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Platone nel ''[[Cratilo (dialogo)|Cratilo]]'' , analizza la distinzione tra ciò che è "secondo natura" e ciò che è "contro natura", cioè "mostruoso". Si sofferma in particolare sul rapporto tra γένος (''ghenos'', la "generazione secondo natura") e τέρας (''teras'', "mostro"). <ref>Maria Luisa Gatti Perer, in ''Etimologia e filosofia: strategie comunicative del filosofo nel «Cratilo» di Platone'', Vita e Pensiero, 2006, p.121</ref>
È infatti nel momento della generazione che si appunta la visione negativa dei greci antichi che vedono nella nascita del deforme una punizione inflitta ai genitori che si sono macchiati di una colpa precedente, commettendo ὕβρις (''hýbris''), che si trasmette di generazione in generazione per aver oltrepassato per ambizione i limiti imposti dagli dei che intervengono, secondo il principio arcaico dello φθόνος τῶν θεῶν (''phthonos ton theòn''), l'"invidia degli dei", con la τίσις (''tisis'') divina, una "punizione" mirante a ristabilire l'equilibrio che l'uomo ha violato. <ref>Anna Jellamo, ''Il cammino di Dike: l'idea di giustizia da Omero a Eschilo'', Donzelli Editore, 2005, pp.XII e sgg.</ref>
[[File:Socrate silenico.jpg|150px|left|thumb|Busto di Socrate come Sileno risalente all'età di Traiano.]]
Perciò la società spartana militarista ed elitaria ritiene che coloro che sono, per volere degli dei, contro natura debbano, per legge, essere abbandonati. Non altrettanto avviene ad Atene dove la deforme testa di [[Pericle]] <ref>«Pericle, irreprensibile in tutte le altre parti nella forma del corpo, ma prominente e asimmetrico nella testa. Per questo quasi tutte le statue sono cinte da elmi, non volendo come sembra gli artisti schernirlo. E i poeti attici lo chiamavano "dalla testa a forma di scilla", dal momento che la cipolla si può chiamare anche scilla. Tra i comici Cratino nei Chironi dice: "La Discordia e il vecchio Crono unitisi tra loro generarono un grandissimo tiranno, che gli dei chiamano 'Cefaloghereta' ", e ancora nella Nemesi dice: "Vieni, Zeus, protettore dell'ospitalità dall'alta testa".» (Plut. ''Per.'', 3, 3-4)</ref>, non gli impedisce di governare. Così nel Teeteto Socrate testimonia che era uso abituale allevare un neonato deforme poiché nessuna legge lo impediva <ref>Plat. ''Theaet.'', 161a</ref>. L'aristocratico Platone invece ritiene ingiusto far continuare a vivere un neonato che la natura ha privato delle gioie della vita <ref>Platone, ''La Politica'', Leggi, 461</ref>. Giudizio condiviso da Aristotele che contesta la scelta di allevare bimbi deformi. <ref>Aristot., ''Pol.'' 7, 1335b, 19-21</ref>
 
Così nel Teeteto Socrate testimonia che era uso abituale allevare un neonato deforme poiché nessuna legge lo impediva <ref>Plat. ''Theaet.'', 161a</ref>. L'aristocratico Platone invece ritiene ingiusto far continuare a vivere un neonato che la natura ha privato delle gioie della vita <ref>Platone, ''La Politica'', Leggi, 461</ref>. Giudizio condiviso da Aristotele che contesta la scelta di allevare bimbi deformi. <ref>Aristot., ''Pol.'' 7, 1335b, 19-21</ref>
NasceUn cosìcaso il personaggioparticolare di Quasimododeformità dellnell'operaantica ''[[Notre-Damecultura degreca Parisè (romanzo)|Notre-Damela de Paris]]'' (1831), che in un corpo grottescamente deforme contiene un animo nobile e gentile. <ref>Qualcosa di simile è nell'anticatradizionale rappresentazione della figura di [[Socrate]] che fu descritto dai suoi contemporanei, [[Platone]], [[Senofonte]] e [[Aristofane]], come fisicamente "brutto" (in<ref> Platone, ''Simposio'' 215 B-C; Senofonte ''Simposio'', IV,197; Aristofane, ''Le nuvole''.)</ref> In particolare, nel ''Simposio'' Platone lo accosta alla figura dei "[[Sileno|Sileni]]" quegli esseri propri della cultura religiosa greca, a metà tra un dèmone e un animale, che formavano i cortei del dio dell'ebbrezza, [[Dioniso]]. Ma la "bruttezza" di Socrate cela, per mezzo di una maschera, qualcos'altro: {{quote|Alcibiade paragona Socrate a quei Sileni che nelle botteghe degli scultori servono da contenitori per le raffigurazioni degli dèi. Così, l'aspetto esteriore di Socrate, l'apparenza quasi mostruosa, brutta, buffonesca, imprudente, non è che una facciata, una maschera.|<ref>Pierre Hadot, ''Elogio di Socrate'', Genova, Il Melangolo, 1999, p.13}} </ref>}}
 
==Cultura romana==
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Il deforme immagine creatrice della realtà assume nella creazione artistica la figura del grottesco:
{{Quote|Il cristianesimo conduce la poesia alla verità. Al pari di esso, la musa moderna vedrà le cose da un punto di vista più elevato e più ampio. Sentirà che tutto nella creazione non è umanamente bello, che il brutto vi esiste accanto al bello, il deforme accanto al grazioso, il grottesco sul rovescio del sublime, il male con il bene, l'ombra con la luce. <ref>Victor Hugo, ''Cromwell'', prefazione (1827)</ref>}}
Nasce così il personaggio di Quasimodo dell'opera ''[[Notre-Dame de Paris (romanzo)|Notre-Dame de Paris]]'' (1831), che in un corpo grottescamente deforme contiene un animo nobile e gentile.
Nasce così il personaggio di Quasimodo dell'opera ''[[Notre-Dame de Paris (romanzo)|Notre-Dame de Paris]]'' (1831), che in un corpo grottescamente deforme contiene un animo nobile e gentile. <ref>Qualcosa di simile è nell'antica rappresentazione della figura di [[Socrate]] che fu descritto dai suoi contemporanei, [[Platone]], [[Senofonte]] e [[Aristofane]], come fisicamente "brutto" (in Platone, ''Simposio'' 215 B-C; Senofonte ''Simposio'', IV,197; Aristofane, ''Le nuvole''.) In particolare, nel ''Simposio'' Platone lo accosta alla figura dei "[[Sileno|Sileni]]" quegli esseri propri della cultura religiosa greca, a metà tra un dèmone e un animale, che formavano i cortei del dio dell'ebbrezza, [[Dioniso]]. Ma la "bruttezza" di Socrate cela, per mezzo di una maschera, qualcos'altro: {{quote|Alcibiade paragona Socrate a quei Sileni che nelle botteghe degli scultori servono da contenitori per le raffigurazioni degli dèi. Così, l'aspetto esteriore di Socrate, l'apparenza quasi mostruosa, brutta, buffonesca, imprudente, non è che una facciata, una maschera.|Pierre Hadot, ''Elogio di Socrate'', Genova, Il Melangolo, 1999, p.13}}</ref>
 
[[Johann Karl Friedrich Rosenkranz]] nella sua ''Estetica del brutto'', pubblicata nel 1853, pensa che nella deformità, come alterazione dell'armonia e della forma naturale, sia l'origine di ogni aspetto della bruttezza e ritiene eccessiva la valutazione della poetica romantica del deforme che va controllata e moderata. Il grande artista è proprio colui che di fronte al caos della deformità riesce a controllarlo e a far apparire l'armonia della forma.