Deformità: differenze tra le versioni

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Nell'età della [[Restaurazione]] il tema della deformità viene indagato sotto il triplice aspetto della [[teratologia]], della [[poetica]] del [[grottesco]] e dell'[[estetica]] del brutto <ref>Giancarlo Urbinati, Gianni Carchia, ''Deformità'' in ''Universo del corpo'', 1999</ref>.
Nel 1830 a Parigi si sviluppa una polemica tra [[Georges Cuvier]] ed [[Étienne Geoffroy Saint-Hilaire]] il quale aveva ipotizzato che qualsiasi deformità va esclusa dal campo dell'anormalità, del prodigio ma rientra nell'ambito della struttura unitaria della naturalità che segue una sua logica ispirata a un unico e solo principio per cui le deformità non sono altro una metamorfosi che si è arrestata nel suo sviluppo.
Nella natura vivente si persegue un'"unità di piano" dove le difformità dalla specie dimostrano la possibilità di assumere un'altra forma così che quella che in un caso sembra un'anomalia in realtà poi è regola in un'altro. La natura dimostra così la sua forza vitale vitale nelle trasformazioni e nelle metamorfosi. <ref>Gianni Carchia, ''Il deforme nella riflessione critica'' nel termine "Deformità" in ''Universo del Corpo'' - Treccani</ref>
 
Questa teoria viene tradotta sul piano estetico dove ora il deforme non coincide più con la bruttezza ma anzi l'artista, secondo Baudelaire e Hugo , è colui che sa cogliere nel deforme lo spirito creativo della natura che esce dal caos con nuove forme:
{{Quote|Sì, senza che ciò possa per nulla distruggere e sminuire l'idea di perfezione attribuita alle evoluzioni successive delle leggi naturali, sì, secondo la nostra ottica umana, all'inizio delle cose il brancolamento terribile del sogno è confuso; la creazione, prima di raggiungere il proprio equilibrio, ha oscillato dall'informe al difforme, è stata nuvola, è stata mostro e ancor oggi l'elefante, la giraffa, il canguro, il rinoceronte, l'ippopotamo, ci mostrano, fissa e viva, l'immagine di questi sogni che hanno attraversato l'immenso cervello sconosciuto. <ref>Victor Hugo, ''William Shakespeare'', prefazione (1864)</ref>}}