mitigate. Le conseguenze sull'integrità della macchina apparvero subito gravi, e le reiterate disposizioni dei competenti uffici FS alle Officine dimostrano che tali [[guasto|inconvenienti d'esercizio]] non furono occasionali.<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 225, p. 31}}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione|nome=Franco|cognome=De Falco|titolo=Dalla 050 ella E 404|rivista=Le locomotive del Tecnomasio. Itinerario nella storia della trazione ferroviaria italiana attraverso 1000 locomotive|città=Vado Ligure|editore=ABB Tecnomasio|anno=1994|pp=12-13 }}</ref>
Nel [[1921]] sulla locomotiva E.330.014 fu sperimentato un sistema di trasmissione del moto dai motori alle sale tramite un cinematismo studiato dall'ingegner [[Giuseppe Bianchi (ingegnere)|Giuseppe Bianchi]].<ref>''Relazione del 9 agosto 1921 del Capo del Servizio materiale e trazione sul sistema di biella motrice articolata per locomotive elettriche ideata dall'ing. Giuseppe Bianchi'', in {{Cita|Loria|nota 17, pp. 304-306|Loria, 1971}}.</ref>
Per la parte elettrica fin dalle prime prove condotte sulla Monza-Lecco il [[reostato]] (come già quello delle E.550, dal quale derivava), che aveva una capacità di 680 [[Litro|l]] (in origine sulla locomotiva 009, aumentata a 960 l dopo le prime prove<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 226, p. 36}}.</ref>) di [[soluzione (chimica)|soluzione]] di [[acqua]] e [[carbonato di sodio|soda]] al 2%, risultò incapace di smaltire il [[calore]] in eccesso, con conseguente concentrazione della soluzione, diminuzione della sua [[Resistività elettrica|resistività]] e impossibilità di espletare servizi con fermate frequenti.<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 227, p. 45}}.</ref><ref>{{Cita|Cornolò, ''Locomotive''|p. 94|Cornolò, Locomotive}}.</ref><ref>{{Cita|Olivero, ''E 330''|nº 198, p. 20|Olivero nº 198}}.</ref>
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Al di là dei difetti a cui si è accennato le E.330 corrisposero alle aspettative. La storiografia concorda nel ritenere che le E.330 identificano l'inizio "[del]la fase 'matura' [del sistema trifase] (caratterizzata da locomotive ad elevato rendimento e da significativi miglioramenti nell'affidabilità dei mezzi e della linea aerea) [con] uno slancio che vide il realizzarsi di vaste opere di elettrificazione prima sulle linee di valico e poi in pianura, senza esaurirsi fino agli [[anni 1930|anni trenta]]."<ref>Cf {{Cita|Olivero, ''E 330''|nº 198, p. 15|Olivero nº 198}}.</ref>, quando il successo dell'elettrificazione sperimentale a [[corrente continua]] ad alta tensione della [[Ferrovia Napoli-Foggia|linea Foggia-Benevento]] e delle [[Locomotiva FS E.626|locomotive FS E.625 ed E.626]] chiuse il confronto fra "trifasisti" e "continuisti" nell'ambito del dibattito italiano sulla "questione del sistema".<ref>Con "questione del sistema" la tecnica e la storiografia ferroviaria intendono il dibattito sulla comparazione della convenienza tecnica ed economica dei sistemi di trazione a vapore, Diesel ed elettrici. Per quanto riguarda il sistema di trazione elettrica esse intendono la comparazione fra i diversi sistemi di trazione elettrica.</ref>
Lo schema Stern-Milch, nell'interpretazione datane dai progettisti della Westinghouse (Kálmán Kandó e collaboratori), risolse il problema della variazione di velocità in modo ineguagliato da altri schemi coevi e successivi e fu ripreso per il progetto delle [[Locomotiva FS E.431|locomotive E.431]], che utilizzarono anche il reostato sperimentato sull'E.330.016. Lo schema Milch fu ripreso anche per le [[locomotiva FS E.470|locomotive FS E.470]] del [[Trazione trifase|sistema trifase con alimentazione a 10 kV a frequenza industriale]]. Il rodiggio e la trasmissione vennero adottati per le [[locomotiva FS E.333|locomotive FS E.333]].<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 227, pp. 45-47
Viene inoltre giudicato "lungimirante" il comportamento delle Ferrovie ''dello Stato'' dirette da Riccardo Bianchi che, dovendo sviluppare i servizi e anche ridurre la dipendenza dal mercato estero per gli acquisti di [[carbone]] per locomotive (che nel [[1911]] assommarono a oltre due milioni di tonnellate, provenienti dal bacino inglese di [[Cardiff]]<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 227, p. 39}}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione |cognome= Cherubini | nome= Fabio | titolo= Una ''Camelback'' in Italia |anno= 2009 |rivista= I treni |volume= 30 |numero= 316 |pagine= 22-23 |cid= Cherubini nº 1 }}</ref>), si posero alla testa del [[Progresso tecnico|progresso tecnologico]] e, dopo aver "importata" una nuova [[tecnologia]] (i progettisti della Westinghouse e della Brown Boveri erano tutti stranieri), promossero la riduzione del [[Monopolio|monopolio di fatto]] e stimolarono lo sviluppo dell'[[industria]] elettromeccanica nazionale.<ref name="ReferenceC"/><ref>"Nei primi venti anni del secolo, cioè dall'inizio degli esperimenti delle Valtellinesi e delle Varesine, erano stati costruiti 237 locomotori elettrici […]. Queste locomotive, come abbiamo osservato, erano tutte di progettazione straniera, in massima parte della Ganz, anche se costruite, dopo il 1908, in Italia, nell'unico stabilimento, sorto appositamente, di Vado Ligure. Nel decennio successivo, vennero costruite 540 locomotive […]; ma, di queste locomotive, come abbiamo messo in evidenza, soltanto 55 erano di progettazione straniera, e tutte vennero costruite in officine italiane, adeguatamente attrezzate allo scopo. Cf {{Cita|Loria|p. 443|Loria, 1971}}.</ref>
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Per le sue caratteristiche progettuali, per i suoi risultati d'esercizio e per il suo contributo allo sviluppo industriale del Paese l'E.330 "merita a buon diritto di essere annoverata fra le grandi locomotive 'storiche' della trazione elettrica (Erminio Mascherpa)".<ref name=Masc227-47 />
Nel [[2011]] l'impresa ferroviaria ungherese [[Magyar Államvasutak|MÁV Trakció]] insieme alla [[Bombardier]] ha ricordato l'anniversario della morte di Kálmán Kandó applicando alla sua locomotiva E 480 001 (91 55 0480 001-1) una livrea commemorativa comprendente un suo ritratto, una fotografia delle locomotive FS E.330 ed E.550 presa nel 1914 nello stabilimento di Vado Ligure prima delle consegne alle FS, e una della locomotiva MÁV E 40 001 del 1932, prototipo del sistema a corrente alternata monofase.<ref>{{Cita pubblicazione |cognome= a cura di Marco Bruzzo e Daniela Ottolitri | nome= | titolo= News estero |anno= 2011 |rivista= Tutto treno |volume= 24 |numero= 256 |pagine= 11 }}
== Soprannomi ==
Le locomotive E.330 furono soprannominate dal personale FS "Cammelli" e "[[Sommergibile|Sommergibili]]". Il primo soprannome fu attribuito, in tempi recenti, alla loro configurazione estetica che, vista di fianco, ricordava quella di un [[Camelus bactrianus|cammello]] (in realtà la presenza di una sola gobba avrebbe dovuto suggerire quella di [[Camelus dromedarius|dromedari]]) o alla loro marcia dinoccolata, ma l'osservazione che essa è comune a tutte le locomotive con [[Meccanismo biella-manovella|trasmissione a bielle]] fece propendere per una terza interpretazione legata alla possibilità di reintegrare l'acqua della soluzione sodica di raffreddamento del reostato attingendo dal serbatoio ausiliario senza interrompere la corsa.<ref>{{Cita|Olivero, ''E 330''|nº 198, p. 21|Olivero nº 198}}.</ref><ref>{{Cita pubblicazione |cognome= Albè | nome= Alessandro | titolo= Quando i treni hanno un nome |anno= 2000 |rivista= Tutto treno & storia |volume= 1 |numero= 3 |pagine= 25 }}
Il soprannome di ''sommergibili'', legato anche alle contemporanee vicende della [[prima guerra mondiale]] e comune ad altri gruppi di locomotive elettriche FS, sembra dovuto alla difficoltà per il personale di macchina di passare da una cabina all'altra senza dovere scendere a terra, essendo lo spazio interno angusto e parzialmente ingombrato da [[Cavo|cavi]], [[Tubo|tubi]], ripari dei contrappesi della trasmissione e altri apparecchi.<ref>{{Cita|Mascherpa|nº 225, pp. 28 e 30}}.</ref>
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