Villa Franzan: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Paulatz bot (discussione | contributi)
m Bot: sistemo degli errori comuni...
m disambiguo "arco", Replaced: [Novecento] → [XX secolo|Novecento] (3)
Riga 1:
{{W|argomento=geografia|mese=luglio 2006|firma=[[Utente:DoppiaQ|DoppiaQ]] [[Discussioni utente:DoppiaQ|<small>dimmi</small>]] 22:40, 12 lug 2006 (CEST)}}
'''Villa Franzan''', situata nella contrada del [[Barcon]] nel territorio posto a nord-ovest del comune di [[Sarcedo]], è molto più di un complesso residenziale di [[villa]], testimonianza di quell’antica e ormai tramontata “civiltà della villa veneta” che ha lasciato anche a [[Sarcedo]] le sue evidenti tracce. La sua storia non può essere slegata da quella della località in cui fu edificata, tanto che, fin da subito, il nome con cui si indicavano i suoi edifici fu proprio “Il Barcon”; con questo nome la gente del posto chiama ancora oggi il maestoso complesso architettonico, che nel [[XX secolo|Novecento]] ebbe l’importante funzione di ospitare il [[Seminario]] di Padova, anche se esso si trova in uno stato di abbandono e rovina da ormai quattro decenni.
 
===La contrada del Barcon===
Riga 21:
Considerati i caratteri stilistici della [[villa]] e dell’oratorio, Renato Cevese conclude ipotizzando come autore, dell’una e dell’altro, l’architetto [[Antonio Pizzocaro]]. Di conseguenza, una costruzione dall’aspetto sobrio e severo, ma allo stesso tempo grandiosa e monumentale che si imponeva incontrastata, con i suoi annessi rustici e l’oratorio gentilizio, sulla campagna del [[Barcon]].
 
La [[villa]] fu anche decorata all’interno, pur non raggiungendo mai livelli artistici paragonabili a numerose altre ville venete: oltre alle travature dipinte, “che concorrono ad attribuire alla villa un aspetto di aulica magnificenza”, alcune stanze al piano nobile recano fregi affrescati sotto il soffitto, risalenti alla fine del [[Seicento]] o agli inizi del [[XVIII secolo|Settecento]].
 
===Il recinto del Barcon===
Riga 27:
Essa mostra che il progetto, in seguito realizzato, era quello di costruire un unico grande quadrilatero, cinto da muro, all’interno del quale si venivano a trovare la [[villa]] con le barchesse e la chiesetta, assieme all’altra unità residenziale della Palazzina, anch’essa all’epoca di proprietà dei [[Franzani]]; questo diverrà propriamente il recinto del [[Barcon]] di cui ancora oggi rimangono evidenti tracce. Soprattutto va notato che, al posto della tortuosa strada a levante, si doveva dar vita ad una diritta e lunga strada che chiudeva il recinto da quel lato. Di questa strada, che nel catasto austriaco ottocentesco verrà poi chiamata “di dietro al Barcon”, non rimangono oggi tracce, ma si possono ancora vedere alcuni residui della muraglia che la costeggiava.
 
Per quanto riguarda l’antica casa padronale denominata Palazzina posta a [[nord]] della villa e non molto lontano da essa, si nota che nel [[Seicento]] appare dotata di [[colombara]], [[barchesse]], [[orto]] e [[corte]], il tutto cinto da mura: questi caseggiati hanno subìto negli anni varie modifiche (le ultime si sono ultimate in questi mesi), ma si è conservato, ad esempio, il grande [[Arco (architettura)|arco]] a ponente che permette l’accesso alla proprietà dalla strada proveniente da [[Thiene]].
 
Per finire questo sguardo sul passato degli edifici e del territorio del [[Barcon]] ci viene in aiuto la mappa d’avviso napoleonica del comune di [[Sarcedo]], datata [[1809]].
Nella precisa e razionale visione dall’alto dei rilievi della mappa si può intuire chiaramente la mole della [[villa]] e la più esile linea rappresentante le barchesse, i porticati e i caseggiati rustici che in due ali chiudevano il cortile a nord e a est; è importante notare che non sono più presenti gli edifici a [[mezzogiorno]], smantellati nel corso del [[XVIII secolo|Settecento]], probabilmente in conseguenza di una minore attività produttiva del complesso. Si scorge, inoltre, la superficie quadrata della torre colombara che, da un lato, testimonia la sua esistenza ancora a questa data (e vi rimmarrà per gran parte dell[[’800]]) e, dall’altro, conferma la veridicità delle rappresentazioni seicentesche del complesso edilizio. Interessante è rilevare anche il grande rettangolo formato dai 57 campi “recinti di muro”, compreso tra le quattro strade che lo chiudono lungo i quattro punti cardinali, frutto della sistemazione della proprietà operata dopo il [[1675]].
 
Questa possessione, con poche altre aggiunte, è tutto ciò che rimane nel territorio di [[Sarcedo]] al ramo dei “[[Franzani]] del [[Barcon]]” agli inizi dell'[[XIX secolo|Ottocento]], del corpo dei quasi quattrocento campi posseduti da Domenico Franzani nel [[1665]]; di lì a qualche anno, nel [[1818]], l’ultimo erede, don Francesco Franzani, si renderà artefice della vendita del complesso di edifici del Barcon.
 
===La chiesetta di S. Antonio===
Sono complessivamente tre i luoghi di culto che furono in funzione nel complesso del [[Barcon]]. L’ultimo e il meno interessante dal punto di vista artistico fu edificato nella seconda metà del [[XX secolo|Novecento]] per ovviare alle esigenze della numerosa comunità del [[Seminario]] minore di [[Padova]]; tale cappella fu aggiunta all’estremità orientale dell’ala di edifici in linea con il palazzo.
 
Al [[piano nobile]] della [[villa]], invece, i [[Franzani]] costruirono nel [[Seicento]] la loro cappella privata, dedicata all’Immacolata, che rimase in funzione fino ai tempi del Seminario quando veniva utilizzata dai professori-sacerdoti.
Riga 56:
Questa la descrizione che dell’oratorio fece l’arciprete di [[Sarcedo]], don Francesco Zasa, in occasione della sua visita ufficiale al Barcon, il [[19 settembre]] [[1668]]: esso “consta di legiadrissima architettura; ornato di statue sopra al frontespiccio con un bellissimo altare et antepetto di pietre macchiate et impresse frà varijssimi intagli et quello che fa al caso meo con le fenestre et meze lune politissimamente vedriate con l’altare portatile sacro con tre nuove et belle tovaglie, croce, et candilieri d’ottone nuovi et Secreta. La Sacristia col suo banco con cinque paramenti con camise nuove; un calice non molto grande ma dorato et bello; un bel missale, et uno da morto con signali; et altre galaterie d’ornamenti si nella sacrestia come nella Chiesa. Li paramenti sono di seta et di cinque colori cioè bianco, rosso, verde, paonazzo et nero con le sue borse et veli compagni et corporali et purificatori et cordone bianco. V’è un zenochiatorio con la tabella per la preparazione alla messa onde ho scorto esser d’avvantaggio provisto per poter esser ammesso all’attitudine che vi sia celebrato; et ciò attesto con mio giuramento così essendo la verità”.
La chiesetta di S. Antonio fu beneficiata, negli anni, di ben due cappellanie; l’obbligo di celebrare messa fu sicuramente motivo di prestigio per questo oratorio così lontano dalla chiesa parrocchiale di [[Sarcedo]] e al quale si recavano, come si deduce da vari documenti, molte persone. Le due mansionerie crearono però anche problemi e preoccupazioni a chi, nella seconda metà del [[XVIII secolo|Settecento]] e agli inizi dell’[[XIX secolo|Ottocento]], si trovò obbligato, per motivi ereditari, a garantire lo svolgimento regolare delle messe in tempi in cui le somme di denaro predisposte all’epoca non erano più sufficienti.
 
La prima mansioneria fu istituita dal conte Domenico, nel suo [[testamento]] in data [[26 agosto]] [[1671]]: “Alla mia chiesa del Barcon [...] lascio che al reverendo Sacerdote che quella officierà ducati sessanta all’anno da esser quelli datti dall’infrascritto mio herede ogn’anno à sua ellettione o’in danari, o con l’assegno de livelli o campi della sudetta rendita et in caso li fosse assegnato campi, che li lavoradori sian obbligati farli tutte le aradure che li farà bisogno, dovendo il sacerdote celebrare la sudetta messa ogni giorno, concedendoli però un giorno di libero alla settimana, applicando il sacrificio di quella secondo la mia intentione, pregandolo ad assister al Terzetto et alla Dottrina”.
 
Il secondo obbligo di messa fu voluto dall’abate don Girolamo Franzani, nipote di Domenico, come da [[testamento]], e consisteva nella celebrazione di cinque messe alla settimana con l’aggiunta di altre due messe ''infra mensem''; questa cappellania iniziò ad essere officiata dall’anno [[1743]]. Don Girolamo designò erede universale dei suoi beni la [[Pia Opera di Carità]] di [[Vicenza]] la quale, infatti, si vedrà essere garante dei pagamenti stabiliti per le messe ancora alla metà dell’[[XIX secolo|Ottocento]].
Con queste due mansionerie, che prevedevano sostanzialmente la celebrazione di ben due messe quotidiane, l’oratorio di Sant’Antonio al [[Barcon]] divenne sicuramente un importante luogo di culto e di preghiera, posto praticamente a metà strada tra la parrocchiale di [[Sarcedo]] e quella di [[Thiene]].
 
===Le Dame Inglesi al Barcon===
Dopo che l’ultimo erede [[Franzani]] “del ramo del [[Barcon]]” vendette la proprietà nel [[1818]], si chiuse un’epoca per lo storico complesso architettonico: il Barcon subì nell’[[XIX secolo|Ottocento]] alterne vicende con continui passaggi di proprietà e smembramenti della stessa tra più soggetti, che lo porteranno gradualmente a una perdita di importanza e di valore, fino all’acquisto da parte delle [[Dame Inglesi]] di [[Vicenza]], nel [[1877]].
 
Questo Istituto attuò una notevole opera di restauro dell’intero complesso edilizio caduto nel frattempo in rovina, e ne avviò anche la [[ristrutturazione]] secondo le nuove funzioni che esso veniva ad assumere, cioè quello di sede di villeggiatura estiva di un collegio educativo.
Riga 138:
 
===Le trasformazioni del Barcon===
Fu in quegli anni, che vanno dal [[1907]] al [[1913]], che il complesso signorile di villa Franzan subì, dopo quelle ottocentesche, ulteriori e definitive modifiche e si trasformò nel [[Barcon]]: oggi, infatti, per “Barcon” si intende il complesso degli edifici, senza distinguere tra palazzo signorile con chiesetta seicenteschi e stabili costruiti nel [[XX secolo|Novecento]].
Per arrivare allo stato attuale del complesso, non solo furono abbattute tutte le adiacenze rustiche, ma anche la situazione interna del palazzo fu stravolta per soddisfare le esigenze dell’apparato amministrativo del Collegio, prima, e del [[Seminario]], poi. Il Cevese definisce “incresciosa” la suddivisione della sala mediana al [[piano nobile]], conseguente a tali lavori, in quanto essa portò ad un “penoso smembramento” del piano stesso; anche il fianco della [[villa]] che dà sulla strada fu modificato in seguito a tali lavori, ricavando una finestrella curvilinea inserita in una [[triade]] tra le due finestre maggiori, e aggiungendovi lo stemma del vescovo Pellizzo.
 
Riga 204:
 
D. BRUNELLO, Il Barcon e la villa Franzan di Sarcedo. Un complesso architettonico nel suo contesto territoriale (sec. XVI-XX), tesi di laurea, Università di Padova, a.a. 2000-2001
 
 
Fonti edite