Ebraismo in Italia: differenze tra le versioni

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La comunità ebraica italiana trae le sue origini nel II secolo a.C., quando i primi [[ebrei]] arrivarono a [[Roma]] grazie all'intenso scambio commerciale nel [[bacino del Mediterraneo]]. Già nel I secolo la comunità ebraica romana era fiorente e stabile tant'è che poté riscattare gli ebrei fatti schiavi durante l'[[assedio di Gerusalemme (70)|assedio di Gerusalemme]] del 70.<ref name="Cali"/> La maggioranza degli ebrei italiani di conseguenza non appartiene a nessuno dei due gruppi rituali maggiori presenti in seno all'ebraismo (quello [[sefardita]]-spagnolo e quello [[Swagga Like Us|askenazita]]-tedesco),<ref name="Cali"/> ma sono di rito italiano (''Italkim o bene romi'') che è, insieme al rito temani (yemenita) uno dei riti ebraici più antichi da cui poi è derivato quello askenazita; già nel Talmud si trovano accenni ad usi tipici dei ''bene romi'' (figli di Roma).<ref name="Cem">[http://www.mosaico-cem.it/ebrei-in-italia Ebrei in Italia], su ''Mosaico CEM.it''</ref> Il rito italiano attuale può essere suddiviso inoltre in due sottocategorie il rito italiano degli ebrei del centro e nord Italia, più vicino al rito romano originario e simile nella maggior parte dei suoi aspetti al rito askenazita-tedesco ed il rito romano degli attuali ebrei romani più simile al rito sefardita a causa delle influenze sefardite conseguenti all'immigrazione a Roma degli ebrei sefarditi dopo la cacciata dalla Spagna.
 
== Storia ==
{{Vedi anche|Storia degli ebrei in Italia}}
[[File:Arco di tito, rilievo del trionfo dopo la presa di gerusalemme 01.JPG|thumb|[[Arco di Tito]] nel Foro di Roma - bassorilievo che decora un lato del [[fornice]] e che commemora il trionfo di Tito dopo la [[assedio di Gerusalemme (70)|cattura di Gerusalemme del 70]], con la deportazione a Roma degli ebrei e del tesoro del [[Tempio di Gerusalemme|Tempio]].]]
 
Gli ebrei italiani hanno una storia molto antica, che risale fino al II secolo a.C.: reperti archeologici di [[lapide tombaria|lapidi tombarie]] e iscrizioni dedicatorie vanno indietro fino ad allora. A quel tempo la maggioranza viveva nell'estremo sud dell'Italia, con una ramificazione comunitaria a [[Roma]], e generalmente parlavano il [[lingua greca|greco]]. Si pensa che alcune famiglie (per esempio gli "Adolescenti") siano i discendenti degli ebrei deportati dalla [[Giudea]] dall'imperatore [[Tito (imperatore romano)|Tito]] nel [[70]] a.C.]] Nel primo medioevo esistevano principali comunità nel meridione italiano, come per esempio [[Bari]] e [[Otranto]]. Gli ebrei medievali italiani produssero inoltre importanti opere [[Halakhah|halakhiche]] come ''Shibbole ha-Leket''.<br />Verso la fine del XV secolo, gli Ebrei in Italia erano complessivamente 70.000 su una popolazione totale di circa 8-10 milioni di persone,<ref name ="EbreiItalia">''Storia degli ebrei italiani'' - volume primo, [[Riccardo Calimani]]</ref> quindi appena lo 0,7% - 0,9% degli abitanti (in Spagna, su una popolazione globale eguale all'Italia, vi erano allora ben 200.000 ebrei), distribuiti in 52 comunità. Di questi, circa 50.000 abitavano in [[Sicilia]],<ref name = "EbreiItalia"/> dove si stima che nel [[1492]] gli ebrei componessero tra il 3 e il 6% della popolazione.<ref name="tracingthetribe">{{Cita web|url=http://tracingthetribe.blogspot.com/2006/08/at-icjg-jews-in-italy.html |titolo=Tracing the Tribe: At the ICJG: Jews in Italy |accesso=12/03/2013 |cognome=Talalay Dardashti |nome=Schelly |data=20/08/2006 }}</ref><br />Dopo l'espulsione degli ebrei dal Regno di Napoli nel 1533, il centro di gravità si spostò a Roma e al nord.<ref name="Cali">[[Riccardo Calimani]], ''Storia degli ebrei italiani'', Mondadori, 2013, ''passim''.</ref>
 
Uno degli ebrei italiani più famosi fu [[Rabbino|Rabbi]] [[Moshe Chaim Luzzatto]] (1707–1746) le cui opere religiose ed [[etica ebraica|etiche]] sono studiate a tutt'oggi. La comunità ebraica nel suo complesso raggiungeva circa 50.000 persone dal momento che fu emancipata nel [[1870]]. Un momento importante nella storia dell'Ebraismo italiano è il [[Congresso ebraico di Forlì]] del [[1418]], in cui vengono avanzate richieste al nuovo papa, [[Papa Martino V|Martino V]], e vengono assunte decisioni relative alla vita interna delle comunità ebraiche.
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Storicamente gli ebrei italiani si suddividono in quattro categorie:
 
# Ebrei di rito italiano (in [[ebraico]] "Italkim"), che risiedono in Italia, ed in particolare a Roma, dal tempo dei [[Impero Romano|romani]] (da circa 2200 anni).
# Ebrei [[sefarditi]], che possono essere suddivisi in sefarditi levantini e ebrei iberici, cioè ebrei giunti in Italia dopo le [[Decreto di Alhambra|espulsioni dalla Spagna]] nel [[1492]], dal [[Portogallo]] nel [[1497]] e dal [[Regno di Napoli]] nel [[1533]]. Questi a loro volta includono sia gli espulsi di quel tempo sia la famiglie [[Cripto-Giudaismo|criptogiudaiche]] che lasciarono la Spagna e il Portogallo nei secoli successivi e ritornarono all'[[Ebraismo]].
# Ebrei [[aschenaziti]], che vivono principalmente nella parte nord dell'Italia.
# Ebrei di [[Asti]], [[Fossano]] e [[Moncalvo]] ("Appam"). Questi rappresentano gli ebrei espulsi dalla [[Francia]] nel [[Medioevo]]. La loro [[preghiera ebraica|liturgia]] è simile a quella degli aschenaziti, ma contiene alcuni usi distintivi provenienti dagli ebrei francesi del tempo di [[Rashi]], particolarmente nelle funzioni delle [[Festività ebraiche]].<ref>[http://looklex.com/e.o/israel.peoples.htm Popolo d'Israele]</ref>
 
Storicamente queste comunità rimasero separate: in una data città vi era spesso una "sinagoga italiana" e una "sinagoga spagnola" e di tanto in tanto anche una "sinagoga tedesca". In molti casi, queste si sono amalgamate, ma una data sinagoga può celebrare servizi liturgici di più riti.<ref>[http://www.archivio-torah.it/feste/ Feste e liturgie ebraiche].</ref>
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Attualmente esistono anche altre categorie:
 
* [[Comunità ebraica di San Nicandro Garganico|Ebrei di San Nicandro]] che sono discendenti [[Ghiur|gerim]] dei [[neofita|neofiti]] di [[San Nicandro Garganico]];<ref>John A. Davis, ''Gli ebrei di San Nicandro'', Giuntina, 2013. ISBN 978-888057482888-8057-482-8</ref>
* [[Ebrei iraniani]] (più precisamente persiani) che vivono a [[Roma]] e [[Milano]];
* Ebrei [[Libia|libici]], soprattutto a Roma.<ref name="Cem"/>
* Ebrei libanesi, giunti soprattutto a Milano in seguito alla guerra civile del Libano del 1974.
 
== Associazioni ==
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L'unica organizzazione ebraica italiana che rappresenti l'ebraismo italiano di fronte allo Stato secondo la legge è l'[[Unione delle comunità ebraiche italiane]] (UCEI), come previsto dall'[[intesa]] con lo Stato italiano stipulata il 27 febbraio 1987, approvata con la legge 101/1989, revisione conclusa il 6 novembre 1996 e approvata con la legge 638/1996. L'UCEI partecipa alla ripartizione della quota dell'[[otto per mille]] del gettito [[IRPEF]]. Poiché, come già accennato, per lo Stato Italiano l'unica organizzazione che rappresenti giuridicamente gli interessi dell'ebraismo in Italia è l'UCEI, ne risulta che l'unica definizione di "ebreo" rilevante per lo Stato è quella data dall'Assemblea Rabbinica Italiana. Gli unici enti che possono rilasciare una certificazione di ebraicità in Italia (al fine, ad esempio, di poter richiedere di sostenere un esame universitario in giorno diverso dal sabato, o al fine di richiedere il riposo settimanale durante il sabato, con obbligo per il datore di lavoro di concederlo) sono le Comunità Ebraiche locali membre dell'UCEI che rilasciano tali certificati soltanto in base alle regole dell'ortodossia ebraica. L'iscrizione alle Comunità locali è infatti consentita soltanto previo nulla osta dell'Autorità Rabbinica locale ed al cui diniego si può ricorrere unicamente presso l'Assemblea Rabbinica Italiana (Statuto UCEI).
 
== Rito italiano ==
[[File:Sinagoga-Trieste.jpg|thumb|[[Sinagoga di Trieste]]]]
Gli ebrei italiani autoctoni, distinti dai [[sefarditi]] e dagli [[aschenaziti]], sono a volte indicati nella letteratura scientifica come ''Italkim'' ([[ebraico]] di "italiani", plur. di "italki", ebraico antico derivante dall'aggettivo [[lingua latina|latino]] "italicu(m)", che significa "italico", "latino", "romano"; ''italkit'' (o ''italqit'') viene usato anche in ebraico moderno per indicare la [[lingua italiana]]). Gli ebrei di rito italiano di solito parlavano tradizionalmente una varietà di [[lingua giudeo-italiana|lingue giudeo-italiane]] come il [[bagitto]] a [[Livorno]]; attualmente solo a Roma si continua a parlare il [[giudaico romanesco]].
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Le usanze ed i riti religiosi degli ebrei di rito italiano possono essere visti come un ponte tra le tradizioni [[aschenazita|aschenazite]] e quelle [[sefardita|sefardite]], mostrando somiglianze con entrambe; e sono ancora più vicini alle tradizioni dei [[romanioti]] (ebrei greci in Italia). Si riconosce inoltre una suddivisione tra il ''[[minhag]] Benè Romì'', praticato a Roma, e il ''[[minhag]] Italiani'', praticato in città del nord come [[Torino]], anche se i due riti sono generalmente affini, nonché alcune differenze tra il [[Minhag|''minhag'']] di Firenze (prettamente sefardita) e quello di Livorno.
 
In materia di diritto religioso, la maggior parte degli ebrei di rito italiano in generale seguono le stesse regole degli askenaziti codificate da [[Moshe Isserles]] (detto il ''Ramo'') con l'eccezione della proibizione askenazita di mangiare legumi a Pesach, mentre a Roma e Firenze seguono generalmente le stesse regole dei [[sefarditi]], secondo lo ''[[Shulchan Aruch]] senza le glosse [[Moshe Isserles]] (su un totale di circa 35000 ebrei presenti in Italia solo 12000 risiedono a Roma).'' Tuttavia la loro liturgia è diversa da quella di entrambi questi gruppi. Una ragione di ciò potrebbe essere che l'Italia era il centro principale della prima stampa ebraica, consentendo agli ebrei italiani di conservare le proprie tradizioni, quando la maggior parte delle altre comunità dovevano optare per un [[siddur|libro di preghiere]] di standard "sefardita" o "askenazita".<ref>Anna Foa, ''Ebrei in Europa. Dalla peste nera all'emancipazione'', Laterza, 2001, ''s.v.'' "Riti"; vedi anche Lia Tagliacozzo, ''Melagrana. La nuova generazione degli ebrei italiani'', Castelvecchi, 2005, ''passim''.</ref>
 
Si è spesso sostenuto che il libro di preghiere (''[[siddur]]'') italiano contenga gli ultimi resti della tradizione ebraica giudeo/galilea, mentre sia quello [[sefardita]] sia, in misura minore, quello [[aschenazita]] riflettano la tradizione [[Babilonia|babilonese]]. Questa affermazione è molto probabilmente storicamente accurata, anche se è difficile verificare testualmente quanto materiale liturgico dalla [[Terra d'Israele]] sopravviva. Inoltre, alcune tradizioni italiane riflettono il rito babilonese in una forma più arcaica, più o meno allo stesso modo del libro di preghiere degli [[ebrei]] [[yemen]]iti. Esempi di antiche tradizioni babilonesi conservate dagli italiani ma da nessun altro gruppo (compresi gli yemeniti), sono l'uso di ''keter yitenu lach'' nella ''[[preghiera ebraica|kedushah]]'' di tutti i servizi<ref>Nei vecchi manoscritti del rito italiano, per i tipi di Daniel Goldschmidt e coi riferimenti della prima letteratura come ''Shibbole ha-Leket''. Il ''[[minhag]] Benè Romi'' corrente segue il rito sefardita nell'utilizzo di ''keter'' per il solo ''[[musaf]]'' e ''nakdishach'' per tutti gli altri servizi liturgici. Tutto ciò è valido per Roma, mentre vi sono numerose varianti nelle altre Comunità di rito italiano spesso più vicine di Roma al rito italiano originario.</ref> e di ''naḥamenu'' in [[Birkat Hamazon]] (ringraziamento dopo i pasti) nello [[Shabbat]], entrambi i quali si trovano nel [[siddur]] di [[Amram Gaon]].<ref>''[http://www.morasha.it/sbr/index.html Siddùr Benè Romì]''.</ref>
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La comunità di rito italiano tradizionalmente utilizza l'[[ebraico italiano]], un sistema di pronuncia simile a quella degli ebrei spagnoli e portoghesi. Tale pronuncia è stata in molti casi adottata anche dalle comunità sefardite, aschenazite e ''appam'' d'Italia.<ref name="Cali"/>
 
== Aschenaziti ==
[[File:Dante Lattes nel suo studio.jpg|thumb|Dante Lattes (1876–1965) nel suo studio]]
Ci sono ebrei aschenaziti che vivono nel Nord Italia fin dal [[tardo medioevo]]. A Venezia, erano la più antica comunità ebraica della città, anteriore sia a quella sefardita che ai gruppi italiani. Dopo l'invenzione della stampa, l'Italia divenne un importante centro editoriale per libri ebraici e [[yiddish]] utilizzati dagli ebrei tedeschi ed altri ebrei nordeuropei. Una figura rimarchevole era [[Elia Levita]], esperto grammatico e [[Masoreti|masoreta]], anche autore del poema epico-romantico yiddish ''Bovo-Bukh''.<ref name="Cali"/>
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Nella tradizione musicale e nella pronuncia, gli aschenaziti italiani differiscono notevolmente dagli aschkenaziti di altri paesi e mostrano una certa assimilazione con le altre due comunità. Fanno eccezione le comunità nordorientali, come quella di [[Gorizia]] che data dai tempi austro-ungheresi, e sono molto più vicine alla tradizione tedesca e austriaca.
 
== Sefarditi ==
[[File:Ghetto.OGG|Ingresso al Ghetto|thumb|Video del [[Ghetto di Venezia]]: Ingresso al Ghetto in barca da rio S. Girolamo a rio del Ghetto; l'ormeggio avviene sotto al ponte in ferro che unisce il Ghetto nuovo al Ghetto vecchio.]]
 
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La ''Scola Spagnola'' ([[sinagoga]] spagnola) di [[Venezia]] fu originariamente considerata come la "sinagoga madre" dalle comunità spagnole e portoghesi di tutto il mondo, poiché fu tra le prime ad essere fondate e il primo libro di preghiere fu pubblicato lì: le comunità posteriori, come Amsterdam, seguirono la sua guida in merito a questioni rituali. Col declino dell'importanza di Venezia a partire dal [[XVIII secolo]], il ruolo di primo piano passò alla [[comunità ebraica di Livorno]] (per l'Italia ed il Mediterraneo) e ad Amsterdam (per i paesi occidentali). La sinagoga di Livorno fu distrutta durante la seconda guerra mondiale: un moderno edificio fu eretto nel 1958-1962.<ref>Attilio Milano, ''Storia degli ebrei italiani nel Levante'', Casa Editrice Israel, 1949.</ref>
 
Oltre agli ebrei spagnoli e portoghesi strettamente detti, l'Italia ha ospitato molti [[ebrei sefarditi]] dal Mediterraneo orientale. La [[Dalmazia]] e molte delle isole greche, dove c'erano grandi comunità ebraiche, sono state per molti secoli parte della [[Repubblica Veneta]], e vi fu una comunità "levantina" a Venezia. Questa rimase separata dalla comunità "ponentina" (cioè la spagnola e portoghese) e legata alle proprie radici orientali, come dimostra il loro uso nei primi anni del [[XVIII secolo]] di un libro di inni classificato come ''maqam'' alla maniera ottomana.<ref>Moshe Hacohen, ''Ne'im Zemirot Yisrael'', BL Add 26967, citata in Edwin Seroussi, "In Search of Jewish Musical Antiquity in the 18th-Century Venetian Ghetto: Reconsidering the Hebrew Melodies in Benedetto Marcello's ''Estro Poetico-Armonico''", ''Jewish Quarterly Review'' (NS) vol 93, p. 173.</ref> (Oggi entrambe le sinagoghe sono ancora in uso, ma le comunità si sono amalgamate). In seguito la comunità di Livorno agì come collegamento tra gli spagnoli e i portoghesi e gli ebrei sefarditi orientali e punto di riscontro tra le altre tradizioni e gruppi musicali. Molti ebrei italiani oggi hanno radici "levantine", per esempio da [[Corfù]], e prima della [[seconda guerra mondiale]] l'Italia considerava l'esistenza delle comunità sefardite orientali come possibilità di espandere l'influenza italiana nel Mediterraneo.<ref name="Sefar">Esther Benbassa, Aron Rodrigue, ''Storia degli ebrei sefarditi. Da Toledo a Salonicco'', Einaudi, 2004. ISBN 978-880616821688-06-16821-6</ref>
 
Nel [[XVIII secolo|XVIII]] e [[XIX secolo]], molti ebrei italiani (per lo più, ma non esclusivamente, dal gruppo spagnolo e portoghese) mantennero una presenza commerciale e residenziale sia in Italia che nei paesi dell'[[Impero Ottomano]]: anche coloro che si stabilirono definitivamente nell'Impero Ottomano, mantennero la loro nazionalità toscana o altra italiana, in modo da avere il beneficio delle "[[Capitolazioni dell'Impero ottomano]]". Così in [[Tunisia]] vi era una comunità di ''Juifs Portugais'', o di ''L'Grana'' (livornesi), quest'ultima comunità che si manteneva separata dagli ebrei nativi tunisini (''Tuansa'') considerandosi superiore. Comunità più piccole dello stesso tipo esistevano anche in altri paesi, come la [[Siria]], dove erano conosciuti come ''Señores Francos'', sebbene in genere non fossero abbastanza numerosi per stabilire le proprie sinagoghe; per pregare si incontravano invece nelle reciproche dimore. Diversi paesi europei spesso nominavano ebrei di queste comunità come loro rappresentanti consolari nelle città ottomane.<ref name="Sefar"/>
 
Tra le due guerre mondiali, la [[Libia]] fu una colonia italiana e, come in altri paesi del [[Nordafrica]], il potere coloniale trovò utili gli ebrei locali, essendo una élite istruita e ben introdotta. Dopo l'indipendenza libica e soprattutto dopo la [[Guerra dei sei giorni]] nel [[1967]], molti ebrei libici si trasferirono sia in [[Israele]] che in Italia, e oggi la maggior parte delle sinagoghe "sefardite" a Roma sono in realtà libiche. (Il Tempio Spagnolo, senza dubbio di origine spagnola e portoghese come implica il nome, ora si considera "italiano", in contrasto con queste comunità più recenti).<ref>Angelo Pezzana, ''Quest'anno a Gerusalemme. Gli ebrei italiani in Israele'', Giuntina, [[2008]]. ISBN 978-888057316688-8057-316-6.</ref>
 
== Note ==
{{Reflist}}
 
== Bibliografia ==
* [[Riccardo Calimani|Calimani, Riccardo]], ''Storia degli ebrei italiani'', Mondadori, 2013. ISBN 978-880462704388-04-62704-3
* Sarfatti, Michele, ''Gli ebrei nell'Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione'', Einaudi, 2007. ISBN 978-880617041788-06-17041-7
* Tagliacozzo, Lia, ''Melagrana. La nuova generazione degli ebrei italiani'', Castelvecchi, 2005.
* Sacerdoti, Annie, ''A Guide to Jewish Italy'', 2004. ISBN 0-8478-2653-8, ISBN 978-0-8478-2653-7
* Mola, A.A., ''Isacco Artom e gli ebrei italiani dai risorgimenti al fascismo'', Bastogi Editrice Italiana, 2002. ISBN 978-888185460888-8185-460-8
* Foa, Anna, ''Ebrei in Europa. Dalla peste nera all'emancipazione'', Laterza, 2001.
* ''The Jews of Italy: Memory And Identity'', curato da Barbara Garvin & Bernard Cooperman, Studies and Texts in Jewish History and Culture VII, University Press of Maryland, 2000. ISBN 1-883053-36-6
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* [[Pagine Ebraiche]]
 
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