Gaio Licinio Macro: differenze tra le versioni
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==Un esempio di orazione per la libertas del 73 a.C.: Sallustio, Historiae, 48, 1-19==
Uno dei discorsi delle ''[[Historiae (Sallustio)|Historiae]]'' di [[Sallustio]] elabora il concetto di ''libertas'' e quindi di democrazia, che come ricorda Pani:<ref>M. Pani, Libertas e il discorso delle genti: una lettura del discorso di Licino Macro nelle Historiae di Sallustio</ref> «a Roma non ha corrispettivo diretto, ma che può trovare ospitalità nei concetti di […] [[iura]] o [[res publica]]». L'orazione pronunciata dal [[tribunus plebis]] Macro nel 73 a.C. si inserisce in un momento in cui il ruolo della magistratura a lui attribuita era stata esautorata, con le riforme di [[Lucio Cornelio Silla|Silla]], con la sua dittatura, negli anni 81-79 a.C.
La Penna <ref>La Penna, Sallustio e la «rivoluzione romana»</ref> ha scritto che in questo discorso c'è «ciò che di meglio la “democrazia romana” ha affermato quanto a valori etici e politici».Nel discorso Macro, nella contio, si rivolge al popolo romano e parla di ''[[Diritto|ius]]'' e [[iura]]. Macro rinviando alla tradizione delle lotte patrizio-plebee, rammenta che i costumi degli antenati devono essere mantenuti, ovvero è necessario tutelare i diritti conquistati. Macro esprime il valore per un uomo di carattere di combattere per la libertà, anche a costo di soccombere, piuttosto che rinunciare alla lotta. Macro vuole recuperare il ruolo di garante del [[tribunus plebis]] per tutelare i diritti dei [[plebei]]. È necessario recuperare il ruolo di tutti i magistrati di tutela e garanzia. Non si può abbandonare la [[res publica]] nelle mani corruttrici di pochi senza reagire. Macro dichiara che ormai si è privati di «spogliati [sciogli i Quiriti] di tutto ciò che avete ereditato dagli antenati» <ref>C. Sallustio Crispo, Historiarum Fragmenta 48, in C. Sallustio Crispo, Opere (a cura di P. Frassinetti e L. Di Salvo):exuti omnibus, quae maiores reliquere</ref>.In una democrazia, invece, devono governare la maggioranza, che deve potere esprimere liberamente i propri suffragia. Bisogna contrastare coloro che assoggettano il potere e che vogliono sottrarre al popolo la:«la potestà tribunizia, arma forgiata dagli avi a difesa della libertà» <ref>Ivi:vis tribunicia, telum a maioribus libertati paratum</ref>.Viene menzionato Lucio Sicinio (probabilmente si riferisce al tribuno della plebe del 76 a.C. Gneo Sicinio, vittima di Curione), il primo che ardì di ricordare della potestà tribunizia, mentre i plebei si limitavano a borbottare. Ma questi fu rovesciato. Bisogna lottare non solo con le parole, secondo lo stesso oratore Macro, che basa la sua forza di attrazione proprio con la parola. La contio è il locus libertatis, in cui si partecipa al vero spazio della democrazia e della partecipazione politica comunitaria. Macro con una serie di domande retoriche costruisce un dialogo, che dimostra la necessità della lotta. È necessario iniziare ad agire e non solo parlare Non si possono dimenticare i propri diritti e doveri abbandonando la [[contio]]. I [[plebisciti]] non devono essere ratificati dalla classe patrizia; non c'è alcuna divinità che possa scegliere per i Quiriti, ciò che è convalidato dal silenzio. Per Macro non si deve rispondere al sopruso con la violenza, perché nella [[res publica]] non si deve creare attrito, il quale scompagina l'assetto societario. È necessario riconquistare gli [[iura]] e se i patrizi si ostineranno nei loro interessi, non è necessario prendere le armi e compiere una ennesima secessione. Si può invece non partecipare più alla vita militare («travagli e pericoli non tocchino chi non avrà parte dei frutti» <ref>Ivi:absit periculum et labos, quibus nulla pars fructus est</ref>.Le avversità e i rischi di combattere, quindi, non devono più essere un interesse dei plebei, che non hanno alcun diritto («soltanto di non mettere più oltre a repentaglio la vostra via» <ref>Ibidem:tantummodo ne amplius sanguinem vestrum praebeatis censebo</ref>.Macro inoltre rinvia al 73 a.C., in cui con la lex Terentia Cassia frummentaria si ripristinavano le frumentazioni. Con questa legge i patrizi non hanno fatto altro che cercare di trattare ciò di cui loro hanno bisogno. Con l'elargizione del frumento non si aiuta, dichiara Macro, nessuno neanche nelle cura familiari. Gaio Aurelio Cotta (console nel 75 a.C.) aveva fatto abolire il diritto di assumere altre cariche magistratuali e poi nel 73 a.C. i consoli Gaio Cassio Longino e Margo Terenzio Varrone Lucullo avevano proposto che ogni proposta legislativa doveva avere in prima istanza l'
==Una fine controversa==
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