Velletri: differenze tra le versioni

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====Orografia====
Nel territorio veliterno le quote più elevate sono nella parte settentrionale e in quella orientale, nel sistema dei [[Colli Albani]]: si tratta, rispettivamente, del [[Monte Artemisio]] (939 {{m s.l.m.}}) e del [[Maschio dell'Ariano|Maschio di Lariano]] (891 {{m s.l.m.}}).
 
Il centro storico ha un'altitudine sostanzialmente uniforme: a parte i 380 {{m s.l.m.}} del colle dei Cappuccini, l'altitudine di piazza Giuseppe Garibaldi è 309 {{m s.l.m.}}, quella di piazza del Trivio 332 {{m s.l.m.}}, quella di porta Napoletana 329 {{m s.l.m.}}. La zona occidentale della città murata è un po' più alta: a San Lorenzo l'altitudine raggiunge i 372 {{m s.l.m.}}
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Si tratta in ogni modo di una tradizione molto recente risalente al XVII secolo. Del motto cittadino, infatti, Ascanio Landi non ne parla, mentre Bonaventura Theuli nel suo Teatro Historico afferma: “Donde habbia havuto principio scritto tanto honorevole, io non l'hò potuto trovare; si tiene però comunemente, c'habbia havuto origine dall'haver de Velletri una Femeglia havuto i suoi natali, la quale è stata seminario de' Pontefici, e d'Imperatori, come se dirà à suo luogo”. È solamente Alessandro Borgia a spiegarne l'origine, come riconoscimento da parte di Giustiniano e Narsete, citando però come unica fonte l'Opera imperfetta scritta da suo padre Clemente Erminio Borgia! La menzione del più antico stemma veliterno è riportata sempre dal Borgia che parla di un “antichissimo sigillo di metallo trovato frà alcune ruine di Velletri, e conservato già nel museo di Giovanni Paolo Ginnetti”, è questa la più antica rappresentazione iconografica che raffigurerà poi lo stemma comunale: un castello con tre torri, non ancora definito come rocca, circondato da alberi da frutto. Sul margine di questo stemma si legge: Signum Communis Veletri, Sit vobis papalis libertas imperialis, motto che verrà poi trasformato in Est mihi libertas papalis et imperialis che comparirà nelle rappresentazioni dello stemma veliterno a partire dal 1643.
 
Della scritta SPQ Veliternus ne parla per la prima volta Antonio Mancinelli nel suo commento ai Carmi di Orazio pubblicato a Venezia nel 1492, lamentandone la distruzione ad opera di un “livore ductus quidam ex Aquapendente oriundus”, familiare del cardinale Rotomagense, del quale Mancinelli dice di tacere il nome per non consegnarlo alla storia come era successo a Erostrato distruttore del tempio di Diana Efesina. Il personaggio in questione dovrebbe essere comunque identificabile con Giacomo di Aquasparta, uno dei commissari del cardinale d'Estouteville che nel 1479 stabilirono, con sentenza arbitrale, i confini tra il territorio di Velletri “quod fuit Faiole” e il castello di Nemi. Sembrerebbe comunque apparentemente inspiegabile una distruzione basata sull'invidia, da parte di un funzionario pubblico alle dirette dipendenze del cardinale, di un reperto archeologico così importante a meno che l'opera non fosse stata frutto di una volgare imitazione contemporanea. Iacobus de Acquasparta era un personaggio molto noto, forse residente nella stessa città di Velletri, già attivo nella regione almeno dal 1472, essendo stato collettore della vigesima dovuta dagli Ebrei, come testimoniato dalla descriptio da lui redatta dei fuochi ebraici della regione. C'è poi una coincidenza temporale quanto meno singolare del ritrovamento della lapide veliterna, avvenuta secondo Mancinelli nella già diruta chiesa di Santo Stefano, con quella su cui era incisa la scritta SPQ Lanivinus. Di quest'ultima Mancinelli era perfettamente a conoscenza poiché era stata riportata da Martino Filetico nel suo commento ad Orazio pubblicato solo pochi anni prima. Proprio questa testimonianza epigrafica servì a Mancinelli per rilevare l'errore tra le due città di Lavinio e Lanuvio vulgato nelle stampe precedenti al suo commento sulla Geographia di Strabone.
 
==Monumenti e luoghi d'interesse==
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{{Citazione|''Cent'anni pozza campà chi dice da 'i a magnà, nun pozza campà 'n ora chi dice che n'è ora''|[[Proverbio]] in dialetto velletrano, [http://www.webgif.com/bonfa/tuttovelletri/pagine/proverbi.asp]{{collegamento interrotto}}.}}
 
L'idioma ufficiale di Velletri è ovviamente la [[lingua italiana]], mentre il suo dialetto più diffuso è il veliterno detto anche [[velletrano]]. Importante pilastro del velletrano sono state la ''[[Poesie in dialetto velletrano]]'' di [[Giovanni Battista Iachini]] ([[1884]]), prima espressione letteraria del dialetto locale, seguiti da altre opere simili, fra le quali ricordiamo le ''Poesie e canti in dialetto velletrano'' del professor Antonio Venditti ([[1979]]) e ''Velletri mia'' di Lucia Mammucari (1988). Il "velletrano", vera e propria lingua con sue regole grammaticali ben precise, poco comprensibile a chi non lo parla abitualmente, ha molti vocaboli di origine spagnola, francese ed ovviamente latina. Tipica è la sostituzione dell'articolo il con ''"o". ''Il dizionario ''Il dialetto velletrano'' di Roberto Zaccagnini (1992) illustra la sua grammatica e vocabolario etimologico.
 
===Religione===
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Agli inizi del XIX secolo era attiva a Velletri la ''Banda Musicale del Garofano Rosso'', in seguito scioltasi.
 
Nel 1988 viene fondato il '''''Coro Ruggero Giovannelli''''' diretto dal M° Claudio Micheli. Da allora svolge attività di divulgazione del canto corale sul territorio. Si è esibito fino ad oggi in più di 300 concerti, di cui oltre cento nella Capitale, presso sedi prestigiose come l'Arena di Verona col M° Ennio Morricone, l'Altare della Patria in Roma, i Campi Flegrei di Napoli, il Palazzo dei Congressi di Parigi, etc. Il suo repertorio spazia dalla polifonia con l'Ensemble R. Giovannelli, al grande repertorio sinfonico-corale e all'opera. Nel 2012 è stato invitato dall'amministrazione comunale ad inaugurare la riapertura del Teatro Artemisio con i Carmina Burana di C. Orff.
 
Protagonista degli eventi cittadini è la ''Banda Comunale "Città di Velletri"'', sempre presente in occasione di pubbliche cerimonie.
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* Troncavia
* Ulica
* Vascucce
 
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Fin da tempo immemorabile si celebra la fiera in occasione della festa patronale di [[Papa Clemente I|san Clemente]], che nel [[XIX secolo]] durava dal 23 novembre al 2 dicembre; anticamente, si celebravano anche altre due fiere: una dal 15 al 23 agosto e una dal primo lunedì di maggio a dieci giorni a venire<ref name="autogenerato2" />.
 
Mentre in tempi antichi il giorno di mercato franco era il [[sabato]]<ref name="autogenerato2" />, il mercato settimanale si tiene di [[giovedì]] nel quartiere San Biagio. Il mercato dell'usato è invece situato, sempre di giovedì, nell'area adiacente al Parco Muratori.
 
L'11 maggio [[2003]] è stato inaugurato il nuovo ''Mercato Ortofrutticolo di Velletri'', dotato di 44 banchi su un'area di 1.800 m<sup>2</sup>. È costato 950.000 euro con i contributi della [[provincia di Roma]] e del Comune di Velletri<ref>{{cita web|url=http://www.cronachecittadine.it/ArchivioCC/298int/Pagina10.pdf|formato=pdf|editore=Cronache cittadine|titolo=Inaugurato a Velletri il nuovo mercato|data=11 maggio 2003|accesso=19 marzo 2011}}</ref>.