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|PostNazionalità = , medaglia d'argento al [[valor militare]]
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Tra l’ottobre del 1943 e il gennaio del 1944 coordina i piccoli gruppi di ribelli in Valsabbia e organizza alcune azioni nella zona. Nel febbraio 1944 viene catturato e giustiziato a Brescia.
Perlasca è bresciano ma la famiglia è originaria di Como.
 
[[File:Giacomo Perlasca.jpg|300px|thumb|Giacomo Perlasca ]]
 
==Biografia==
Giacomo Perlasca nasce a Brescia il 19 dicembre 1919 da Francesco e Gina Vimercati, originari di Como. Il padre, Francesco, (1868-1936) promuovendo opere benefiche, nel 1923 fonda un banco poi assorbito dall’Unione Bancaria Nazionale che nel 1932 è costretta al fallimento per le difficoltà frapposte dal regime fascista. Dopo aver studiato al collegio “Cesare Arici”, si iscrive alla facoltà di ingegneria al [[Politecnico di Milano]], ma nel 1941 parte volontario. Arruolato alle armi entra a far parte del corpo degli alpini come sottotenente del 4° Reggimento Artiglieria a Riva del Garda. L’8 settembre 1943 si trova a Roma, viene fatto prigioniero dai tedeschi ma riesce a fuggire in una parapiglia e daraggiunge avventurosamente, il 14 settembre, invidieBrescia.
Il 22 settembre decide di entrare nella Resistenza. Si rivolge ai padri della Pace che lo mettono in contatto con l’organizzazione clandestina nascente. Alla fine di ottobre inizia la sua attività partigiana <ref> {{Cita | Anni 2008 vol. 2| p. 296 }} {{Cita | AAVV Le vie della Libertà | p. 127 }} </ref> come comandante e coordinatore delle formazioni [[Fiamme Verdi]] in [[Valle Sabbia]] e Valtenesi, col nome di battaglia “Franco Zenith” e “Capitano Zenith”. Promuove la costituzione di nuove formazioni stabilendo un collegamento con la Svizzera per permettere ai prigionieri alleati di fuggire dall’Italia, inoltre dirige a Rocca d’Anfo colpi di mano su autocolonne ed attrezzature del nemico <ref> {{Cita | Malvezzi, Pirelli 2009| p. 246 }} </ref>.
Va alla ricerca di armi nelle cascine e nei boschi di quelle lanciate l’8 dicembre dagli Alleati e finite per errore in Val Degagna anziché in Val di Vesta. Ma con il suo vice comandante Bettinzoli cade ben presto nella rete della polizia <ref> {{Cita | AAVV Le vie della Libertà | p. 127 }} </ref>.
A causa di una delazione viene arrestato dai tedeschi il 18 gennaio 1944 a Brescia per opera di fascisti in via Moretto e quale organizzatore di bande armate ma anche per contatti col nemico viene processato il 14 febbraio 1944 dal Tribunale Militare tedesco di Brescia <ref> {{Cita | Anni 2008 vol. 2 | p. 296 }} </ref> viene condannato a morte assieme a Bettinzoli. Pur avendo sottoscritto la domanda di grazia e nonostante i tentativi compiuti soprattutto dalla madre per ottenere la commutazione della pena, il mattino del 24 febbraio 1944 alle otto viene portato in automobile, assieme a Bettinzoli, al maneggio della ex caserma del 77° Reggimento Fanteria, attuale caserma Randaccio, dove poco dopo vengono fucilati <ref> {{Cita | Anni 2008 vol. 1 | p. 51 }} {{Cita | Anni 1980 | p. 53 }} {{Cita | Anni 1985 | p. 25 }}</ref>.
 
 
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Studente in ingegneria al [[Politecnico di Milano]], arruolato alle armi nel 1941 entra a far parte del corpo degli alpini come sottotenente del 4° Reggimento Artiglieria. L’8 settembre 1943 fugge da Roma per evitare la cattura e la deportazione. Dopo l'[[Armistizio di Cassibile]] rientra a Brescia dedicandosi all’attività partigiana come comandante e coordinatore della formazione [[Fiamme Verdi]] in [[Valle Sabbia]] e Valtenesi. Gestisce il coordinamento dei gruppi di ribelli già esistente in valle, coordina attività di guerriglia e accompagna prigionieri alleati in Svizzera.
A causa di una delazione viene arrestato dai tedeschi il 18 gennaio 1944 in via Moretto a Brescia per opera di fascisti, nello stesso giorno dei partigiani [[Astolfo Lunardi]], [[Tita Secchi]], [[Mario Bettinzoli]] e [[Giuseppe Pelosi]], vice comandante della stessa formazione. Processati il 14 febbraio 1944 dal Tribunale Militare tedesco di Brescia quale organizzatore di bande armate e per contatti col nemico. Vengono fucilati il 24 febbraio 1944, presso la caserma del 30° Artiglieria di Brescia.
[[Teresio Olivelli]], su [[Il Ribelle (giornale)|Il Ribelle]], periodico delle [[Brigate Fiamme Verdi|Fiamme Verdi]], lo ricorda con queste parole: {{Citazione|Pensando a Te sentiamo che l'Italia rinasce... non nei reparti arruolati con la minaccia del piombo o con l'incentivo del denaro, ma sulle fosse insanguinate di quanti, come Te, hanno dato opera e vita per la Patria libera da stranieri e da tiranni, pura nella sua povertà, grande nello spirito dei suoi figli| Il Ribelle 1944}} <ref>{{cita|Brescia libera 1943-1945 (ristampa anastatica del 1974)| }}</ref> <ref>{{cita| ANPI 2010| }}</ref> <ref>{{cita| Satta 2014| }}</ref>
 
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* {{cita libro | autore= Roberto Cucchini | autore2 = Pier Luigi Fanetti | autore3 = Bruna Franceschini | autore4 = Matteo Guerini | autore5 = Maria Piras | altri = coordinatore Marino Ruzzenenti | curatore = Gruppo di ricerca della Commissione scuola
dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) | titolo= Le vie della Libertà. Un percorso della memoria (Brescia 1938-1945) | anno= 2005 | editore= Provincia di Brescia | città= Brescia | cid= AAVV Le vie della libertà }}
 
==Collegamenti esterni==
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