Vincenzo Gemito: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 58:
 
=== Gli ultimi anni e la morte ===
Gemito guarì dalle allucinazioni solo nel 1909 all'età di cinquantasette anni, quando - morte la madre e la moglie - emerse dal suo «crepuscolo tragico» (come lo definì Di Giacomo) per consegnare il ''Pescatorello'' a Margherita da Elena d'Orléans, duchessa d'Aosta,; chequest'ultima lo persuaderà a partecipare alla VIII Biennale di Venezia con diversi disegni sulla realtà vernacola napoletana, che lo resero poi universalmente celebre. Ritrasse principalmente figure femminili, quali ''zingare'' o generalmente popolane, in disegni che ormai non erano più semplici bozzetti preparatori, ma veri e propri punti d'arrivo: degne di menzione anche la fitta produzione autoritrattistica, dove Gemito ci appare con una barba fluente e l'aspetto da profeta michelangiolesco, e le diverse sculture eseguite in questo periodo. Di quest'ultime, si segnalano la ''Sorgente e Giovinezza di Nettuno'' (1910), ''Medusa'' (1911), e varie opere ascrivibili al quadriennio 1914-18 (''Inverno'', ''Tempo'', ''Vasaio'', ''Fanciulla greca'', ''Sibilla Cumana'', ''Sirena''), dove Gemito si presenta convertito al nuovo gusto [[simbolismo|simbolista]].<ref name=EB/>
 
Dal 1863 abitò in un appartato e silenzioso angolo di Napoli, al [[parco Grifeo]]. Furono questi anni assai intensi: scolpì la ''Madonnina del Grappa'', stese un disegno per una ''Fede'' da collocare nel monumento funebre di [[Pio X]] (scomparso nel 1914) e infine fu espositore, nel 1913 e nel 1915, alla XI Esposizione di belle arti di Monaco e all'Esposizione universale di San Francisco. Visitò assiduamente [[Roma]], dove numerose ''ciociare'' e ritrovò l'amico Mancini, dal quale si era separato trent'anni prima a causa di un aspro litigio; espose pure alcune opere a una mostra organizzata dalla rivista ''La Fiamma'' incentrata proprio sulla produzione plastica gemitiana. In questi anni fu spinto dal desiderio di ottenere un'abitazione e una fucina presso [[Castel Sant'Angelo]], la residenza capitolina dell'invidiato [[Benvenuto Cellini]]; sebbene si confrontò con diversi parlamentari del tempo (arrivando pure a chiudere un'udienza al Re), Gemito non ottenne mai il sospirato alloggio a causa di varie lungaggini burocratiche che dilazionarono la vicenda. Ormai rassegnato a non ottenere il castello, l'artista fece quindi ritorno a Napoli, per non fare più ritorno nell'Urbe.<ref name=EB/>
Riga 64:
Dopo un ultimo, inappagante, viaggio a [[Parigi]] (1924) Gemito vide le proprie energie creative lentamente esaurirsi: la sua fama, tuttavia, era ancora duratura a spegnersi, tanto che lo Stato Italiano (su volontà di [[Benito Mussolini]]) gli assegnò un premio di centomila lira, e mostre antologiche sulla sua produzione si tennero nella galleria di Lino Pesaro a [[Milano]] (1927) e nel [[Maschio Angioino]] di Napoli (1928). Vincenzo Gemito, infine, morì a Napoli il 1º marzo 1929. Il suo funerale ci viene narrato da [[Alberto Savinio]], che ne esaltò il versante ellenico:<ref>{{cita|Savinio|p. 91|AS}}.</ref>
{{citazione|Dal Parco Grifeo il corteo scese lentamente tra gli eucaliptus. Il mare brillava sotto il sole, i negozi avevano chiuse le porte e accesi i lumi. Arrivati davanti alla marina, i becchini d’un tratto sentirono la bara più leggera sulle spalle. Corse un po’ di scompiglio tra i personaggi ufficiali. Un signore in tuba levò la mano a indicare il golfo: scortato da due delfini, Gemito navigava verso i mari della Grecia}}
 
== Stile ==
[[File:Vincenzo Gemito Bildnis der Marchesa Giulia Albani 1920.jpg|thumb|left|''Ritratto della Marchesa Giulia Albani'' (1920)]]