Palazzo Altieri (Oriolo Romano): differenze tra le versioni

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Il palazzo Santa Croce (poi Altieri), fu edificato nel corso degli anni 1578-1585 per volontà di Giorgio III Santa Croce <ref> La famiglia Santa Croce era presente a Roma dal Mille, abitava nel rione Sant’Angelo dal XII sec. In origine erano mercanti ma riuscirono ad introdursi nell’ambiente curiale con quattro cardinali. Si estinsero nel 1867, le cui figlie andarono spose a nobili romani:Luisa al marchese Rangoni, Vincenza al conte Sforza Cesarini e Valeria al marchese Passari. </ref> quale fondatore, e di suo figlio Onorio III che ha nel tempo proseguito la realizzazione del palazzo la cui costruzione corrisponde ai diversi periodi di presenza delle tre famiglie storicamente proprietarie del palazzo: i Santa Croce dalla fondazione 1578 al 1604, gli Orsini dal 1604 al 1671, gli Altieri dal 1671 al 1971. Esso risulta, un tipico palazzo-villa <ref>Per la fase iniziale del progetto di pianificazione del borgo e del palazzo si ipotizza l’attribuzione a Ludovico Agostini, trattatista ed urbanista rinascimentale senza peraltro escludere anche la diretta partecipazione nell’ideazione di Guiorgio III Santa Croce, cultore delle teorie rinascimentali. Studi recenti storico-archivistici e documentari, hanno permesso di identificare nell’architetto Troiano Schiratti il progettista degli ampliamenti sui bastioni, della sistemazione della loggia sia in facciata che all’interno, della realizzazione delle mura di cinta del palazzo lungo la via Clodia, per il periodo che va dal 1583 fino ai rovesci di fortuna dei Santa Croce.</ref>, che sviluppa in senso manieristico lo schema cinquecentesco di edificio a corpo centrale con loggiato tra corpi laterizi elevati in forma di torre. Il loggiato centrale è a cinque arcate e poggia sul sottostante vano rettangolare di pietra dura basaltica. La tradizione attribuisce paternità del palazzo così come l’intero quadro urbanistico, a Jacopo Barozzi detto il Vignola, ma è un’attribuzione molto dubbia. Il palazzo raggiunse l’attuale configurazione nei secoli XVII-XVIII ad opera degli Altieri sotto la direzione di Carlo Fontana. Ai corpi esterni vennero aggiunte le due ali di direzione nord, così da creare un ampio cortile. Fu elevata in posizione asimmetrica la torretta con l’orologio, abbellito l’ingresso con il ponte in pietra basaltica e rifatta la bella fontana al centro della piazza antistante il palazzo. L’interno è articolato in ampi e ben distribuiti ambienti, decorati con stucchi, affreschi e pitture di buona fattura, alcune attribuite alla scuola di Taddeo Zuccari. L’arredo del palazzo è in gran parte disperso, ciò che attualmente resta è originale del 600.<ref> Le sale mantengono parte dell’arredo originario, che risale principalmente alla fase Altieri.Manufatti artistici prodotti da mobilieri romani del seicento e del tardo settecento, come le console Luigi VXI, dorate e laccate con ripiani in marmo fior di pesco, giallo di Siena, verde venato e poltrone a “cannetè” anche’esse laccate e dorate, risultano studiate in maniera unitaria con l’insieme decorativo delle singole sale e pienamente raccordate con esso in un’ eccezionale unità stilistica.</ref>
 
Il Museo è articolato al suo interno in 14 sale, disposte a destra e sinistra del Salone degli Avi, fulcro del palazzo, la Cappella S. Massimo opera degli Orsini, e la Galleria dei Papi. Il Salone d’ingresso, atrio, ha nella volta rappresentato Fetonte che guida i cavalli del Sole, a seguire il Salone degli Avi con i ritratti degli Altieri con i loro stemmi e blasoni ,la Sala di passaggio, la Sala di Giuseppe e delle Belle,dove rimangono nove degli undici ritratti delle sorelle Mancini dipinti da Jacob Ferdinad Voet, tra gli affreschi delle pareti c’è una preziosa immagine del palazzo prima degli interventi operati dagli Orsini e dagli Altieri. La Sala da pranzo, presenta dipinti tardo-settecenteschi che raffigurano i feudi circostanti , il palazzo e la via Altieri di Oriolo Romano.<ref> La sala da pranzo, risale alla fine del XVIII sec. È datata 1781 e firmata Giuseppe Barberi, che era l’architetto di fiducia degli Altieri, legato agli ambienti francesi giacobini. La decorazione di gusto neoclassico manifesta un’eccezionale unità stilistica nelle pareti e negli arredi ed è realizzata con la tecnica del maruflage tipico modo di decorare le pareti in ambiente nordico e francese fissando alla parete una tela preparata e dipingendo su questa la rappresentazione voluta. Nel soffitto riquadrature geometriche, motivi floreali, grottesche, piccole figure mitologiche e fantastiche.<ref> Le sale con gli affreschi del ciclo biblico, rappresentano il manifesto o programma di vita di Onofrio III Santa Croce e della sua famiglia. E’ manifesta chiaramente la volontà del committente di stabilire una relazione diretta tra le vite dei personaggi biblici e i ruoli “significativi” dei singoli famigliari a cui sono destinate le stanza. E’il giovane Giovanni Baglione pittore tardo-manierista romano ad eseguire gli affreschi sulla volta delle quattro sale. Si nota l’influenza degli artisti manieristi emiliani di palazzo Farnese a Caprarola: Bertoja, Raffaellino da Reggio, Giovanni Guerra. </ref>
 
A seguire vi è la Sala di Giovanni Baglione,<ref> Le sale con gli affreschi del ciclo biblico, rappresentano il manifesto o programma di vita di Onofrio III Santa Croce e della sua famiglia. E’ manifesta chiaramente la volontà del committente di stabilire una relazione diretta tra le vite dei personaggi biblici e i ruoli “significativi” dei singoli famigliari a cui sono destinate le stanza. E’il giovane Giovanni Baglione pittore tardo-manierista romano ad eseguire gli affreschi sulla volta delle quattro sale. Si nota l’influenza degli artisti manieristi emiliani di palazzo Farnese a Caprarola: Bertoja, Raffaellino da Reggio, Giovanni Guerra. </ref> la Sala del sogno di Giacobbe, la Sala di Giosuè, la Sala di David, la Sala di Eliseo, la Saletta delle Vedute o di Riposo, la Sala del Sacrifico di Elia, la Sala dell’Eterno, la Sala del Trono ed infine la Galleria dei Papi. Delle collezioni presenti nel Museo, la più originale e di notevole importanza storico-documentaria è la Galleria dei Papi, voluta da Clemente X, che comprende ritratti raffiguranti i papi che si sono succeduti nella storia della Chiesa. Ideatore della collezione fu il cardinale Paluzzo Paluzzi degli Albertoni Altieri, adottato come nipote dal papa Clemente X, che nella seconda metà del XVII commissionò ad alcuni artisti la realizzazione delle effigi papali, tratte da antiche fonti iconografiche e corredate da stemma araldico, cartiglio con le qualità del pontefice, eventi storici del suo pontificato, un motto in latino. La raccolta è particolarmente importante poiché è l’unica completa esistente di tutte le serie di ritratti papali, tra cui le più famose sono quelle del palazzo Colonna di Marino e della Basilica di Superga. Quando con l’incendio del 1823 della Basilica di San Paolo fuori le mura vennero distrutti i medaglioni con le effigi dei Papi, la loro copia fu tratta da quelli della galleria di Oriolo, che attualmente consta di 268 ritratti di sommi Pontefici, dal primo S. Pietro, a Giovanni Paolo II, mancano Benedetto XVI e l’attuale Papa Francesco. La lunga galleria si sviluppa per 70mq in una sequenza di nove sale, la maggior parte dei ritratti, esattamente 242, è stata eseguita prima della fine del seicento. L’uniformità stilistica e di composizione fa presumere come esecutori artisti della medesima scuola. Il ritratto di molti dei papi del cinquecento e del seicento è copiato da esemplari eseguiti da artisti famosi: Giulio II è copia da Raffaello, Palo III da Tiziano, Paolo V dal Caravaggio. La disposizione dei quadri è in ordine cronologico: San Pietro è posto sulla prima fila in alto a destra di chi entra dalla porta, mentre il più recente nella fila in basso a sinistra.
 
In una dimora signorile non poteva mancare il giardino per conferirle la connotazione completa di villa patrizia secondo i canoni stilistici del XVI secolo. Attualmente è di proprietà comunale. Giorgio III aveva già previsto il parco annesso al palazzo e i lavori per la sua sistemazione iniziano nel 1582 e proseguono a lungo. L’area del giardino originario è quella attuale, circa 8 ettari, disposti sul lato di ponente , e si accedeva dal palazzo tramite un ponticello, e fungeva da giardino di caccia. Ne risulta l’immagine di un parco naturale con ampie aree di campagna al suo interno, e anticipa curiosamente la tipologia del giardino ottocentesco inglese.