Cornelio Fabro: differenze tra le versioni
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Cornelio Fabro si inscrive, con speciale vigore e originalità, nell'alveo della [[Scolastica (filosofia)|neoscolastica]], o, più precisamente, del [[neotomismo]]. Il suo apporto più profondo alla [[metafisica]] classica, sulle orme di [[san Tommaso d'Aquino]], è la distinzione reale tra ''essentia'' ("essenza") e ''actus essendi'' ("atto d'essere"). È questa la leva straordinaria di pensiero che lo porterà a riconoscere con sicurezza le debolezze e le aporie del pensiero moderno, il quale, movendo dall'[[Immanenza|immanentismo]] del ''[[Cogito ergo sum|cogito cartesiano]]'', sfocia ineluttabilmente nell'[[ateismo]].
Nel saggio ''Introduzione all'ateismo moderno'' (Studium, Roma, [[1964]]) egli ha sviluppato un ampio esame del pensiero ateo moderno, trovandone l'origine nel pensiero di [[Cartesio]] e con successivi importanti apporti di quello di [[Baruch Spinoza|Spinoza]]. Secondo Fabro con alcune premesse poste da essi l'ateismo ha trovato basi di sviluppo importanti. In buona sintesi: tutto nasce da una visione filosofica dell'"immanenza" che ha danneggiato fortemente il riferimento alla "[[trascendenza]]".
Altri pensatori moderni su cui si è esercitata l'acribìa fabriana sono [[Emanuele Severino]] e [[Karl Rahner]]. Sul fronte opposto, il Fabro ha valorizzato in misura importante il pensiero cristiano, esistenzialista, anti-idealista di [[Søren Kierkegaard]], facendosi traduttore (dall'originale in [[lingua danese]]), editore e commentatore delle sue opere.
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