Nuraghe San Pietro (Torpè): differenze tra le versioni
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. Dice l’Angius: “Nel territorio di Torpè si possono vedere cinque nuraghi, […], il secondo presso le rovine dell’antica cappella di S. Pietro, in distanza dal paese di un’ora.” <ref>Luciano Carta, a cura di, Vittorio Angius, Città e villaggi della Sardegna dell’Ottocento, vol 3°, Ilisso Edizioni, Nuoro, 2006 (riedizione dell’opera: G. Casalis, Dizionario geografico – storico – statistico - commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna vol.1 - 28, G. Maspero e G. Marzorati, Torino, 1832-56. Selezione dei lemmi relativi alla Sardegna), pag. 1707-1709</ref>. Ai primi anni del Novecento l'archeologo [[Antonio Taramelli]] dice del nuraghe: “Nuraghe Santu Perdu, nel piano, poco lungi dal Rio di Posada; si vede che è un nuraghe, ma è ridotto ad un cumulo di pietre.”<ref name="Taramelli, 1933">Antonio Taramelli, Carte Archeologiche della Sardegna, ediz. archeologica della carta d'Italia al 100.000, foglio 195, Orosei, IGM, Firenze, 1933, tav IV, NW, prov. di Nuoro, com. di Torpè</ref>. La situazione è rimasta pressoché identica fino al settembre 1973, quando, in seguito una serie di danneggiamenti causati da scavi clandestini, il monumento divenne oggetto di interesse di studio ed iniziarono gli scavi archeologici organizzati dalla Soprintendenza di Sassari e di Nuoro <ref>Fulvia Lo Schiavo, in Nuove testimonianze archeologiche della Sardegna Centro-Settentrionale, Ed. Dessì, Sassari, 1976, pag. 76-77</ref>.
Durante le prime
Nella quinta ed ultima campagna di scavi, affidata dalla Fadda all’archeologo Rubens D’Oriano e che si svolse tra il 1983 ed il 1984, i lavori hanno riguardato l’esplorazione stratigrafica della torre di Sud-Ovest<ref name="d'Oriano, 1984">Rubens d’Oriano, in Nuovo Bollettino Archeologico Sardo, Carlo Delfino Editore, Sassari, 1984, pag. 381</ref>. Lo scavo di questa torre ha riservato le maggiori sorprese, infatti ha permesso di stabilire che almeno quella parte del nuraghe è stata utilizzata per un periodo che supera di gran lunga il millennio: dalle fasi finali del bronzo antico (nel secondo millennio a.C.) fino all’età imperiale romana. Si presume che solo questa torre abbia avuto una vera funzione durante il periodo della dominazione romana dell’età imperiale infatti, secondo il parere della dottoressa Fadda, tra il I e il II secolo d. C. la torre fu utilizzata come granaio. Nello strato attribuibile a tale periodo storico, è stata infatti rinvenuta una notevole quantità di grano e di fave, accompagnate da frammenti dei contenitori di legno e sughero nei quali erano conservati, insieme ai resti di una cesta in giunco intrecciato. Il cereale ritrovato, pressoché carbonizzato, è stato sottoposto ad analisi paleobotaniche che sono state eseguite dal dottor Lorenzo Costantini del Ministero dei Beni Culturali, che hanno accertato che si trattava di tre diverse qualità di grano, delle quali una di origine orientale. Sempre secondo il parere dell’archeologa, con buone probabilità questo grano era stato coltivato nella fertile vallata alluvionale. La stratificazione dei ritrovamenti consente di supporre che il granaio suddetto sia stato poi sepolto dai crolli, infatti in uno strato superiore a questo sono state rinvenute delle antiche sepolture realizzate a seguito dei crolli. Ciò significa che il nuraghe San Pietro ha avuto nei secoli diverse destinazioni d’uso e funzioni, fino a diventare un luogo adibito alle sepolture<ref name="Fadda, Convegno 1984"/>.
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